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Cannavaro: “Allenare in Italia? Mi farò trovare pronto”

"La situazione in Cina sta tornando alla normalità. Quando siamo rientrati abbiamo fatto 14 giorni di quarantena, mi hanno fatto il tampone e me l'hanno rifatto di nuovo dopo le due settimane. Ogni giorno dovevo comunicare la mia temperatura alla polizia, non potevo uscire di casa. Stiravo, lavavo, mi cucinavo da solo. Poi sono uscito dalla quarantena, mi hanno mandato un certificato, e abbiamo ripreso gli allenamenti".

Storia di un ritorno alla normalità raccontata da Fabio Cannavaro. Allenatore del Guangzhou Evergrande, l'ex difensore è stato ospite di #CasaSkySport e in una lunga intervista ha ripercorso tutta la sua carriera. Dall'azzurro di Napoli a quello Mondiale, passando per Parma, Inter, Juventus, Real Madrid; tra allenatori che gli hanno segnato la carriera e momenti indimenticabili.  

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Il campionato in Cina 

Doveva partire a marzo ma è slittato. La cosa positiva è che non è stato interrotto. Si parlava di fine maggio ma in realtà stanno aspettando. Il virus è sotto controllo ma il problema qui sono i casi 'di ritorno'. Per questo il governo cinese ha chiuso le entrate agli stranieri e possono arrivare solo i cinesi che vanno a fare una quarantena in un albergo che gli indicano le autorità. Vogliono essere cauti. 


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La raccolta fondi 'Je sto vicino a te'.

E' nata da un'idea di Ciro Ferrara. Il nome è ispirato ad una celebra canzone di Pino Daniele. Abbiamo chiesto a tutti i campani di mettere a disposizione una maglia particolare, con una storia dietro – la più ambita è quella di Maradona – per raccogliere fondi per acquistare beni di prima necessità che saranno dati alle famiglie di Napoli che ne hanno bisogno. 

Chi ha avuto la maggiore influenza nella sua carriera

Ho avuto tanti allenatori importanti e parlo di loro perché secondo me hanno marcato di più la mia carriera. Ottavio Bianchi mi ha fatto esordire in A ma con Lippi ho condiviso momenti importanti. Mi ha dato continuità e forza. Dopo la seconda giornata mi fece giocare titolare e feci 26 partite consecutive. Poi l'ho ritrovato al Mondiale e tutti sappiamo com'è finita. Con lui ho un rapporto speciale, è quello che ha segnato di più la mia carriera. Poi c'è anche Capello che mi ha portato alla Juve e con cui ho vinto 3 campionati. 

La sua caratteristica principale

Io conoscevo i miei limiti e quella è stata la mia fortuna. Sapevo quale era il mio ruolo e lo interpretavo nel migliore dei modi. L'anticipo era una delle mie caratteristiche, ero molto attento e concentrato. Anche il tempo dell'elevazione. Rispetto agli altri non ero alto 1.90 m ma arrivavo dove altri non pensavano potessi arrivare. 


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Il Mondiale e il rapporto con Lippi

Lippi dal primo giorno fu molto chiaro con tutti. La cosa bella è che cercava di rendere tutti partecipi. Ma era difficile cercare di esprimere il proprio giudizio; ti faceva fare la domanda e ti dava la risposta. Il suo merito è stato quello di costruire una squadra composta da uomini con un unico pensiero e obiettivo: vincere quel Mondiale. Il primo giorno ci disse: il mio sogno è arrivare in finale, giocarla col Brasile e vincerla. Dimostrò il suo valore, fece delle scelte azzeccate, portò Totti che aveva avuto un problema al ginocchio. Portò giocatori che non erano famosissimi e non giocavano nei top club italiani. Ognuno di noi diede il massimo, eravamo forti. Quando sento qualcuno che dice che abbiamo vinto per la storia di Calciopoli mi girano… Abbiamo sofferto, abbiamo vinto, non abbiamo fatto il catenaccio, finivamo le partite con 4 attaccanti. Si vide una squadra veramente tosta. E il dialogo era quotidiano. 

Per un napoletano è difficile giocare a Napoli?

La pressione su un giovane napoletano è altissima. Anche mio fratello ebbe qualche problema e poi reagì alla grande. E' un peso importante, rappresenti l'unica squadra della città. La maggior parte di noi che sono arrivati in prima squadra sono anche tifosi, quindi la responsabilità è tripla. Io ricordo che quando entravo in campo sentivo sensazioni molto forti. E per un napoletano giocare al San Paolo non è facile. 

Un consiglio a De Ligt 

Gli va tutto storto in questo periodo. Io ho trascorso un periodo simile quando arrivai a Madrid, in un calcio totalmente diverso dal nostro, in una squadra che lavorava più a livello individuale che collettivo. I primi mesi furono difficili. Penso che a lui sia successa la stessa cosa. Si è trovato catapultato in una realtà e in un calcio totalmente diverso. Per me comunque resta un giocatore molto forte. 

Futuro in Italia

Quale squadra italiana mi piacerebbe allenare in futuro? Mi avevano già fatto questa domanda e avevo detto Napoli per una questione di cuore e perché un allenatore deve sempre cercare di puntare al massimo e in questi anni il Napoli è una delle migliori squadre del campionato. Io mi dovrò far trovare pronto e per questo sto facendo esperienza all'estero, perché il giorno che rientrerò in Italia ci si aspetteà tanto da un ex giocatore come me. 

Sono un allenatore che ha un sistema di gioco preferito ma non sono legato a quello perché in una stagione può succedere di tutto. L'anno scorso si infortunò un terzino e non avevo un sostituto naturale e iniziai a giocare con la difesa a 3. A fine stagione vincemmo il campionato. 

Parma 

Sono arrivato molto giovane in una squadra che già vinceva. Nevio Scala mi ha sempre colpito per i valori umani, più che un allenatore era un genitore per tutti. Una persona speciale e che ha reso grande il Parma con giocatori incredibili. Buffon? Ho avuto la fortuna di vederlo agli inizi. Gigi in quegli anni lì era imbarazzante perché aveva quel pizzico di pazzia in più che lo rendeva incredibile. Negli anni è diventato più tecnico, più di posizione. Quello era un Parma che aveva giocatori straordinari, era una famiglia. 

Inter

La storia dell'infortunio? La gente stupida pensava che lo facevo volontariamente, che mi avesse chiamato Moggi. Chi mi conosce sa cosa ho passato per un anno e mezzo. Avevo una frattura da stress nella tibia e il mio errore fu di non fermarmi. Ho giocato un anno e mezzo così, ho sofferto tantissimo. E quello che mi dispiace è che la gente poteva pensare che ero io che non volevo giocare e che me ne volevo andare. Io stavo bene all'Inter. Mi ricordo quando Oriali mi disse: Lo so che stiamo facendo un errore ma la società ti ha venduto. Andai alla Juventus nello scambio con Carini. Fu un'esperienza che è stato un peccato per come è andata a finire. Ho trovato persone eccezionali. Le storie che sono venute fuori dopo sono tutte cazz**e. Era normale l'amarezza dei tifosi dell'Inter ma avevo avuto un infortunio serio e il mio sbaglio fu non fermarmi.