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Data: 14/08/2020 -

Viaggio ad Alverca, serbatoio del calcio portoghese che vuole tornare tra i “grandi”

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Lisbona in questo strano agosto è diventato il centro del mondo calcistico. Qui si giocano le Final Eight di Champions League e gli occhi di tutta Europa sono rivolti ad ovest. Ma la città lusitana in questi giorni è un po’ così, osservata ma discreta. Piena di talento ma vuota di passione, senza quei tifosi cuore pulsante del mondo pallonaro.

E sì che il talento in Portogallo non serviva certo importarlo da Parigi, Manchester o Monaco di Baviera, c’è una cittadina nel distretto di Lisbona che a cavallo degli anni Duemila ha elargito grande calcio nel proprio Complexo Desportivo. Ad Alverca infatti sono cresciuti alcuni dei più grandi talenti che il calcio portoghese abbia prodotto.

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Tutti ricordano il grande Porto di Mourinho, vincitore della Champions League del 2004. Ecco, tre futuri Campioni d’Europa hanno mosso i primi passi proprio sui campi in pozzolana di Alverca: Deco, Maniche e Ricardo Carvalho. Da giovani ragazzi di belle speranze al tetto d’Europa. 

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Il primo fu Maniche che per tre anni, dal 1996 al 1999 venne mandato dal Benfica in prestito all’Alverca, per farsi le ossa. E se la storia dell’ex Inter assomiglia a tanti giovani ragazzi, quella di Deco, suo compagno per una stagione, ha i risvolti del grande rimpianto. Per il Benfica ovviamente. 

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Deco nella stagione 1997-1998 arrivò da giovane ventenne in prestito ad Alverca, dominando e lasciando un segno indelebile: in un solo anno 32 presenze, 12 gol e 11 assist. Un ciclone, in una stagione che dalle parti di Lisbona si ricordano bene. Il Benfica non credette nel suo talento, o meglio, l’allenatore Graeme Souness non lo ritenne all’altezza e decise di non rinnovare il suo contratto. Pronto Oporto? Noi ci saremmo…. il resto è storia.

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L’ultimo in ordine di tempo fu Ricardo Carvalho che arrivò nella stagione 2000-2001 in prestito dal Porto. “Se li crescono come Maniche e Deco, forse c’è qualcosa di speciale ad Alverca”, devono aver pensato sulle rive del fiume Duero. Una stagione, 29 presenze e ritorno alla base. Souness insegna. 

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PROPRIETA' ITALO-BRASILIANA 

Dopo i picchi dei primi anni duemila, con tante partecipazioni in Segunda Liga, l’Alverca ha vissuto tanti anni di anonimato nei bassifondi del semiprofessionismo portoghese. Fino all’avvento recente di una proprietà molto ambiziosa, che si è posta l’obiettivo europeo nel prossimo quinquennio. Un legame con l'Italia molto profondo che parte dal suo presidente Ricardo Vicentin, imprenditore italo-brasiliano.

E per tentare la lunga scalata dalla “nostra” Serie C alla Primera ha deciso di affidare il ruolo di General Manager ad una vecchia conoscenza del calcio italiano: Artur Moraes, ex portiere di Roma, Siena e Cesena. Le ambizioni non mancano, ma a causa della pandemia globale, i sogni di gloria sono stati rimandati alla prossima stagione. Quest’anno con il campionato sospeso la rincorsa alla Liga Nos è stato vanificato, ma l’obiettivo rimane: diventare il terzo club di Lisbona dopo Benfica e Sporting CP.

 

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E per raggiungerlo ci si ispira ai migliori, non a caso il Lipsia, che dopo la vittoria sull'Atletico Madrid e la qualificazione resterà ancora in Portogallo, farà visita proprio al centro sportivo dell’Alverca. L’invito è partito da tempo, e gli occhi di Artur e della dirigenza sono sempre rivolti in Germania. Il Lipsia come modello: da SSV Markranstädt, club sconosciuto a tutti, a semifinalista di Champions. La strada è stata tracciata in Sassonia, l’Alverca vorrebbe riproporla al sole dell’Oceano Atlantico.

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