L'esordio in serie A, un avvio di stagione da titolare insostituibile nella Fiorentina, 3 reti, l'esordio in Nazionale nel finale di Bosnia-Italia e il sogno di una maglia da titolare in Italia-Armenia. Tutto in meno di tre mesi.
Nell'uragano di emozioni che ha travolto Gaetano Castrovilli c'è un punto fermo: la sua Minervino, comune di 9mila abitanti abbarbicato su una collina nel cuore della Murgia, al centro della sua Puglia.
Di qui è partito il viaggio del centrocampista classe 1997, qui il papà falegname e la mamma, ausiliare in ospedale, faranno il tifo insieme al fratello Piero e a tutta la famiglia per il talento passato dal Bari (con lo zio Nimbo che per quella passione lo portava avanti e indietro tutti i giorni, 200 chilometri per allenarsi), maturato nella Cremonese e lanciato nel massimo campionato da Vincenzo Montella.
Basta chiedere di Gaetano e a tutti scappa un sorriso, tra orgoglio e ammirazione: al bar dove l'hanno visto crescere conservano gelosamente le sue foto, nell'oratorio attiguo alla Cattedrale ricordano questo ragazzo "di classe in campo e molto educato fuori", i concittadini più grandi ne ammirano "l'estrema umiltà", gli amici di infanzia ricordano il primo gol al Milan, squadra che Gaetano da piccolo seguiva con affetto.
Poi c'è zio Pino, restìo alle telecamere, che rivela di essersi "commosso al momento dell'esordio in Nazionale". Questa sera nella tranquilla Minervino ci sarà più silenzio del solito: saranno tutti davanti alla tv, sperando di vedere Gaetano cantare l'inno accanto ad altri 10 compagni di squadra o di assistere al suo ingresso in campo a gara in corso. Umile ma determinato, come la terra che gli ha dato le origini. E che tifa per il suo figlio più famoso.