Vincenzo Sarno, da piccolo, voleva fare il benzinaio. “Lo dicevo sempre a mio papà. Vedevo questa persona che in pochissimo tempo finiva il suo lavoro e riceveva un sacco di soldi, mi ero messo in testa che quello sarebbe dovuto diventare il mio futuro”. Il piacere, invece, era rotondo e da calciare, occupava il resto delle sue giornate. “Se nasci a Napoli - Secondigliano - e sei un ragazzino, il calcio ti piace anche se non vuoi”. E come idolo hai “Maradona, certo!”. Vincenz-ino però era fortissimo e seguitissimo. “Ogni volta che giocavo, in qualunque campetto di campagna fossi, c’era un pubblico spettacolare”. Nel 1999, a 10 anni, lo prende il Torino per 120 milioni di lire: un trasferimento record che fece più rumore che storia, tra titoloni di giornali, interviste e servizi televisivi. “Ero soltanto un bambino che voleva divertirsi. Chiedevo solo quello. E ti dico, mi hanno fatto fare di tutto tranne divertire”. Del passato non vuole parlare, Vincenzo, anzi: “Mi dà fastidio, si è detto troppo”. E dell’esperienza al Torino ricorda soprattutto le lacrime. “Inizialmente mi dissero ‘facciamo trasferire anche i tuoi genitori, gli garantiamo un lavoro’ poi però le cose andarono diversamente. E mi appoggiarono a un’altra famiglia. Tutte brave persone, ovviamente, ma io volevo casa mia. Piangevo quasi tutte le sere”. Dieci anni dopo, il presente si chiama Padova: l’emozione di una (quasi) prima volta. “Verissimo! Sembrava che non fossi mai uscito di casa prima del trasferimento di gennaio; staccarmi da Foggia, dove ho vissuto per 4 anni, è stata dura. All’inizio ho fatto fatica, per mille motivi”. Sincero, Vincenzo, si racconta in esclusiva. “Fortunatamente, anche grazie al mio carattere, ai compagni, al fatto che vivo in pieno centro adesso sto veramente bene. Padova mi piace e mi piacerà sempre di più”. Ha imparato anche qualche parolina in dialetto veneto ma “non ti dico cosa però, meglio di no!”. Bravo toso.
“Chiudi gli occhi e immagina una gioia”. Vincenzo ci mette un secondo e ne dice tre. “I miei figli. La più grande ne ha 8, uno di sei e l'ultima di due anni e mezzo”. Tutti con la stessa ragazza di sempre: “Ormai stiamo insieme da 13/14 anni!”. Meglio calciatore o papà? “La vita da papà è bellissima, ma tutt’altro che facile: quando torni a casa e li vedi però passa tutto”. Due femminucce e un maschietto, Emanuele, fortissimamente voluto. "Se non avessi avuto il bambino sarei arrivato a cinque o sei! Emanuele già gioca a pallone, invasato. Ma voglio che il suo futuro lo decida lui”. Giusto. Emanuele, lo stesso nome di suo fratello, che non c’è più. “Era del 1993. E’ scomparso qualche anno fa, quando ne aveva 16”. Vincenzo si commuove, in un dolore che pulsa ancora. “Lo porto sempre con me, ho voluto anche dedicargli un tatuaggio, il mio portafortuna”. Di scritte e disegni, lungo il corpo, ne ha tantissimi. “Forse troppi”. A scaramanzie come siamo messi? “Un po’ ne ho”. La fissa che lo contraddistingue è una sola. "Quando sono in campo mi aggiusto sempre i calzettoni o i lacci delle scarpe. In 90’ minuti mi abbasserò 100 volte”. Soprannomi: a Padova ancora nessuno. Anzi. “Mi chiamano semplicemente Vincenzo”. E il numero di maglia non è il suo solito 10. “Quello ce l’ha Candido! Magari possiamo fare uno scambio, proverò a convincerlo in qualche modo, per l’anno prossimo”. All’ombra di Sarno, con una promozione in vista. “Ho scelto Padova per la piazza, il progetto, la storia di questa società. Mi hanno convinto il direttore e anche, Bisoli, con cui mi sono sentito spesso. Vinciamo questo campionato e andiamo in serie B. Dobbiamo riportare questo club dove merita. Io guardo al futuro con la maglia del Padova addosso, in una categoria importante, voglio ripagare tutta la fiducia che mi hanno dato a gennaio". Aspettative alte, sin da subito. "Giustamente, ora, ci si aspetta un po’ di più da me, e lo so anche io. Però credimi, siamo all’inizio. I risultati stanno arrivando. Sto pensando a tornare al 100% perché voglio fare il doppio di quello che ho fatto a Foggia. I tifosi mi stanno aspettando, il pubblico è caloroso e ti fa sentire la sua vicinanza”. Un po’ come quello di Foggia, dove Sarno ha fatto benissimo e lasciato tanti amici, oltre a una promozione in B di ci cui va orgoglioso. “Ho due gruppi WhatsApp molto attivi. Uno con dei miei ex compagni del Foggia tra cui Vacca, Gerbo e tanti altri. Ci sentiamo spessissimo. L’altro è del fantacalcio, pieno di giocatori, amici d’infanzia e…. Pio e Amedeo. Li conosci?”. Amore mio, certo. "Due bravissimi ragazzi a cui sono legatissimo. Ci scriviamo tutti i giorni, da quella chat esce un po’ di tutto, a volte anche di fantacalcio". E se il Padova sale in B…. “li inventerò! Così festeggiamo tutti insieme”. Perché il bambino Vincenzo è cresciuto e adesso sì che si diverte, in santa pace.