Il neoeletto presidente della Lega Serie A, Lorenzo Casini è intervenuto ai microfoni di Gr Parlamento, nella trasmissione "La politica nel pallone". Tra i tanti temi affrontati, gli stadi di proprietà, la rivoluzione della Coppa Italia ma anche la questione VAR: "Sul Var c'è un equivoco di fondo: nell'opinione pubblica è intesa come moviola, ma non è questo. Ora siamo in una fase di sperimentazione e vanno discusse alcune migliorie. Io per esempio ritengo giusto valutare la possibilità di un challenge per ogni squadra, una proposta sul tavolo: in questo clima di sospetti dare la possibilità alle panchine di chiedere la revisione di una determinata azione non dovrebbe creare problemi".
Serie A, le parole di Casini sulla questione stadi di proprietà
Lorenzo Casini poi si sofferma anche sulla questione stadi di proprietà e le difficoltà che i club stanno riscontrando: "Gli stadi sono una priorità, insieme alle risorse e alla scuola. Per le infrastrutture il problema non sono le risorse ma i tempi. Bisogna assicurare un percorso certo ai club, è un tema nazionale: tutti devono impegnarsi per offrire un quadro chiaro dei problemi da risolvere e affrontarli per avere una tempistica affidabile. Non è un problema che si può risolvere nel breve periodo".
Sempre sul tema stadi il presidente della Lega Serie A continua: "Il tempo massimo è il 2032, sperando che l'Italia abbia l'assegnazione degli Europei. Ovviamente noi, come Serie A vorremmo fare prima. Il Cagliari ad esempio pensa di completare tutto entro il 2026. Per questo nel brevissimo periodo serve una cabina di regia nazionale, governativa, per affrontare i 10-12 dossier sul tavolo e andare verso tempi di realizzazione di 2-3 anni".
Casini infine fa chiarezza su un'eventuale riforma della Coppa Italia: "Non è una priorità cambiarlo in questo momento, anche se la Lega è sempre aperta a migliorare le cose. La Lega di B ci ha fatto alcune proposte, chiedendo per esempio far giocare ai club le partite in casa contro le squadre di A. Il modello FA Cup è più lontano per un fatto culturale, per una diversità di approccio al gioco e questo rende difficile importarlo".