Barça, Boateng come Ibra e Sanchez: storie di Made in Italy blaugrana
Maledizioni Champions, finali di carriera, una sola love story: Barcellona e Serie A, Boateng riapre una frontiera difficile
Blaugrana d’Italia. Con l’acquisto di Boateng, il Barcellona torna a fare shopping in Serie A dopo quasi otto anni. Un rapporto commerciale a tratti intrigante, quello tra i catalani e il nostro campionato, ma che storicamente non ha fatto fare il salto di qualità al Més que un club. Chi c’è stato prima del ghanese? Negli ultimi vent’anni, quasi una squadra intera. Zambrotta, Coco, Thuram, Maxwell; Davids, Mendieta, Albertini; Sanchez, Kluivert, Ibrahimovic. Manca solo il portiere, per un 4-3-3 intrigante (Coco centrale ce lo concedete?) e un po’ dannato. Andiamo a scoprire perché.
The last one: Alexis Sanchez
Boateng sarà il primo a ripercorrere questa rotta dopo El Niño Maravilla. Fresco di una magica stagione all’Udinese, in coppia con Di Natale, l’attaccante oggi allo United sbarcò al Camp Nou per 26 milioni nell’estate del 2011. L’esperienza di Sanchez in blaugrana non si può certo dire negativa: 47 gol in 141 presenze, tre stagioni impreziosite dalla conquista di sei trofei. Ma non da quello più ambito: quella Champions League alzata dal Barça l’anno prima del suo arrivo e di nuovo quello dopo la sua partenza. Coincidenze, forse. Anche se il cileno non è l’unico a condividere questa singolare statistica.
Ibra, Thuram, Zambrotta: maledizione Champions
Tutta la carriera di Zlatan è stata irritata da questo leitmotiv. Ma anche per i due Campioni del Mondo, che alla Juve in Italia hanno vinto tutto, il tetto d’Europa è un traguardo mancato. E durante la loro esperienza al Barça, come per Sanchez, ha preso quasi le dimensioni di una beffa.
Lilian e Gianluca sono arrivati al Barça a braccetto (per 19 milioni complessivi): il 21 luglio 2006, un doloroso addio ai bianconeri travolti da Calciopoli e la notte di Berlino ancora freschissima nella memoria. In blaugrana vivranno due stagioni amare: solo una Supercoppa di Spagna in bacheca e cinque stop tra semifinale e finale nelle varie competizioni. 58 presenze per Thuram, 85 e 3 reti per Zambrotta: nel 2008, per il francese è tempo di ritiro mentre l’Azzurro volerà al Milan. E il Barcellona, come nel 2005/2006, tornerà ad essere Campione d’Europa.
Puntuale, nel 2009 dall’Inter arriva Ibra, all’interno del maxi scambio che porta Eto’o (più 46 milioni) in nerazzurro. “Ehi Zlatan! Tu vai al Barça per vincere la Champions vero”“, lo pungeva all’epoca Moratti. Lo svedese ammette: “Sì, forse un po’ anche per quello”. “Ma sai, saremo noi a portarcela a casa, non dimenticarlo”. Profezia avverata, con Ibrahimovic che nel frattempo finirà ai ferri corti con Guardiola: dopo un anno e 22 gol in 46 partite, lascia la Spagna per il Milan. Avrà ragione Pep. La Champions 2010/2011 sarà il più grande sberleffo a Ibra.
Maxwell, vincitore silenzioso
Sotto l’ingombrante ombra dello svedese, quell’estate volava dall’Inter al Barça anche il terzino brasiliano. Grande amico di Zlatan, che ritroverà anche al Psg. Ma nel 2010 Maxwell rimane in blaugrana. Non giocherà la finale di Wembley contro il Manchester United, ma quella Champions la vincerà anche lui. E tabù sfatato sull’asse Italia-Barcellona.
Gli altri: Davids, Mendieta, Kluivert
Viaggiando più indietro nel tempo, il Barça non è più lo squadrone candidato ogni anno a vincere tutto. E il flusso dall’Italia porta soprattutto vecchie glorie a fine carriera. Demetrio Albertini chiude la sua sul prato del Camp Nou nel 2005, da Campione di Spagna dopo appena sei mesi (e altrettante presenze) in blaugrana. Il gennaio precedente, senza poi sollevare alcun trofeo, era stata la volta del 31enne Edgar Davids, arrivato in prestito oneroso dalla Juve.
La stessa formula che aveva portato al Barcellona Gaizka Mendieta (2002/2003) e Francesco Coco (2001/2002). Il centrocampista arrivava dalla Lazio, per dimenticare la spiacevole etichetta di ‘bidone da 90 miliardi’ (ci riuscirà solo parzialmente: 4 gol in 33 presenze e poi via al Middlesbrough). Il difensore, all’epoca nel giro della Nazionale, fu prelevato invece dal Milan: 22 partite che non convinceranno i blaugrana a esercitare il diritto di riscatto a fine stagione.
Calciomercato stories più o meno amare, fin qui. Non come quella di Patrick Kluivert, unico vero colpaccio italiano della storia recente del Barcellona. Era l’estate del 1998, il papà di Justin tra i più discussi del Milan di Capello che aveva chiuso decimo l’ultimo campionato. I blaugrana però credono in lui e con 30 miliardi fanno felici anche i rossoneri: Kluivert diventerà un simbolo del Barça, 109 reti in 228 partite fino al 2004. E una Liga conquistata l’anno del suo arrivo.
L’olandese e Maxwell sono gli inattesi profili che potrebbero far sorridere Boateng. Ma quanti happy ending mancati, nel 4-3-3 made in Italy del Barça.