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Data: 27/08/2019 -

Carosso, il classe 2002 che ha stregato la Pro Vercelli: "Voglio vivere di calcio e essere un esempio"

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Difensore, classe 2002, nella prima giornata del girone A di Serie C ha fatto il suo esordio tra i professionisti con la Pro Vercelli. Un debutto vincente e di personalità. Si è raccontato ai nostri microfoni mostrando una personalità da veterano nonostante i soli 17 anni. La sua storia.
Difensore, classe 2002, nella prima giornata del girone A di Serie C ha fatto il suo esordio tra i professionisti con la Pro Vercelli. Un debutto vincente e di personalità. Si è raccontato ai nostri microfoni mostrando una personalità da veterano nonostante i soli 17 anni. La sua storia.

Il sogno che si realizza. Fin da bambino hai un pallone tra i piedi e sogni di segnare un gol in uno dei più importanti stadi d’Europa oppure di marcare uno degli attaccanti più forti del mondo, sogni ad occhi aperti e immagini che il garage di casa tua sia una porta e la macchina di tuo papà una barriera da superare calciando magistralmente una palla consumata dai troppi calci. La storia di Alessandro Carosso, difensore classe 2002 della Pro Vercelli, è simile a quella di molti ragazzi che come lui sognano di diventare calciatori professionisti. Lui ha realizzato il suo sogno domenica quando mister Gilardino lo ha schierato titolare nella prima giornata del girone A di Serie C contro la Pianese. Un esordio lungo 90’ dove Alessandro ha dimostrato che, nonostante i 17 anni, la maturità calcistica non gli manca e le sue parole ai microfoni di gianlucadimarzio.com ne sono la prova. Un piccolo grande uomo che parla del suo esordio con tranquillità:

La prima sensazione che ho provato, quando ho saputo che sarei partito titolare, è stata soddisfazione. Mi aspettavo di giocare dall’inizio perché durante la settimana mister Gilardino mi ha provato spesso con la linea titolare, anche se fino all’ultimo sono stato in ballottaggio con Grossi. Le emozioni sono state tante, ma ero tranquillo, felice e soddisfatto: poi è normale che ci fosse un po’ di tensione. La prima cosa che ho pensato? Questo è il primo passo per iniziare il mio cammino da calciatore”. "Il primo passo", non: “ce l’ho fatta”. E questo basterebbe per spiegare quanta a 17 anni impressioni la sua mentalità, ma dietro a quei tratti da “ragazzo che si deve fare” c’è un mondo: un mondo che al primo impatto sembrerebbe non appartenere ad un ragazzo di appena 17 anni.

La scelta del numero 31, per esempio, ne è la prova: “Dietro questa scelta c’è una storia particolare. Quando ho dovuto sceglierlo mi hanno comunicato che in Serie C i numeri vanno scelti in base ai componenti della rosa. Io avevo richiesto vari numeri tra cui il 24 di Moretti e il 25 di Glik, due miei idoli, ma erano occupati. Mi hanno proposto il 31 e dato che quel giorno era anche il 31 luglio ho trovato che fosse una bella coincidenza e che avrebbe potuto portarmi fortuna, ma pensandoci bene per me ha un altro significato, ancora più grande: 31 sono anche le vittime di Superga. È una coincidenza bella e che mi piace, lo indosso con orgoglio”. Una scelta casuale a cui ha dato un significato nobile e speciale derivante dalla sua fede granata, ma anche dalla incredibile sensibilità. Prova di un ragazzo che vuole crescere come giocatore, ma anche come uomo.

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Il sogno di diventare un calciatore, la scuola da ultimare e l’alternativa inaspettata alla vita da difensore: entrare nell’Arma dei Carabinieri

Fin da bambino ho coltivato l’ambizione di diventare calciatore. Sono solamente all’inizio della mia carriera e non ho ancora dimostrato nulla; pur cominciando a raccogliere i primi frutti del mio lavoro resto concentrato, mi godo il momento e penso al mio futuro che spero possa riservarmi tante soddisfazioni. Il mio primo ricordo con il pallone? È difficile dirlo, ma ricordo benissimo che nonostante i miei volessero farmi provare altri sport io ero concentrato solo sul calcio, non volevo fare altro. Non ho mai giocato tanto con un altro gioco se non con il mio pallone, infatti il garage di casa mia è pieno di palloni.

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Il mio obiettivo è vivere di calcio. Poi c’è la scuola che è importantissima: quest’anno devo fare il quarto anno e sto ancora cercando di capire come gestire l’impegno del calcio facendolo collimare con quello della scuola. Devo capire se resterò a Torino per continuare il quarto anno di Istituto Tecnico Commerciale, e poi viaggiare per venire al campo di allenamento, oppure trasferirmi qui a Vercelli. Devo trovare la soluzione migliore perché voglio far coincidere queste due cose. Continuare gli studi dopo il diploma? No, ma se non dovesse andare bene con il calcio mi piacerebbe entrare nell’Arma dei Carabinieri o della Polizia. Mi hanno sempre affascinato moltissimo e ammiro tanto il lavoro che fanno ogni giorno”. Parole che lasciano un po’ a bocca aperta e che impressionano, ma che premiano un ragazzo che non vuole essere uguale agli altri, vuole essere se stesso con pregi e difetti da migliorare e il sogno di diventare un calciatore da realizzare.

La fede granata, l’idolo Chiellini e la dedica social a Zlatan

Non ha la stazza del difensore classico, ma ha tanta cattiveria agonistica e voglia di non concedere mai nemmeno un centimetro agli avversari. È alto “solo” 181 cm ma non è un problema perché quando scende in campo giganteggia in difesa: stacca di testa come Cannavaro e marca gli attaccanti come Chiellini, ma niente paragoni perché “io non ho dimostrato nulla, mi ispiro solo ai più grandi e provo ad essere come loro. Chapeau. Tifa Toro, una passione tramandatagli dai nonni e dal papà, ma l’idolo è il capitano della Juventus: “È strano lo so, ma per me gli idoli vanno oltre la maglia e la fede calcistica. Mi rivedo molto in lui nel modo di giocare e difendere e poi fuori dal terreno di gioco è una grandissima persona, piena di valori. È giusto anche prenderlo anche come esempio umano. Avere un idolo come lui credo collimi perfettamente con quella che è la mia ambizione: diventare un giocatore importante sia in campo che fuori, un esempio per i più giovani. Poi mi ci rivedo anche in alcune caratteristiche tecniche: la cattiveria agonistica, la voglia di non mollare mai, lo stare sempre attaccato all’uomo, tutte doti fondamentali per un difensore”.

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Ma per un idolo di “campo” ce n’è uno anche carismatico a cui ha dedicato una parte del suo nome sui suoi social: “Zlatan Ibrahimovic è il mio secondo idolo. Riesce a fregarsene di tutto e andare avanti per la sua strada pensando solo a se stesso e lasciando parlare il campo. Ho dedicato il mio nome social a lui perché lo stimo davvero tanto e vorrei costruirmi una personalità forte come la sua”.

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I consigli di Gilardino e il primo passo verso la realizzazione di un sogno

Che tipo è ora è chiaro: uno che dà tutto se stesso, non molla e lotta sia in campo che fuori per trovare il suo posto, la sua dimensione. Alessandro ha solo 17 anni e avrebbe potuto sentirsi smarrito quando ha capito che avrebbe giocato da titolare contro la Pianese, ma la sua forte personalità gli ha permesso di sopperire alle (possibili) mancanze della sua giovane età. Lui ha sempre creduto in se stesso, ma per esordire serviva avere la fiducia anche del mister Alberto Gilardino, il secondo ad averci creduto tanto quanto lui in questa storia: “E’ un allenatore che parla poco, non si apre molto, almeno con i più giovani. Ma ha tanta autorità. Quando sono stato chiamato per andare in ritiro con la prima squadra è stato tutto un po’ inaspettato: me lo hanno comunicato proprio il giorno prima. Arrivato lì avevo qualche problemino fisico quindi, la prima metà della settimana, mi sono allenato a parte e lui veniva da me spesso per chiedermi come stessi, cosa avessi avuto… cercava di conoscermi. L’ho apprezzato molto. Poi non abbiamo mai avuto modo di parlare singolarmente prima di questa settimana quando veniva vicino a me dandomi dei consigli su movimenti o altro. Oltre a darmi tanta fiducia anche quello mi ha cominciato a far pensare che potesse essere un segnale che avrei giocato dal 1’”.

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Ora però è pronto a rimboccarsi le maniche per la Pro Vercelli anche se dipenderà tutto da lui e dalla sua abnegazione: “Puntiamo alla salvezza. Non so ancora cosa farò quest’anno se resterò in prima squadra o tornerò in Beretti, sicuramente l’obiettivo è mettere le basi per il mio futuro da calciatore e crescere sempre di più”. Ma siamo sicuri che non mollerà un centimetro, la personalità non gli manca e se la sua frase motivazionale preferita è “Non c’è sconfitta nel cuore di chi lotta” c’è da credere che la maglia numero 31 della Pro Vercelli sarà spesso presente in campo quest’anno aiutando Alessandro a realizzare quel sogno che coltiva fin da bambino e che contro la Pianese ha cominciato a realizzare.

 



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