Genuino e diretto, inconfondibile e unico. Carlo Mazzone ha scritto una pagina indelebile del calcio italiano che oggi piange la sua scomparsa a 86 anni. Un uomo che è riuscito a entrare nel cuore di tutti gli appassionati di questo sport non per i titoli vinti (il più importante è l'Intertoto con il Bologna nel 1998), bensì per il suo modo di essere.
Il suo accento romano l'ha accompagnato in lungo e in largo nella penisola e ha lasciato il segno ovunque. Da Ascoli, in cui ha iniziato la sua carriere da allenatore nel 1969 dopo il ritiro e ha conquistato tre promozioni, fino alla sua Roma, in cui lanciò in prima squadra un giovane Francesco Totti. "Ti sarò per sempre grato perché mi hai fatto crescere come calciatore e come uomo" scriveva il 10 giallorosso qualche tempo fa sui social.
Come un padre, proprio come il titolo del docufilm a lui dedicato nel 2022. Mazzone è stato allenatore e papà allo stesso tempo dei giocatori, poi diventati figli. Oltre Totti, due su tutti: Roberto Baggio e Pep Guardiola. "Un gigante di umanità, per lui avrei fatto l'impossibile - raccontava proprio stamattina Baggio sulle colonne di Sportweek - Lui più di tutti aveva capito che persona sono".
Per Guardiola, invece, Carletto è stato l'esempio da seguire nella sua carriera in panchina. E Mazzone ha seguito i suoi progressi come un padre orgoglioso del proprio figlio, esultando per la vittoria dell'ultima Champions League contro l'Inter.
Schietto, ironico, un uomo vero che ancora oggi detiene il record di panchine in Serie A con 797 partite, considerando anche i 5 spareggi disputati. Un vuoto che sarà impossibile da colmare, ma di Mazzone resteranno i suoi insegnamenti, dentro e fuori dal campo. Buon viaggio, Sor Carletto.