Enrico Baldini, mai mollare ma crederci sempre: “La scintilla in C, ora sogno col Cittadella”
L’attaccante si racconta a gianlucadimarzio.com: “Non sogno di arrivare in Serie A, ma di restarci però prima devo meritarmelo”
La primavera dell’Inter, una lunga gavetta e ora punto di forza del Cittadella che sogna la Serie A: Enrico Baldini sta vivendo la sua consacrazione personale con la maglia granata.
Domenica la sfida del Rigamonti, contro il Brescia secondo in classifica: “Sarà sicuramente una bella partita e sarà importante anche per il nostro percorso. Veniamo da sette risultati utili consecutivi e dobbiamo continuare la striscia positiva. Ora è fondamentale sfruttare il bel momento“.
Obiettivi chiari e sogni nel cassetto, ma guai a non rimanere con i piedi per terra: “L’obiettivo è cercare di rimanere lassù. Se poi siamo il Cittadella giusto possiamo giocarcela con tutti. Sogno nel cassetto? Un pò scontato da dire… io non sogno di arrivare in Serie A, ma rimanerci…”, racconta in esclusiva a gianlucadimarzio.com.
Mai mollare
A 25 anni, Enrico Baldini ha vissuto momenti felici e momenti negativi. Proprio da questi, però, bisogna trovare la forza di ricominciare. Come avvenuto dopo la mancata promozione in Serie A, sfumata soltanto nella finale playoff contro il Venezia: “Era la prima volta che giocavo i playoff e lottavo per andare in Serie A. Mi sono sempre detto che ci sono due strade quando perdi una finale: o stai lì a ripensarci e a rimuginare o ti deve dar forza per cercare di raggiungere la promozione nella stagione successiva. Al momento mi ha dato rammarico e tristezza, come è giusto che sia. Poi sono tornato carico”.
È ripartito alla grande Baldini, ma non ha mai mollato, anche quando lottava per evitare la retrocesisone in Serie D: “La scintilla per me è scattata quando sono andato in C a Fano. Avevo sempre visto un mondo troppo facile: primavera dell’Inter, poi subito diverse stagioni in Serie B. Serviva un anno per capire dove non voler essere. In C non voglio più andarci: ho aspettative alte e quando sono andato a Fano lottavo per non retrocedere… ho vissuto momenti forti, mi hanno dato la forza per non mollare. A gennaio, quando è arrivata la chiamata del Cittadella è stato come se gli sforzi di quell’anno e mezzo fossero stati ripagati. Tornassi indietro, questo passo lo farei prima. A Fano sono maturato caratterialmente e sono cresciuto tanto“.
Concentrato, poi spazio alle emozioni
Ragazzo umile Enrico, che non si lascia condizionare dai traguardi personali, ma mette al primo posto la squadra: “Segnare a Gigi Buffon? Sicuramente è stata un’emozione particolare. Non è stato un gol come gli altri. Ma me ne sono reso conto nei giorni successivi alla gara. Durante la partita era preso dall’adrenalina di pareggiare e non ci ho pensato. A posteriori, è un ricordo che conserverò nel cassetto”.
Una rete ad uno dei portieri più forti della storia del calcio, ma anche la prima tripletta in carrirera. Sempre, dopo la squadra: “Anche contro il Monza (nei playoff dello scorso anno, ndr) è stato un momento che ho realizzato a posteriori. La tripletta, il pallone a casa… è una cosa che ti rimane a vita. Però ero concentrato e focalizzato sul passare il turno e pensavo alla partita di tre giorni dopo. Ho metabolizzato dopo e ci ho ripensato in estate. Ti fa stare bene. Sono cose belle che accadono durante il percorso e ti rimangono a vita”.
“Ringrazio la mia famiglia”
Se l’attaccante del Cittadella è un ragazzo con la testa sulle spalle, il merito è anche della famiglia, che lo accompagna nelle scelte e nella carriera: “Mi ritengo molto fortunato per la famiglia che ho. Mi sono sempre stati vicini. Per me è stato fondamentale il primo anno: ho sofferto parecchio la lontananza quando avevo quindici anni. Poi dopo la famiglia ti manca. Ti manca quando cresci, ti mancano i momenti insieme, il pranzo della domenica, i momenti passati a parlare… Sono molto legato alla famiglia, mi ricarica le energie. È un momento bello e di svago. Sono grato alla mia famiglia. È la famiglia che vorrei se potessi scegliere”.
Est modus in rebus, dicevano i latini. Così è stato educato anche Enrico: “Il primo autocritico sono io. Loro sono molto oggettivi. Se devono darmi la carota me la danno, se devono darmi il bastone altrettanto. Quando devono criticarmi, è giusto che lo facciano”.
“Amo il calcio”
Calciofilo a 360 gradi. Quando c’è il calcio in TV, Enrico Baldini non si perde nulla: “Se c’è una partita, la guardo: amo il bel calcio. Non sono uno che si annoia. Sono il tipo che resta un intero pomeriggio sul divano a guardare il calcio”.
Infine, il classe 1996 non ha una squadra del cuore, ma ha ammesso di simpatizzare per l’Inter, squadra nelle quale è cresciuto, dal punto di vista sportivo e umano: “Non tifo tanto. All’Inter conosco tante persone, tra magazzinieri e team manager, simpatizzo un pò per loro. Sono arrivato in nerazzurro a quindici anni. Ti fanno cresce prima come uomo, con valori e principi, poi come calciatore. Vestire la maglia dell’Inter, fare la primavera e il settore giovanile è un privilegio. Non tutti hanno la fortuna di viverlo. Al momento non te ne rendi conto, poi dopo ci ripensi e vedi che non è una cosa così scontata. Ti danno un bagaglio umano e calcistico differente rispetto ad altre realtà”, ha concluso l’attaccante del Cittadella.