Dopo undici anni, Fabio Paratici e la Juventus si sono detti addio. Un momento speciale, da dedicare ad una figura che ha contribuito in modo significativo a plasmare la squadra che a lungo ha dominato in Italia. Andrea Agnelli ha voluto salutarlo così, in una conferenza stampa dedicata.
“Siamo qui per un abbraccio a Fabio. Da Delneri a Pirlo, in mezzo nove scudetti, cinque Coppe Italia, due finali di Champions. Siamo partiti dall'Olimpico-Grande Torino, ora siamo all'Allianz. Più tutti i trofei delle giovanili e della squadra femminile che abbiamo creato. Tutti trofei arrivati con la leadership di Paratici. Per non parlare dei giocatori che ha portato qui, come Tevez, Dybala, Cristiano Ronaldo. L'unico rammarico è Van Persie, con quella cena organizzata a casa mia. Fabio è un uomo istintivo e responsabile, curioso e astemio, ha gestito la Juventus nel momento più difficile della storia. Al termine di una lunga chiacchierata è stato naturale convenire che era il momento di separarsi, ma a livello personale e a nome di tutta la Juventus posso solo dirti: grazie per gli anni fantastici. Il caso Suarez e il ritorno di Allegri non hanno inciso in questa decisione".
"Vorrei ringraziare Andrea Pirlo e tutto il suo staff. Se dopo 10 anni il fallimento è qualificarsi in Champions League e vincere due trofei, se è sbagliare un anno su dieci vuol dire che ce lo prendiamo volentieri. Non sempre sono arrivate le risposte giuste nel momento di difficoltà, sicuramente impareremo dagli errori commessi”.
“Mi piace sottolineare la voglia e la determinazione con cui Allegri e il suo staff si sono rituffati in quest'avventura. Ci sono state tante speculazioni, ma quando sarà completata la riorganizzazione dell'area sportiva faremo una nuova conferenza stampa”.
“Per anni abbiamo cercato di cambiare dall'interno le competizioni europee, sono diventato presidente dell'ECA ma non si può ignorare come il sistema concentri in un monopolio il potere economico, esecutivo e giudiziario del calcio europeo nelle mani dell'Uefa, che assegna arbitrariamente licenze. È un sistema inefficiente. La Superlega non era un colpo di stato, ma un grido d'allarme. Da parte dell'Uefa c'è stata chiusura totale, con termini offensivi e che si è concretizzata nelle minacce di esclusione di soli tre club, con arroganza e pressioni indebite, in totale spregio di un provvedimento del Tribunale di Madrid e in pendenza di un giudizio alla Corte di Giustizia Europea. Il calcio non si riforma così”.