In Belgio hanno lanciato una petizione, in Italia si fa fatica a comprendere la decisione del ct Martinez. In ogni caso resta il fatto che Radja Nainggolan non prenderà parte con il Belgio al prossimo Mondiale in Russia, e probabilmente non servirà nemmeno qualche firma per far cambiare idea al ct delle ‘Furie Rosse’. Una decisione che ha scoraggiato il centrocampista della Roma, che appena poche ore fa ha annunciato il suo addio alla nazionale, ribadendolo anche al quotidiano hln.be: “Non ce la faccio più, non voglio più combattere. Andare al Mondiale era un mio sogno da bambino e ora mi è stato portato via. Ora potrò entrare nel Guinness dei primati come primo top player a cui non è stato permesso di partecipare alla Coppa del Mondo per due edizioni consecutive. È una cosa talmente incomprensibile che potrei riderci su. Sono triste. Ho giocato bene con la Roma e sono arrivato in semifinale di Champions League. Non merito di essere lì? Quattro anni fa non mi è stato permesso di giocare i Mondiali, non a causa delle mie prestazioni ma perché giocavo ancora a Cagliari. Le circostanze erano diverse. Nel frattempo sono passato alla Roma, ho disputato quattro anni buoni e comunque non sono stato ancora premiato. Io sono così. Non indosso maschere, non posso farci niente e non ho intenzione di cambiare per loro. Sono stanco di essere sempre dipinto come un cattivo ragazzo. Il calcio è ancora un hobby per me. Va bene, adesso è diventato il mio lavoro, ma voglio essere giudicato per le mie prestazioni, non per quello che faccio fuori dal campo. Dovremmo parlare in modo diverso di Maradona per questo motivo? Ognuno è libero di fare ciò che vuole, purché sia bravo sul campo. Pensate che tutti i calciatori siano bravi ragazzi? Non me ne vergogno a dirlo”.
Un’esclusione che ha ferito profondamente Nainggolan, che comunque era già al corrente della decisione che avrebbe presto il ct Martinez: “Mi ha chiamato domenica per sapere se fossi a Roma o in Belgio e così ci siamo visti all'hotel Hilton a Fiumicino. Ho pensato che volesse parlarmi faccia a faccia per assicurarsi del mio comportamento. Ho chiesto anche ai miei compagni di nazionale, Mertens, Hazard, De Bruyne, Fellaini, se secondo loro veniva per spiegarmi certe regole o per comunicarmi che non sarei andato alla Coppa del Mondo. Ho apprezzato che sia venuto a parlare fino a Roma di persona, avrei fatto lo stesso al posto suo perché se ho un problema con qualcuno vado e ne parlo direttamente. Così ha iniziato la conversazione dicendo che sono un grande giocatore, uno con un ruolo molto importante nella Roma. «Se fossi stato un allenatore di club, avrei costruito una squadra intorno a te - mi ha detto -. Ma non è possibile farlo con una Nazionale. Non ho abbastanza tempo per quello». Poi ha aggiunto che sono troppo importante per fare il 20° in squadra. Ci sono giocatori più giovani che sarebbero felicissimi di giocare anche un solo minuto, mentre io no. In parte capisco la sua spiegazione quando parla di tattica, ma cosa succederebbe se due centrocampisti si infortunassero? Manderebbe in campo due giovani? Gli ho assicurato che sarei stato pronto se avesse avuto bisogno di me, anche come ventiduesimo uomo, in qualsiasi ruolo. «Dimmi solo cosa ti aspetti da me» gli ho detto. La conversazione è durata circa venti minuti. Alla fine mi ha spiegato che le scelte non erano definitive, ma dalle sue parole ero sicuro al 70% che non mi avrebbe chiamato. Temeva problemi se mi avesse portato in Russia".