In Turchia, rispetto all’Italia, c’è un’ora in più. E quando lo sentiamo è sera: “Scusami, parlo piano, ho la piccola che dorme”. Conversazione subito familiare, educata, senza filtri. Fabio Borini risponde da Istanbul, dove adesso vive e segna. Il vice capocannoniere in carica, l’attaccante europeo più prolifico: davanti a lui c’è solo un certo Enner Valencia, che al Mondiale con l’Ecuador ha fatto parlare tantissimo di sé.
19 gol nel Karagümrük di Pirlo (27, invece,Valencia) e la consapevolezza a 32 anni di essere diverso. “Sai”, racconta in esclusiva a Gianlucadimarzio.com, “quando sei più esperto non corri meno, ma meglio. E c’è tanto lavoro dietro grazie anche al mio allenatore”.
Emerge subito, il nome di Pirlo. Anche perché la sua squadra è ottava in campionato, ma con il terzo migliore attacco: il suo compagno di reparto è un altro italiano d’adozione, l’ex Juve Diagne (qui la nostra intervista esclusiva), a quota 18 reti, appena una in meno di Re Fabio. “Mi è subito stata data fiducia, sia da Andrea che da tutto il suo staff. E un attaccante cerca sempre dal suo allenatore quello stimolo a fare meglio. Mi sono immediatamente sentito a mio agio perché mi ha reso un attaccante meno, come dico io, difensivista: devo ancora rientrare, certo, ma in maniera diversa. Non mi è sempre stato concesso in passato”.
Borini, la Turchia e... l'Italia-mania
La Turchia ha una passione per l’Italia e il nostro gioco. Tra allenatori (Montella e, recentemente, Farioli) e giocatori (Okaka e Bertolacci per citarne due), il made in Italy va sempre più di moda da quelle parti. Basti vedere l’entusiasmo per Zaniolo, l’ultimo arrivato. “Nicolò si sta ambientando, non è facile farlo a metà campionato. In generale, qui stravedono per noi, forse perché ancora innamorati del nostro periodo d’oro, quello anni ‘90-2000. Ammirano la nostra attenzione per la tattica, la nostra continuità sul lavoro: è un aspetto che seguono con grande interesse”.
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E chissà il 10 giugno come la vivranno a Istanbul, quando si giocherà la finale di Champions. “Tiferanno di sicuro l’italiana” dice Borini. “C’è già tantissima attesa: si stanno preparando fuori dallo stadio, che poi è quello dove giochiamo anche noi in campionato, con le prime fanbase, i primi manifesti… Per un giocatore, fare una partita qui è stimolante: il campo è un po’ duro, ma bello. E per i tifosi ci sarà una grande atmosfera: ottantamila posti a disposizione, gli spalti magari non vicinissimi al campo ma sarà il contesto a essere decisivo. Permettimi solo un consiglio a chi verrà qui: prendetevi tempo, le distanze da percorrere sono sempre molto lunghe. E il traffico non si batte”.
Parla ai tifosi, Fabio Borini. Ma poi pensa anche al suo passato, a tinte rossonere. “Eh sì, il Milan questo stadio lo conosce bene, purtroppo. Con grande onestà devo dire che non mi aspettavo né lo scudetto l’anno scorso, né la semifinale di Champions quest’anno”. E lo dice uno che per un po' mesi (dalla fine del 2019 a gennaio 2020) è stato guidato da Pioli. “Hanno fatto un salto in avanti quasi improvviso: di solito i passaggi sono più graduali”.
Ma come si spiega, pensando soprattutto alle cinque semifinaliste europee? “Penso che un piccolo merito vada assegnato anche ai tanti italiani all’estero. Il nostro campionato sembra sempre un piccolo passo indietro rispetto agli altri, ma iniziamo a essere tanti in giro per l’Europa e questo è uno stimolo: porta a investire di più, a far crescere di più i nostri giocatori. Vedere tutte queste italiane così avanti nelle varie competizioni non deve essere un traguardo, ma un punto di partenza. Una volta era la normalità”.
Borini e il segreto della Premier League
Di casa in Premier League, un campionato che Borini conosce benissimo avendo vestito le maglie di Chelsea, Swansea, Sunderland e Liverpool, chapeau. Anzi, congratulations. “Il loro segreto? Sicuramente la più equa ripartizione dei diritti tv, e vi assicuro che contribuisce molto. Gli incassi sono divisi e sono alti, e se si aggiungono gli investimenti dei presidenti, allora anche una squadra meno blasonata può essere competitiva. E poi ci sono sempre gli impianti pieni: ogni domenica si possono vedere solo tre partite in tv. Le altre, non le vedi a casa ma solo dal vivo. È una svolta, proprio com’era in Italia da noi anni fa. Poi, le società hanno lavorato molto nel tessuto delle città: hanno aiutato le persone più in difficoltà con tante iniziative. Andare allo stadio è un premio, un piacere. E per chi gioca, uno stimolo ad alzare sempre l’asticella”.
Anche in Turchia la passione del calcio è calda, caldissima. E il campionato sta crescendo sempre di più. “Mi aspettavo un livello più basso”, ammette Borini, sempre con quella sua onestà che lo contraddistingue. “Ma non scarso, sia chiaro. Solo più basso. C’è altissima intensità fisica, magari sacrificando un pò la tecnica, ma questo rende le partite sempre aperte: non è mai facile vincere. Ogni anno ci sono almeno cinque squadre che lottano per vincere: Galatasaray, Fenerbahce, Besiktas, Trabzonspor, Basaksehir e, da quando è arrivato Montella, pure l’Adana. C’è da lottare per ogni partita, ve lo assicuro…”.
È forse per questo che ha scelto di non tornare in Italia a gennaio? Le offerte non mancavano, in particolare l’Hellas Verona, e non mancano adesso (tra cui il Besiktas) ma il club chiedeva almeno un milione, tanto per un giocatore con il contratto in scadenza a giugno. “Non era il momento giusto, diciamo così. Ma non escludo nulla per la prossima estate, quindi anche un mio ritorno in Italia. Qualche richiesta è già arrivata, di sicuro non voglio commettere l’errore di aspettare troppo a fine contratto come l’ultima volta, quando sono rimasto fermo fino a dicembre, prima di venire qui. Non mi precludo niente”.
Neanche, forse, la Nazionale. “Non posso negare che con tutti questi gol, 21 in stagione, un pensiero io l’abbia fatto. Avevo ricevuto una pre convocazione a inizio stagione, tra settembre e ottobre, ma poi non si concretizzò. A marzo ci ho sperato, viste anche le difficoltà azzurre nel mio reparto ma amen, c’è sempre tempo per il futuro”. Perché solo continuando a segnare così, quella chiamata di Mancini può davvero arrivare.
La promessa...
E con il turco, come la mettiamo? “Ho fatto un patto con me stesso: dovessi restare qui, mi metterò a studiare questa lingua con più impegno. Conosco poche parole, e nonostante io parli anche inglese e spagnolo, con il turco bisogna ripartire da zero, è molto difficile”. E a proposito di ripartenza, un pensiero non può che andare anche al terribile terremoto che ha colpito la Turchia qualche mese fa. “Noi l’abbiamo vissuto da lontano, ma confesso che qualche volta ho sognato la mia casa tremare. La mia testa è tornata subito al 2012, al terremoto di Crevalcore, dove vivono i miei genitori. Hanno dormito in macchina per una settimana, mentre io giocavo nel Parma a quei tempi. Sia come club, sia a livello personale, abbiamo subito mandato qualche aiuto. E devo dire che ancora adesso in alcuni supermercati si vedono le corsie bloccate da parte di varie organizzazioni umanitarie, per spedire i pacchi con beni di necessità”. La voce diventa ancora più bassa, sfiorando quasi il silenzio. E non solo perché la piccola Stelly dorme beata. “Una cosa è sicura: nella prossima scelta professionale, la mia famiglia avrà il primo posto per la mia decisione”. Firmato Fabio Borini, l’attaccante giramondo che cerca casa, gol e serenità.