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L’Amelia 2.0 parte dalla Lupa Roma: “Studio, ascolto e imparo: ecco la mia nuova vita da allenatore”

A Rocca Priora, nuova casa della Lupa Roma, il freddo punge ma a Marco Amelia basta una semplice tuta e uno zuccotto per stare a suo agio. D’altronde lì è di casa, e come un perfetto anfitrione mostra, illustra e spiega. E aspetta l’allenamento del pomeriggio. Qualche ragazzo arriva prima, animato da buoni propositi: “Mister possiamo fare un po’ di palestra prima dell’allenamento?”, risposta secca: “No, preparatevi che dopo vi farò faticare parecchio”. L’Amelia 2.0 è un allenatore che ha voglia di imparare, non lascia nulla al caso. S’informa, studia, ascolta. E’ in aggiornamento costante. E quando qualcosa non gli torna alza la cornetta: “Quando ho qualche difficoltà chiamo i miei vecchi mister”. E la scelta è ampissima: “Ho avuto i migliori, ma non m’ispiro a qualcuno in particolare. Ho appreso qualcosa da ognuno”. Normale dopo una carriera come la sua, sempre al top: Roma, Livorno, Palermo, Genoa, Milan e Chelsea. Campione del Mondo.

Ha imparato ad amare il ruolo dell’allenatore al Milan, seduto al fianco di Allegri: “Lì ho ha fatto tanta panchina e ho potuto vedere il calcio da un’altra prospettiva”. Ora ha deciso di iniziare la sua carriera da allenatore, alla Lupa Roma in Serie D. Scelta sui generis e coraggiosa: “Avevo la necessità di continuare il mio percorso di studio, per frequentare poi il Master c’è bisogno di fare 8 mesi di pratica. Che per me non è allenare i bambini della scuola calcio, ma è andare sul campo – Racconta Amelia in esclusiva per Gianlucadimarzio.com – Avevo delle situazioni di calcio giovanile professionistico da poter accettare, ma ho fatto un altro tipo di scelta”. L’impatto però non è stato dei più semplici, inevitabile dopo una vita nell’Olimpo del calcio: “Non mi sono trovato subito a mio agio, questo è un altro calcio rispetto a quello professionistico. Mi sono dovuto calare in questa mentalità ed è stata la cosa più complicata”. Ora inizia a starci bene, ma ha dovuto superare parecchie difficoltà. Due su tutte: “In questa categoria la difficoltà maggiore è la conoscenza delle squadre avversarie perché c’è veramente poco per poter vedere video e avere informazioni sugli avversari. L’altra difficoltà è trasmettere una filosofia di calcio a dei ragazzi che hanno fatto un percorso calcistico totalmente differente da noi professionisti”.

“Lupa Roma scelta di cuore. Quanto ho imparato da Mourinho…”

Complicazione prevedibili, superate da una scelta di cuore: “La Lupa Roma è tra l’altro la nuova Lupa Frascati, ossia la società dove sono cresciuto e ho fatto la scuola calcio. Era difficile dire no”. Attaccato alle origini da sempre Amelia. Alla classica Casal Palocco o le zone centrali di Roma ha preferito la tranquillità della sua Rocca Priora, dove vive da sempre. Tutto casa e campo, ad un km di distanza l’uno dall’altro. Pensa a tutto, a volte anche a tagliare l’erba. E in questo lo aiuta il suo diploma da perito agrario. D’altronde il suo modello ideale è quello del manager all’inglese: un factotum del pallone. Un po’ come Mourinho, l’allenatore che lo ha chiamato al Chelsea, terzo top club della sua carriera dopo Roma e Milan: “E’ un allenatore totale, gestisce tutto e lo fa bene. Per lui è importante il top player come il giardiniere o la ragazza della lavanderia. In quel periodo era come se fossi il suo secondo, lo riempivo di domande”. Un esempio da seguire, ma sempre con l’umiltà che lo contraddistingue.

Perché prima c’è da partire dal basso. Missione gavetta: “Quella aiuta molto, è fondamentale”. Scordatevi gli stadi pieni e il clima da Champions League, la serie D è un’altra cosa: “Qui ci sono parecchie problematiche, perlopiù organizzative”. L’affetto però è rimasto invariato: “Ho sempre ricevuto un grande trattamento ogni volta che siamo andati in trasferta. Tutte le società mi hanno ospitato benissimo e sono orgoglioso di questo”. Un idolo trasversale, dai campi da sogno a quelli di periferia. Un Campione del Mondo versione allenatore di provincia. Strano a credersi ma basta conoscerlo un’oretta per rendersi conto che la voglia di imparare supera il curriculum.

Qualità che trasmette anche allo spogliatoio: “Ho cercato in ogni modo di mettere subito a loro agio i ragazzi, di non fargli pesare questa distanza dovuta al mio passato da calciatore. Con molta umiltà mi sono messo a loro disposizione, e questo credo sia stato apprezzato dal gruppo”. La curiosità dei ragazzi (giovanissimi, età media 21 anni) è tanta, le domande più disparate. La più gettonata: “Come si arriva al top?”. Poi ce n’è qualcuna indiscreta: “Quante donne avete avuto voi campioni?”. Amelia sorride e spiega: “Gli dico che quei livelli te li devi guadagnare e non basta saper calciare bene il pallone, ci sono anche valori da rispettare. Queste sono cose che posso insegnare ai ragazzi di questa categoria”.

“Sui miei portieri non metto bocca, ci pensa il preparatore”


Nessun dogma in panchina
, al calcio offensivo a tutti i costi Amelia preferisce affrontare le squadre in base ai valori che hanno, con un obiettivo finale: “Mi ispiro ad un tipo di calcio finalizzato a portare il singolo calciatore ad esprimersi al massimo in un contesto di tanti calciatori che insieme devono creare un’identità di gioco”. Pensa a tutto sul campo, gestisce e organizza. Ma non chiedetegli di prendere decisioni sui portieri: “Assolutamente, su quello non metto bocca. Ci pensa mio fratello che è un bravissimo preparatore, sceglie lui il portiere che gioca, mi fido ciecamente”.

Uno staff fidato e giovani pronti a mettersi a sua disposizione, così Amelia prepara gli allenamenti. Quello del pomeriggio era composto così: tre stazioni, una sulla forza fisica, l’altra un torello continuo e la parte centrale finalizzata allo sviluppo dell’uno contro uno. Fischietto in bocca e una parola sempre pronta per aiutare i suoi ragazzi. L’Amelia allenatore è partito dal basso per arrivare in cima: “Certo che ci credo, altrimenti non avrei nemmeno iniziato”. Il cuore è sempre a Rocca Priora, la speranza lo porta lontano: “Mi piacerebbe arrivare subito in alto, ma lavoro per crescere. Poi chissà, magari tra 5 anni sarò in Serie A…”.

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