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Elia sorride nel pensare alle urla che movimentavano le mattinate della Casa del Giovane, convitto che di talenti ne ha visti eccome. Zaza, Bonaventura, Padoin e non solo: “Un giorno giochiamo un’amichevole con la prima squadra. Perdiamo 21 a 0. Con me, a destra, giocava Conti. Marcavo Denis. Io 65 chili, lui 80 di soli muscoli”. L’Atalanta sullo sfondo, in primo piano un ragazzino di 14 anni che sogna di diventare calciatore.
“Mio babbo fa l’imbianchino, lo avrei sistemato con mia mamma in una casina con l’orto. Poi avrei investito in un ristorante”. A Elia piace cucinare. Lo sanno bene gli amici, innamorati delle sue tagliatelle con la ‘nduja: “Alle ragazze invece cucino la tartare. Le tratto bene”, scherza. Adesso studia farmacia a Firenze e ha detto “no” non ad un top club europeo ma a Medicina: “Ero entrato, ma volevo altro”.
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A calcio ci gioca ancora. Non in Serie A, ma in terza categoria: “La squadra si chiama Pian Di San Bartolo. Siamo secondi in classifica e gioco con gli amici di sempre. Ruolo? Ho 23 anni e ancora non l’ho capito. Sono un esterno alto mancino, ma ho giocato anche terzino”. Ogni tanto negli spogliatoi suona la chitarra: “Ho pure un gruppo. Proviamo a suonare i Linkin Park o Otherside dei Red Hot Chili Peppers”. Il campo è a due passi dal Franchi: “La prima partita che vidi fu un Fiorentina-Livorno 1-1. Segna Protti, pareggia Riganò”. La sua fede, però, è tutta milanista: “In camera attaccavo le figurine di Kakà, Sheva e Seedorf”.
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