“Cagliari, sogno in grande”: Carboni, Sardegna nel cuore e futuro da scrivere
La nostra intervista ad Andrea Carboni, difensore classe 2001 del Cagliari
Spesso sulla vita devi giocare d’anticipo. Soprattutto quando potresti sprecare un grande talento. Andrea Carboni, per esempio, a 17 anni stava per mollare il calcio: “I miei mi dicevano sempre che i cavalli si vedono all’arrivo. E alla fine avevano ragione…”. Ora ne ha 19, ma sembra già aver capito come funziona. Il suo esordio in Serie A con il Cagliari c’è stato solo lo scorso giugno, da allora 11 partite tra i grandi. Ma il viaggio del classe 2001 è cominciato un centinaio di chilometri più a nord. Tra il Ju-Jitsu e una determinazione che stava per abbandonarlo.
L’infanzia a Tonara
Tonara è un paesino del centro Sardegna in provincia di Nuoro, 2 ore di macchina da Cagliari. Famosa per il torrone e per… Marco Sau. È qui che il giovane Carboni cresce, calcisticamente e non: “Ho due fratelli più grandi che mi hanno fatto innamorare del pallone” racconta il difensore del Cagliari a Gianlucadimarzio.com. “La mia famiglia mi ha trasmesso valori importanti e ha sempre creduto in me. Papà e mamma mi portavano 3 o 4 volte a settimana a Oristano (70 chilometri da Tonara), è anche merito loro se sono arrivato qui”.
E di un forte legame con le proprie radici: “Tonara mi sostiene e mi dà forza. Sento sempre gli amici, alla PlayStation giochiamo online su Fortnite e quando torno in paese impazziscono”. Anche se, più che i videogiochi, la prima passione è stata il Ju-Jitsu: “Ho iniziato a 4 anni e nel frattempo giocavo a calcio, a 10 sono diventato cintura nera. È un’arte che mi ha insegnato tanto a difendermi, ma soprattutto a rispettare gli avversari”. Due dei suoi più grandi pregi.
Il sogno rossoblù e il pensiero di smettere
Insieme alla cintura nera, nel 2011, arriva anche il Cagliari: “Mi ha scoperto Gianfranco Matteoli – ex responsabile delle giovanili – durante la Coppa Barbagia di Tonara”. Un provino superato e subito gli allenamenti a Oristano, nel centro di Palmas Arborea, dove si trovava l’Academy per i ragazzi che non potevano viaggiare fino a Cagliari. Anni di giovanili fino a quando, in Under 17, Andrea pensa di smettere: “Stavo trovando meno spazio di quanto pensassi di meritare. È stato difficile, ma la mia famiglia mi ha spinto a non mollare”.
Fondamentale aver trovato le persone giuste al momento giusto. Come l’allenatore della Primavera Canzi, il suo vice Agostini e il coordinatore tecnico Daniele Conti: “Mi hanno migliorato come ragazzo e come giocatore. Sono cresciuto tanto grazie a loro, pian piano ho trovato spazio e ho cominciato a giocare sempre”.
L’esordio in A: “Non mi ero nemmeno riscaldato”
Fino all’esordio in Serie A con Zenga sul campo della Spal, il 22 giugno 2020, nel post-lockdown: “In un periodo difficile ho avuto fortuna. La Primavera era stata sospesa e mi hanno chiamato in prima squadra, quindi mi sono allenato con l’ex preparatore Allegra perché volevo farmi trovare pronto. Zenga mi ha visto subito e gli sono debitore, ha sempre parlato bene di me”. Prima di un debutto inaspettato: “Aveva appena segnato Simeone e io stavo esultando. Il mister mi ha fatto entrare all’improvviso senza riscaldamento”. La prima volta non si scorda mai, neanche senza tifosi: “È molto strano, non vedo l’ora di giocare davanti al pubblico del Cagliari. Sarà ancora più emozionante”.
Anche perché, da sardo, con la piazza c’è un rapporto speciale. Non a caso due punti di riferimento sono Astori e Nainggolan: “Davide giocava a Cagliari quando ero nei Giovanissimi. Era un difensore centrale mancino come me e lo prendevo da modello. Ha fatto grandi cose qui, una persona stupenda. Radja invece lo stressavo da quando ero piccolo, è sempre stato il mio idolo perché in campo dava l’anima. Quando ci siamo incontrati mi ha regalato una sua maglia della Roma, ma la più importante me l’ha data in Cagliari-Torino dopo aver giocato insieme. Mi ha sempre aiutato, giocare col proprio idolo non succede tutti i giorni”.
Nemmeno affiancare un totem come Godin: “Quando l’ho visto il primo giorno ad Asseminello stavo facendo bike, è stata un’emozione forte perché lui e van Dijk sono due difensori a cui mi sono ispirato. Sono fortunato ad avere Diego in squadra”.
La nuova stagione con Di Francesco
Nella nuova stagione ‘20/’21 Andrea è il secondo più giovane in rosa e c’è tanta concorrenza al centro (Godin, Ceppitelli, Walukiewicz, Pisacane, Klavan). Qualche minuto in Coppa Italia con la Cremonese e finalmente il ritorno in Serie A, contro la Juventus: “Sfidare Ronaldo e Dybala in campo è stato bellissimo. Mi ha fatto un effetto strano, prima li vedevo solo alla PlayStation o in tv”. Tra infortuni e covid Di Francesco lo schiera terzino sinistro, come in tutte le ultime 3: “Un ruolo che ho già ricoperto in Under 17. Preferisco fare il centrale, ma mi adatto e mi trovo bene anche lì. In emergenza gioco pure in porta”.
A novembre una bella esperienza con la Nazionale U21, in Lista B: “Ho incontrato giocatori di valore e qualche compagno dell’U20, con cui giocheremo il Mondiale”. Caratteristiche migliori: “Gioco palla al piede, fisicità, anticipo e letture. Devo migliorare nella tranquillità, le ultime gare mi sono servite molto. Mi sta aiutando anche Di Francesco col supporto di Gianmaria Palumbo”, psicologo voluto da Eusebio che segue tutta la squadra. “Il mister è una bellissima persona e butta dentro noi giovani con coraggio. In allenamento è un martello, ci fa lavorare e vuole che impariamo dai più esperti. Mi trovo bene anche col suo vice Calzona, che segue molto noi difensori”.
"Forza Bitti, forza Sardegna"
Nelle ultime due Andrea è stato titolare, con lo Spezia uscito poco prima del 2-2 avversario al 94’. A inizio gara la squadra aveva esposto lo striscione “Forza Bitti”, località sarda colpita da un’alluvione che ha provocato 3 vittime: “Ero scosso. Ho visto immagini di case distrutte ed ero preoccupato per un mio ex compagno di squadra che vive lì. Molte persone hanno perso tutto, immagino un fattore che si alza ogni giorno alle 5 di mattina e si ritrova da un momento all’altro senza il proprio campo per lavorare. Non posso che mandare un forte abbraccio, anche il Cagliari sta aiutando la popolazione di Bitti. Ci tenevo a vincere, un piccolo sorriso sarebbe stato la cosa migliore”.
Un sorriso almeno calcistico lo ha fatto Pavoletti, tornato al gol (col tacco) dopo 553 giorni: “Se lo merita tantissimo, dà sempre il 100% e stimola tutti. Con un solo complimento ti rafforza, è un motivatore e una grande persona. Sono più felice del suo gol piuttosto che se avessi segnato io”. La vera forza di un gruppo: “Chi gioca e chi no, ci aiutiamo tutti”.
Una storia da scrivere
Ma per Carboni, cosa significa giocare nel Cagliari? “Una grande responsabilità, da sardo ci tengo a fare bene e a dare gioia. Il nostro slogan ‘Una terra, un popolo, una squadra’ è realtà, i sardi vivono il Cagliari come la cosa più importante. La regione tifa per una squadra e doverla rappresentare è un orgoglio. Tanti valori poi vengono dati da gente come Cossu, Suazo (suo ex allenatore nelle giovanili) o Conti, ex giocatori passati da qua con cui ci raccontiamo tante storie”.
Testa al prossimo impegno: “Giocare contro il Verona? Deciderà il mister. Io imparerò comunque tanto, è già una soddisfazione essere qui”. Con una promessa sul futuro: “Quest’anno vorrei giocare più minuti possibili, ma un giorno mi piacerebbe pensare in grande con il Cagliari. Un trofeo o l’Europa? Quello sarebbe il mio sogno. La società sta crescendo molto e il presidente Giulini sta investendo nel progetto. Magari accadrà presto, per me non sarebbe una sorpresa”.
Umiltà, maturità, purezza. E idee chiare, a soli 19 anni. Mix perfetto per l’oro rossoblù. Andrea Carboni, da Tonara a Cagliari con la Sardegna nel cuore. E una storia tutta da scrivere.