Tra Cariati e Reggio Emilia ci sono quasi 950 kilometri. Quando è andato via di casa, Domenico Berardi non pensava di poter rimanere così a lungo in un posto così lontano, così diverso dalla sua Calabria; non immaginava che quello sarebbe stato il viaggio della sua vita, il momento di non ritorno.
"Mimmo" era, com'è adesso, un ragazzo schivo, umile, silenzioso. Non pensava che qualità del genere potessero portarlo in Serie A. E invece sono state proprio quelle che l'hanno fatto diventare una bandiera, forse una delle ultime del nostro calcio. 100 gol in Serie A, una cifra da campione, e tutti con gli stessi colori, il neroverde del Sassuolo.
Gli esordi
La storia di come il Sassuolo scoprì Berardi è ormai arcinota: una partita a calcetto con gli amici del fratello, un osservatore a bordocampo, la proposta di aggregarsi agli Allievi. Una casualità, un colpo di fortuna, secondo la "vulgata". Eppure Domenico aveva già suscitato l'interesse della Juventus, ai tempi, e aveva partecipato a un provino con la Spal. In fondo la fortuna non sempre è cieca, come dice il proverbio, spesso bacia il talento, lo riconosce.
Domenico comincia a essere aggregato in prima squadra, dopo le prime eccellenti prove con la Primavera, da Fulvio Pea, allenatore del Sassuolo in Serie B. Ma l'allenatore della svolta sarà Eusebio Di Francesco: un mentore, un secondo padre, severo ma pieno di affetto. Berardi è il figlio prediletto della città, la gemma nata a primavera che si vuole proteggere da tutto e da tutti. Dagli interessamenti altrui, anzitutto, e anche dalle critiche, che arrivano puntuali dopo qualche "colpo di testa": Mimmo è introverso, ma quando "perde la brocca" non ce n'è per nessuno.
Il treno Juventus
Già nel 2013 la Juve lo acquista, lasciandolo in comproprietà al Sassuolo. Nelle estati successive non mancheranno occasioni per accasarsi a Torino. Ma sono anni in cui la Juve domina in Italia e si affaccia dopo anni nell'Europa che conta: Mimmo ha paura di perdere il posto da titolare che si è guadagnato a Sassuolo. In fondo, a lui interessa giocare, divertirsi, tutto il resto è scenografia, passa in secondo piano. Viene etichettato come poco ambizioso, codardo, gli dicono che "un treno del genere non passa due volte"; ma a Sassuolo lo sanno, com'è fatto Mimmo, e lo coccolano, dal patron Squinzi in giù. Berardi lì è a casa sua, sa di essere amato: il Sassuolo è un porto sicuro, l'isola felice.
Leader
Berardi segna a ripetizione, da esterno di destra nel 4-3-3 di "DiFra". C'è anche la famosa quadrupletta al Milan, che porta in dote l'esonero di Massimiliano Allegri. Sono proprio i rossoneri la vittima preferita di Berardi, ma anche all'Inter l'attaccante calabrese ha segnato reti importanti, spesso decisive. Negli anni Berardi è diventato trascinatore, leader, ha messo la testa a posto: ora è lui a placare i compagni quando esagerano nelle proteste, o quando sbottano con un avversario. É diventato uomo, ha dovuto farlo: da Sassuolo se ne sono andati quasi tutti, lui è rimasto. Il patron Squinzi non c'è più, se n'é andata anche la signora Adriana, sua moglie; anche mister Di Francesco ha imboccato un'altra strada. Il "signor no" è sempre rimasto lì, senza muoversi di un millimetro, orgoglio della sua gente.
Mai nessuno come lui
Ieri è arrivato il premio più bello, il riconoscimento numerico della grandezza del calciatore Berardi. Mimmo ha tagliato il traguardo dei 100 gol in Serie A, terzo giocatore più giovane della storia a riuscirci dopo Edinson Cavani e Gigi Riva, altra bandiera come lui. Non solo: Berardi è il primo a raggiungere questa quota senza aver mai giocato, né ovviamente segnato, per Inter, Milan o Juventus. Domenico è rimasto fermo, inscalfibile, come il Catone di Lucano e Dante, saldamente radicato ai suoi principi e al suo amore per la maglia. Il vento della fama, l'apologia del successo, non hanno demolito le sue convinzioni: 100 gol sono una bella ricompensa, ma l'affetto immortale di una piazza vale molto di più.
Leggi anche - Berardi: "Contentissimo del traguardo, ora punto al 101"