“Quando inizi a fare l'allenatore devi essere ambizioso, alzarti la mattina con un sogno: allenare ad alti livelli”. E l'ambizione di Francesco Calzona, oggi, è quella di vedersi affidata una panchina, dopo anni di soddisfazioni come vice di Maurizio Sarri. Perché chi l'ha detto che non si possano avere dei sogni anche a 51 anni?
Dai dilettanti alla Champions League: ben 12 anni di professionismo alle spalle dell'attuale allenatore della Juventus per arrivare nel grande calcio. Ora la voglia di guidare una squadra da primo allenatore, ma l'etichetta di 'vice di Sarri' non pesa affatto: “È chiaro che ora si parli così, mi lusinga perché il nostro è stato un percorso importante che ci ha portati ad altissimi livelli. Quest'etichetta non mi disturba, ma ora sono pronto ad affrontare una nuova avventura da primo allenatore. È arrivato il momento di prendere una squadra”, ha confidato Calzona ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com.
“Spesso ci sono delle remore ad affidare le squadre agli allenatori in seconda, ma è una cosa che mi fa arrabbiare. Ho fatto tutte le categorie e di certo non ero un vice che si limitava a portare le casacche. Tutti gli allenatori all'inizio non hanno esperienza di gestione, chi come me ha fatto il secondo a livelli importanti ne ha ancora di più, come se avesse fatto l'università. E credo sia un valore aggiunto”.
E uno sponsor importante per tutti i 'secondi' d'Italia, in questo momento, è Luca Gotti: è stato il vice di Sarri (al Chelsea) dopo Calzona, ora si ritrova quasi per caso a guidare l'Udinese e ha raccolto 4 punti in 2 partite dopo l'esonero di Tudor. “Sta dimostrando che è bravo e che ci può stare su quella panchina: mi fa piacere. Ma non capisco perché voglia tornare a fare il secondo, non conoscendone i motivi però non giudico”.
Qualche contatto c'è stato, ora Calzona attende la chiamata giusta: “L'importante è avere la possibilità di lavorare con una società seria, non mi faccio problemi di categoria. Ci sono stati dei contatti all'estero, in Serie A francese. La firma sembrava imminente, poi la squadra ha fatto una serie di risultati positivi e la proprietà ha cambiato idea. Ma il fatto di essere stato considerato all'estero mi lusinga. In Italia c'è stato qualche contatto in Serie B, poi non si sono concretizzati”. Nel segno del... Sarrismo: “Assolutamente sì, credo fortemente in quel tipo di calcio. Mi piace fare un gioco propositivo, la direzione sarebbe quella lì. La caratteristica principale sarebbe quella di stare nella metà campo avversaria, anche se non è facile. Bisogna organizzare la difesa in modo che resti alta e mentalizzare gli attaccanti, convincendoli che è un vantaggio iniziare a difendere già dal reparto offensivo. Modulo? Mi piace il centrocampo a 3, ma chiaramente bisogna vedere la rosa cosa ti offre. Se erediti una squadra costruita per giocare a 3 dietro, non puoi ignorare quest'aspetto. Poi quel che conta è l'atteggiamento, sono legato a quello”.
Sarri, soprattutto a Napoli, riuscì a eseguire alla perfezione il gioco descritto da Calzona. Anche, ovviamente, con l'aiuto del suo vice. “Ma non è vero che è un gioco che si può fare solo con grande qualità – prosegue – La cosa fondamentale è la disponibilità dei calciatori, bisogna fargli capire che è un vantaggio per tutti. Difendere indietro comporta un dispendio di energia doppio, se riesci a inculcare questa mentalità anche una squadra di basso livello può fare questo gioco. I calciatori del Napoli dimostrarono grande disponibilità sin da subito, a partire da Higuain che, non a caso, in quella stagione con noi ha fatto il record di gol del calcio italiano. Ma anche Insigne, Hamsik, Mertens e altri capirono che questo tipo di calcio avrebbe portato grandi vantaggi anche a loro. Siamo riusciti a convincerli e i risultati si sono visti”.
Il triennio azzurro è stato ricco di soddisfazioni sotto il piano del gioco, è mancata la ciliegina che sarebbe stata rappresentata dallo scudetto. Ma Calzona è rimasto molto legato alla città, tanto da tornarci ogni qualvolta gli è possibile. Restano i bei ricordi e la soddisfazione di veder migliorati tanti calciatori: “Jorginho non verticalizzava mai, oggi è tra i migliori nel suo ruolo dopo un lavoro certosino lungo tre anni. Anche Koulibaly aveva limiti tattici e nell'uno contro uno, è migliorato tantissimo e ora è un difensore di livello mondiale. Lo stesso Ghoulam migliorò tanto sotto la nostra gestione, così come tanti altri calciatori. Se un giocatore raggiunge un determinato livello, può mantenerlo tranquillamente. Oggi il problema del Napoli non sono Koulibaly o Ghoulam, credo sia un momento generale che Ancelotti saprà superare perché è un grande allenatore. A parte Milik, penso che il rendimento sia calato un po' in tutta la squadra, quindi credo sia un problema d'insieme”.
Tra i segreti di quel Napoli c'era il gruppo: “Sì, facevamo sempre delle cene. Magari queste erano a base di carne e buon vino, però ricordo che i ragazzi musulmani come Koulibaly e Ghoulam si limitavano a mangiare patate arrosto e coca cola per rispettare la loro religione. Questa cosa mi faceva ridere e li prendevamo in giro, perché le cene erano di qualità e allora gli dicevamo “Non sapete cosa vi state perdendo!”. Ho continuato a sentire quasi tutti, anche chi non gioca più nel Napoli. Chiaramente la lontananza ti fa limitare a una telefonata ogni tanto e quasi mai parliamo di calcio perché non sarebbe giusto”.
Anche perché ora il momento non è dei migliori nel Napoli, tra risultati che non arrivano e le polemiche post-Salisburgo. “Difficile dare giudizi dall'esterno, non conosco le dinamiche. Di sicuro credo sia ingiusto ed eccessivo prendersela con uno o due calciatori, che magari si sono esposti in quanto capitani o leader del gruppo. Penso che la decisione sia stata presa da parte di tutta la squadra, poi ci sono stati dei rappresentanti che l'hanno comunicata. Si è parlato tanto di Allan e Insigne, sono legatissimo a loro perché sono ragazzi bravi e puliti, e non mi sembra giusto scaricare le colpe su di loro”.
Tre anni di Napoli tra ricordi, legami e soddisfazioni. Francesco Calzona si è laureato a pieni voti all'università d'allenatore, ora attende la grande occasione per coronare il suo sogno e applicare in campo le sue idee di calcio. E magari, perché no, puntare a scalare il calcio italiano ed europeo proprio come il suo 'maestro' Maurizio Sarri.