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Data: 12/10/2018 -

Caracciolo, primo gol a Salò: “Brescia e Baggio, che ricordi! Ma la mia vita ora è qui”

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Migra ma poi torna sempre a casa. Negli ultimi anni – dicono gli ornitologi – l’airone si è abituato a viaggiare meno. Caccia le prede vicino a casa. Magari intorno ai laghi, dove nidifica. Nelle “garzaie” fa nascere i suoi piccoli e continua a volare. Raccontano che non possa vivere più di dieci anni, ma forse non sono mai passati dal lago di Garda.

Domenica scorsa allo stadio di Salò ne è stato avvistato uno speciale. Ha 37 anni, in estate ha fatto una migrazione di 35 chilometri: dal Rigamonti al Turina, da Brescia alla provincia. Sulle rive del lago di Garda. Un airone a capo di un gruppo di leoni. Sembra una favola Disney ma non lo è. È la storia di Andrea Caracciolo e della Feralpisalò. Un punto nelle prime tre giornate, poi al minuto 54 di Feralpi-Teramo, l’Airone ha spiegato le ali: lancio di Ferretti, controllo di petto orientato e destro potente.

Primo volo in maglia verdeblù, prima gioia nel cielo della serie C, la numero 204 in carriera. Una liberazione e un nuovo inizio. “Sognavo una giornata del genere con vittoria e gol”. Teramo sconfitto 3-1 per la felicità del presidente Giuseppe Pasini, l’uomo che a luglio lo ha portato a Salò. “Ci siamo trovati in sintonia da subito. È bastato poco per trovare un accordo. Negli occhi del presidente ho visto la felicità di poter trattare con me. Ho capito subito di avere davanti una persona perbene e una società vogliosa di crescere”.

Pochi minuti per cancellare l’addio al Brescia e i brutti pensieri.Un incontro e una stretta di mano per allontanare i propositi d’addio. “A giugno avevo pensato di smettere. Era un’idea che prendevo seriamente in considerazione”.

"BRESCIA AMORE IMMENSO. PECCATO SIA FINITA COSI’"

Scorie di una delusione per una storia bruscamente interrotta dopo più di un decennio. “Ho vissuto momenti bellissimi, è stato un amore immenso. Sarò sempre tifoso del Brescia, anche se mi dispiace che sia finita così. È il passato: oggi devo pensare solo alla Feralpi”.

Inutile guardare indietro o pensare a cosa succedeva a Brescia mentre Caracciolo viveva la sua prima giornata di gloria al Turina. Al Rigamonti il suo successore Alfredo Donnarumma si portava via il pallone dopo una tripletta al Padova.

Nessuna gelosia. Se fosse stato allo stadio, anche l’Airone avrebbe esultato.





“MAZZONE, BAGGIO, GUARDIOLA, CORIONI: I MIEI RICORDI”

E forse gli sarebbero passati davanti i flashback di una vita: l’esordio a Bologna con Mazzone nel 2002 nel giorno dell’Epifania “con Pagliuca che fa un miracolo su un mio colpo di testa”; i primi due gol contro il Piacenza; la compagnia di Baggio “il carisma in persona” o quella di Guardiola “una persona eccezionale. Venne a trovarci un paio d’anni fa, è rimasto il ragazzo disponibile di un tempo”.

Ricordi indelebili, come quelli che lo legano all’indimenticato presidente Corioni ,“un uomo che mi ha venduto e ripreso più volte, ma che mi ha sempre voluto bene”. Uno con cui ha avuto anche momenti difficili nel 2010 “quando rifiutai il passaggio alla Dinamo Kiev. Non mi parlò per due mesi, poi facemmo pace”.

A Brescia qualcuno non gli ha perdonato l’onta del fallimento, “ma il presidente Corioni non fece niente per arricchirsi. Purtroppo se aveva 10, spendeva 15 per il Brescia. La sua colpa fu un eccesso di amore”.

Le bandiere non tramontano mai e i numeri sono lì a ricordarlo: 179 reti con la stessa maglia, 132 in serie B, l’unico ad averne segnati così tanti in quel campionato con la stessa divisa. Memorie di un passato che non sarà mai una terra straniera.


“ALLA FERALPI SONO STATO ACCOLTO COME UN RE”

Ma oggi Andrea Caracciolo non è un monumento. Il suo obiettivo è continuare a volare. Con altri colori, verso vecchi palcoscenici. “Voglio fare bene con questo gruppo. Mi hanno accolto come un re, sta a me ripagare quest’affetto. Sto benissimo con questo gruppo. All’inizio qualcuno aveva un po’ di soggezione. Ora hanno capito che sono un ‘pirla’ come loro”.

Ride Andrea. Felice per essere di nuovo al centro di un progetto. Contento di inseguire ancora un pallone e dare ancora sostanza ai sogni di quand’era bambino. “Quando giocavo nell’Alcione, a 14 anni, ambivo ad arrivare in Serie C. Non avrei mai pensato di fare la carriera che ho fatto, né di segnare tutti quei gol”.






L’AIRONE: STORIA DI UN SOPRANNOME

Era davvero impensabile, anche perché all’epoca Caracciolo giocava lontano dalla porta: difensore centrale nelle giovanili del Milan “la squadra del mio cuore”, poi trequartista all’Alcione. E infine la svolta. Vent’anni fa nel San Colombano, piccolo club dilettantistico dell’hinterland milanese. “L’allenatore – Paolo Sollier – mi guardò e disse che con quelle gambe da fenicottero dovevo per forza fare il centravanti. I miei compagni iniziarono a chiamarmi ‘Kenneth Anderson’. Lì cambiò la mia storia”. Merito di un allenatore abituato a pensare più degli altri nel mondo del calcio. Un filosofo prestato al pallone che ebbe una folgorazione.

Lo definì fenicottero, anticipando per certi versi il soprannome che avrebbe sempre accompagnato la vita sportiva di Caracciolo. E che curiosamente non nacque a Brescia “Il primo a chiamarmi ‘airone’ fu un giornalista umbro dopo un mio gol in Perugia-Torino. Piacque molto in spogliatoio e tutti iniziarono a chiamarmi così”.

Sono passati quasi 16 anni da quella partita e l’Airone vola ancora. Come tutti i suoi simili, ha fatto viaggi e poi è tornato indietro.


“LA MIA NUOVA VITA IN C"

Ha vissuto stagioni altalenanti a Palermo, Genova, Perugia e Novara, ma alla fine ha sempre ritrovato gol e felicità a Brescia. Lì oggi ha la sua famiglia. La moglie Gloriana e due gemelli di sette anni: Riccardo “che gioca a calcio, ma si annoia a guardare le partite” e Beatrice “che ama ballare”. Giocare a Salò gli permette di godersi la loro crescita. E di partecipare a quella di una società “che dieci anni fa non esisteva e oggi ha una grande organizzazione”. Ha cambiato categoria e palcoscenico, ma non il desiderio di volare. “Mi sono ritrovato in uno stadio piccolino. All’inizio mi ha fatto un po’ effetto, ma ci ho già fatto l’abitudine. In serie C le squadre pressano di più rispetto alle categorie superiori. I difensori che incontro vogliono fare bella figura contro di me. Nessuno mi regala niente e so benissimo che per essere un valore aggiunto, devo essere concentrato al massimo. Il rischio di fare brutte figure è sempre dietro l’angolo”.

Ma dietro a quell’angolo, c’è anche la voglia di tornare in serie B. Per aggiornare il libro dei record e lanciare un altro assalto al cielo. Solo Schwoch e Cacia hanno segnato più di lui in quella categoria. Il primo 135, il secondo 134. Oggi l’Airone è fermo a 132. “Ci penso a quel record, certo che ci penso…”. Il suo sorriso è un grido di battaglia. Un gruppo di leoni lo circonda e lo supporta. Magari a giugno sarà davvero una favola. E Disney non c’entrerà niente.





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