Bounou, il Marocco sulle spalle: dal siparietto con Haaland all’amore per l’Argentina, chi è
Tutto su Yassine Bounou, il portiere del Marocco che sogna la finale del Mondiale
In uno 0-0 in cui poche le stelle sono riuscite a brillare, il protagonista più grande si chiama Yassine Bounou. Bono, per tutti, come si legge sulla maglia. Era stato il portiere del Marocco a regalare i quarti alla sua nazionale con una prestazione monumentale ai calci di rigore. Oggi ha blindato la porta anche contro il Portogallo, trascinando la sua squadra in una semifinale storica. Ma non chiamatela sorpresa.
Chi è Yassine Bounou, il portiere protagonista del Marocco
No, nessuna sorpresa per chi Bounou l’ha seguito negli ultimi anni. Classe ’91, esperienza da vendere e un trofeo Zamora per il miglior portiere della Liga 21/22 in bacheca. Se il Marocco è diventata la quarta nazionale africana a raggiungere i quarti di finale di un Mondiale (dopo Camerun, Senegal e Ghana) e la prima a qualificarsi a una semifinale, è merito di Bono. Che di notti da sogno ne ha vissute diverse, e molto spesso protagonista. Anche a scapito di squadre italiane. Ne sa qualcosa l’Inter, che è stata fermata dai suoi guantoni nella finale di Europa League vinta dal Siviglia nell’agosto del 2020. Il miglior portiere dell’edizione? Yassine Bounou.
Rigore parato a Raul Jimenez ai quarti di finale, rigore parato contro il Manchester United in semifinale. Il miracolo non è riuscito in finale, con l’Inter passata in vantaggio proprio dal dischetto, ma non è bastato per strappare il trofeo dalle mani del portiere marocchino, che dagli 11 metri è un vero specialista.
Sguardo fisso sul battitore, movimenti sulla linea di porta. Poi un sorriso, grande, sincero. Così ha ipnotizzato i calciatori spagnoli. Ce l’ha fatta con Sarabia, che ha preso il palo ma di cui aveva intuito l’angolo; poi con Carlos Soler e Busquets, entrambi neutralizzati quasi con facilità.
I rigori parati in carriera sono 13. “Quattordici”, direbbe forse lui, contando quello parato (ma poi ripetuto) a Erling Haaland in Champions League. Ottavi di finale, Borussia Dortmund-Siviglia: Bono intuisce il tiro e devia sul palo, poi si rialza ed esulta rabbioso in faccia al fuoriclasse norvegese. Scelta sbagliata: i piedi del portiere si erano mossi oltre la linea, rigore da ripetere. Risultato? Gol di Haaland e esultanza in faccia restituita. Lezione imparata, chiedere alla nazionale di Luis Enrique.
Ortega, il River e quel legame con l’Argentina
Marocchino atipico, Yassine. Nato in Canada, tanto per cominciare, a cui forse oggi ai Mondiali, conclusi a 0 punti per Davies e compagni, avrebbe fatto comodo. Il trasferimento in Marocco arriva presto, quando i genitori decidono di fare ritorno nel Paese natale. A sorprendere, però, è soprattutto il grande legame che il portiere ha con l’Argentina. Il motivo? El Mono Burgos, lo storico assistente del Cholo Simeone all’Atletico Madrid.
Sì, perché nel grande calcio ci arriva grazie ai Colchoneros, che lo portano nella squadra B dal Wydad Casablanca, dove è cresciuto calcisticamente. Ci arriva a 19 anni, “Bono”: lo chiamano così per un malinteso nato dalla pronuncia del suo cognome. Da quel momento lì, diventa il suo soprannome ovunque, anche sulla maglia del suo Marocco. Il primo scoglio all’Atleti è la lingua, ed è proprio Burgos ad aiutarlo a migliorare.
Yassine sviluppa così un perfetto accento argentino e si appassiona alla cultura del paese del Mono, venendo perfino scambiato per madrelingua. Da qui nascerà l’amore per il River Plate e per Ariel Ortega, giocatore simbolo dei Millonarios e al quale ha dedicato il nome del suo cane, Ariel. Negli scorsi giorni, proprio El Burrito gli ha regalato una maglia autografata del River, e non si può dire che non gli abbia portato fortuna. Chissà se quella maglia arriverà a indossarla, un giorno. Per ora, l’Argentina può solo sperare di sfidarla con il suo Marocco. Secondo il tabellone, l’incontro può avvenire solo in finale, in mezzo c’è un’altra partita. Ma sognare non costa nulla. E con un portiere così…
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