Juventus, Agnelli e Allegri ai saluti: “La decisione più sofferta”
Una storia che finisce, un capitolo che si chiude. "Ma la vita va avanti" hanno già detto tutti quanti. Oggi, all'Allianz Stadium, la conferenza stampa è più gremita del solito. I giornalisti al seguito della Juventus sono tanti, se ne era vista una schiera simile quando era stato presentato Ronaldo. Quello della scorsa estate era un benvenuto. Quello di adesso, invece, un arrivederci. Agnelli e Allegri in conferenza stampa annunciano il divorzio lavorativo, ma resta intatto il rapporto. Ecco le loro parole in diretta.
Come di recente costume (è avvenuto anche con De Rossi), buona parte della squadra è presente: c'è Ronaldo, tra gli altri, ad assistere alla conferenza. Un lungo applauso accoglie l'ingresso di Allegri, con Agnelli.
“Ho già pianto ieri, ora vediamo se viene. Quindi le domande me le fanno i giocatori?” dice Allegri. “I giornalisti giocano a pallone”, scherza Agnelli. “Prendo prima la parola io” continua il presidente bianconero, “è una giornata diversa questa. Dico subito che non risponderò a nessuna domanda su chi sarà il nuovo allenatore. Come ha detto Allegri, un allenatore ci sarà, ma potete stare tranquilli. io però oggi sono qui per celebrare Max, che ha scritto la storia della Juventus. Prima si parlava degli anni 30, di Edoardo Agnelli. Allegri ci ha riportato a quegli anni, a quei 5 scudetti consecutivi. Alcuni aneddoti. Maggio 2013: eravamo a Londra intenti ad assistere la finale di Champions tra Bayern e Borussia, esce dallo stesso albergo proprio Allegi. Lì dissi a Fabio (Paratici) che sarebbe diventato il nostro futuro allenatore. Ci vollero altri 14 mesi, a quel 16 luglio 2014 in cui lui accetta di diventare tra le contestazioni generali l’allenatore della Juventus”. Ancora il presidente: "Allegri voleva entrare da un ingresso secondario, che non ho ancora capito dov'è. Dissi al nostro autista di passare davanti: non avevamo nulla da nascondere, perché eravamo convinti che sarebbe stata la scelta giusta. Lui ci portò a vincere. Dati statistici ne abbiamo quanti voleti: più longevo allenatore dopo Trapattoni, maggior percentuale di vittorie, trofei, finali di Champions… Numeri incredibili. Posso confermare che questi sono stati cinque anni bellissimi: affetto, stima, amicizia, riconsocenza, condivisione, sconfitte, lavoro, ma soprattutto tante, tante vittorie. E siamo stati anche vicini di casa: Barzagli era il nostro terzo vicino di casa. Abbiamo fatto tante cene insieme, ci piace condividere la nostra vita: ci sono stati confronti. C'è un humus tra noi straordinario".
“Tornando alla parte sportiva, ci sono state tantissime cavalcate strepitose. E quest’anno abbiamo vinto lo Scudetto di fatto con otto giornate di anticipo: qualcosa di fantastico. La cosa che mi rende più orgoglioso di questo percorso è che penso di aver trovato un amico. E ne sono orgoglioso. Poi devo capire come programmare la stagione: l’anno prossimo l’obiettivo è quello di vincere, con l’idea di rafforzare il gruppo per metterlo a disposizione di vincerlo. Poi abbiamo l’Under 23, le Donne che devono avere un impianto idoneo. Poi lavorare sulle intelligenze artificiali, per capire come si possano integrare con le nostre metodologie di allenamento. Inoltre, voglio dire che ho grandissima fiducia in tutti gli elementi della società. Per concludere, voglio confermare che la mia idea di andare avanti dopo l’Ajax con Max era un pensiero assolutamente sincero. Poi sono arrivate delle analisi, che comprendono anche l’allenatore: decisioni lucide, che hanno portato a questo. Non nego che ci sia stata tristezza e commozione, perché abbiamo realizzato che forse questo era un momento di chiudere uno dei più straordinari cicli della storia della Juventus. Max è stato uno strepitoso direttore d’orchestra. Vogliomregalargli la maglia”. Gliene porge uno: History Alone, numero 5.
Ancora Agnelli, sulle decisioni che hanno portato a questo addio: “L’ho già detto, ho sentito tante dietrologie non vere. C’è stato un mese che ha portato tutta la società, tutti gli elementi al vertice, a decidere. Abbiamo capito che questo ciclo fosse da chiudere ora. Non ci sono elementi fattuali precisi: è il frutto di una profondità di analisi di persone intelligenti che capiscono quando sia il caso di chiudere anziché trascinarsi avanti”.
Prende poi parola Allegri: “Ringrazio il presidente per le bellissime parole e i ragazzi”. Quindi si ferma, si commuove. “Ci siamo tolti tante soddisfazioni, lascio una squadra vincente che he le potenzialità per ripetersi in Italia e fare una grandissima Champions. Quest’anno purtroppo non ce la siamo giocata fino in fondo. Cosa avevo in mente io? Abbiamo parlato e discusso, esprimendo ciascuno i propri pensieri. Io ho detto quello che ritenevo, la società ha fatto poi le sue valutazioni e ha ritenuto opportuno che l’allenatore non fossi più io. Ma questo non cambia niente, il rapporto con il presidente, Nedved, Paratici è straordinario. Compreso Marotta, che mi ha accolto 5 anni fa. Io sono cresciuto molto, siamo anzi cresciuti insieme. Ci lasciamo nel migliore dei modi: lascio una società solida, con un gruppo straordinario sul piano tecnico e personale. Per vincere bisogna essere uomini, e la Juve ne ha tanti. Lascio un presidente straordinario: un decisionista. Fabio e Nedved che sono più giovani di me: conosciuti da ragazzi, sono ora presidenti importanti”. Di nuovo commozione e applausi. “Domani sera bisogna festeggiare perché ci sono due cose da celebrare: lo Scudetto e l’addio di Andrea Barzagli” risate. “Che lascia da professore dei difensori, senza togliere nulla agli altri. Domani sera deve essere una bellissima serata. Sono stati cinque anni davvero straordinari”.
“Non ho chiesto anni di contratto, giocatori, rivoluzioni…. Avevamo parlato di tutt’atro” dice Allegri, “ci siamo resi conto che era giusto fermarsi. Una volta ci siamo visti a cena: mi avete inseguito ma non mi avete trovato. Due giorni fa ci siamo poi rivisti e abbiamo preso questa decisione. È tutto molto più semplice di quello che sembra. Sono contento ed emozionato. Ma adesso basta: c’è una partita da giocare, una bella partita da fare. Tutto il resto sono chiacchiere: la Juventus ripartirà con un gruppo straordinario e altri successi da centrare”.
Di nuovo Agnelli: “Le decisioni vanno prese quando vanno prese. Sarà poi il futuro che dirà se le scelte sono state corrette. Al di là di quelle che sono poi le considerazioni esterne, l’abbiamo detto: noi viviamo la situazione all’interno. Io non voglio yesman, ma opinioni forti: questo fa parte dei ruoli. Chi non è in grado di reggere queste pressioni, non può gestire o società sportive o aziende”.
Allegri: “C’è stato un confronto con tutti: giornalisti, opinionisti. Tutti. Alla fine se lavori per la Juve devi sapere che devi arrivare in fondo e vincere. È stata una stagione che ha portato comunque a uno Scudetto. Io che sono allenatore ho sempre dovuto e dovrò sempre analizzare la prestazione e non il risultato, perché è dalla prestazione che arriva il risultato. È ovvio che il risultato conta: ma a volte influisce troppo. Quando abbiamo fatto 15 vittorie consecutive, non giocavamo un calcio straordinario: Buffon non ha preso mai gol, e noi sfruttavamo le nostre occasioni. Difendere non è brutto, ci sono dei momenti in cui è necessario. A Cardiff, quando avevamo Cristiano da avversario, il Real ha vinto perché ha difeso bene come squadra. Meglio di noi. Cosa vuol dire giocare bene? Io non l’ho ancora capito a 50 anni. Se qualcuno lo sa, me lo dica. Ci sono allenatori che vincono e altri che non vincono mai: c…o, se uno non vince mai ci sarà un motivo. No? Nel gabbione a Livorno, i tornei li vincevamo sempre noi. Altri li perdevano sempre. Ci sarà stato un motivo, no? Non c’è più mestiere: sembra tutta teoria… Penso anche a Cellino: l’ho avuto a Cagliari, è retrocesso una volta. A Brescia in un anno è tornato in A. Come ha fatto? Non lo so. Ma l’ha fatto: è più bravo degli altri”.
Di nuovo l’allenatore della Juventus: “Io sono fiero di essere aziendalista. Chi non capisce l’italiano pensa che voglia dire yesman, come diceva prima il presidente. No: aziendalista vuol dire far parte di un’azienda. Quando si è parte di queste società si è parte di un’azienda: la Juve fattura 500 milioni, e un allenatore deve conoscere tutto di questa realtà. Ci sono mille problematiche di cui un allenatore deve essere a conoscenza. È una cosa che mi appassiona: magari se smetterò, dubito, di allenare, potrei fare il dirigente. Mi affascina”.
Allegri poi scherza: "Abbiamo Barzagli già in rampa di lancio come futuro allenatore! Tornando seri: se mi sento juventino? Cosa vuol dire esserlo? Vuol dire far parte di una società gestita da una famiglia da oltre 120 anni, una cosa unica, e che fa crescere tanto. Io sono migliorato stando qui".
Agnelli: "È sempre e solo la società a contare. Tutti contiamo ma nessuno è indispensabile. È ovvio che abbiamo preso una decisione come società, ma perché è la società a essere più grande di ogni singola persona. E all'interno delle società ci sono delle attribuzioni di responsabilità che vanno sempre prese".
Di nuovo l'allenatore sull'ambiente: "Mi sono domandato perché qualcuno non era ancora convinto da me dopo questi anni? No, è normale però: tutti d'accordo non potevo metterli. Però posso dire una cosa: la prima immagine che ho avuto è che quando sono entrato a Vinovo era che il mio primo cavallo aveva vinto tre corse. MI immaginavo l'ippodromo vecchio, fu proprio la mia prima immagine. Ma ero sereno, ero convinto che avremmo vinto, la squadra era straordinaria e infatti siamo arrivati in finale di champions". Sul futuro: "Non so niente, vedremo. Una pausa mi potrebbe fare bene, ho bisogno di riposare. Magari poi ci sta che a luglio mi venga di nuovo voglia di allenare. Ma vedrò. Valuterò con calma e nel caso prenderò un anno sabbatico dove potrò dedicarmi a me stesso, ai miei figli, alla mia compagna, a mio padre, alla mia famiglia. E a quella banda scellerata dei miei amici che vanno guidati o fanno casino…".
Angelli: "È la decisione più sofferta da quando sono presidente? Sì. Lo posso confermare".