Amoruso, il primo capitano cattolico dei Rangers: “Felice per la promozione. Parte del mio cuore è a Glasgow”
I Rangers tornano a casa. Odissea durata quattro anni per uno dei club più gloriosi e titolati del mondo, che rivedono la luce del paradiso, la Scottish Premier League. Nel 2012 il fallimento, con relativa retrocessione in League Two. Poi la lenta risalita, che restituirà al calcio una delle partite più affascinanti e ricche di tradizione, l’Old Firm, ovvero il derby tra Rangers e Celtic Glasgow. Alcuni dei trofei dell’infinita bacheca dei “Teddy Bears” sono stati alzati al cielo da Lorenzo Amoruso, per sei stagioni leader degli scozzesi: “Il mio compito non era semplice. Dovevo sostituire il loro capitano storico, Richard Gough, quello che ha vinto più trofei e che è stato forse il giocatore più importante della storia dei Rangers insieme a John Greig. Io ero sotto contratto con la Fiorentina, ma loro mi vollero a tutti i costi. Proposero cifre molto alte sia a me che ai viola, quindi il lato economico indubbiamente incise sulla decisione. Poi c’era la possibilità di giocare la Champions e dato che in quegli anni aveva accesso solo una squadra per campionato era un’offerta da non farsi scappare. All’epoca era difficile arrivare davanti a Milan, Inter, Juventus, Lazio, Roma, Parma e vincere lo scudetto. Ero ambizioso e la Champions rappresenta il massimo per ogni calciatore. Fu un’esperienza fantastica”.
A fare compagnia ad Amoruso un nutrito gruppo di italiani: “Appena arrivai soffrivo già per un piccolo infortunio che poi lì diventò gravissimo e che mi lasciò fuori per i primi 10 mesi. Nella sfortuna ebbi però la fortuna di imparare meglio l’inglese, di conoscere meglio le abitudini degli scozzesi e del mio club e di capire meglio tutto ciò che mi poteva aiutare a integrarmi nel futuro. Condividere momenti del genere con altri italiani (Negri, Porrini, Gattuso, Riccio), che parlano la tua stessa lingua, vicini a te come abitudini e cultura sicuramente mi aiutò tantissimo. Era una squadra imbottita di grandi giocatori. C’erano Jonas Thern, Paul Gascoigne, Brian Laudrup, Andy Goram, Ally McCoist, Jorg Albertz. Ogni anno arrivavano alcuni dei migliori giocatori del mondo come Stefan Klos, Van Bronckhorst, Arthur Numan, Michael Mols, i fratelli De Boer, Tore Andre Flo, Guivarc’h. Alcuni poi hanno fatto bene, altri meno. Però era un club che si poteva permettere qualsiasi spesa”. Amoruso è stato il primo capitano cattolico della storia dei Rangers: “Una bella soddisfazione, mi ha riempito d’orgoglio, è una cosa che non capita a tutti anche se penso che per sentirti un trascinatore non hai bisogno di una fascia al braccio. Leader si nasce, bisogna avere carattere, carisma, forza interiore, devi essere un esempio per i tuoi compagni. La fascia era un riconoscimento esteriore, ma il mio comportamento non è cambiato dopo che l’ho ottenuta”.
Scozia? Quasi un altro mondo: “Per il clima, il cibo, per le abitudini, in particolare quella di bere. Noi non siamo abituati a ritrovarci nei pub alle cinque del pomeriggio, al massimo andiamo alle otto a bere un aperitivo. Poi ci sono tante altre differenze, dai guadagni, al modo di vestirsi fino a quello di guidare. Io mi sono trovato bene perché nella mia testa c’è stato subito lo “switch”. Ero all’estero e quindi ero io lo straniero, ero io che dovevo adattarmi, sarebbe troppo bello il contrario. Questo valeva anche per il clima, molto più freddo rispetto al nostro. E’ proprio in questi momenti che cominci ad apprezzare di più l’Italia, dalle cose che quasi diamo per scontate, come l’affetto della famiglia, degli amici, la spensieratezza con la quale affrontiamo la vita, fino alla bellezza artistica e paesaggistica. L’Italia resta la Nazione più bella, c’è poco da fare. Non a caso io, pugliese di Bari, ho scelto di vivere a Firenze città che amo da quando avevo 14 anni e che tutt’ora non finisce di stupirmi”. Cosa significa scendere in campo ad Ibrox per l’Old Firm con la fascia da capitano al braccio? “E’ una partita molto particolare. Il derby Roma-Lazio, per quanto importante e sentito, non ha dei risvolti storici e religiosi come l’Old Firm. La partita Rangers-Celtic è il momento in cui, al di là di due maglie e due squadre, si incontrano due culture che hanno fatto la storia. La rivalità e le motivazioni che ci stanno dietro, rendono unico questo match. Farne parte e, come nel mio caso, uscirne spesso vincitori è una soddisfazione enorme”.
Incubo finito per tutti i fans dei “Light Blues”: “Quando nel 2012 è arrivata la notizia della retrocessione in ultima serie ho provato grande amarezza e delusione . Chi mai avrebbe potuto pensare una fine così triste per uno dei club più gloriosi del mondo? Questa promozione mi rende felice, i Rangers tornano a casa loro. Sono sicuro che anche se sono una neo promossa faranno di tutto per vincere il titolo già dall’anno prossimo. Saranno trascinati da un pubblico fantastico, uno dei più belli e fedeli del mondo. Ad ogni gara saranno in 50 mila e non faranno mancare il loro sostegno neanche durante gli allenamenti. Purtroppo non sono potuto andare, è un anno che manco da Glasgow, ma ci ritornerò il prima possibile perché mi manca. Parte del mio cuore è lì e con il club e i suoi supporters ho un rapporto fantastico. Tornare come allenatore? Magari (ride). E’ un augurio che mi faccio, anche se è difficile. Mark Warburton ha fatto bene quest’anno e spero per il club che faccia bene anche l’anno prossimo. Certo, se me lo proponessero non direi di no… “