Difensore in campo, attaccante nella vita. Ama definirsi così Francesco Acerbi, che da ragazzo giocava davvero per battere i portieri avversari. Merito di una fede milanista, dei dvd con le cavalcate di Weah. “Voglio giocare lì” disse un pomeriggio, seduto sul divano della casa in cui abitava ai tempi di Pavia. La telecamera inquadra la panchina rossonera e la tribuna vip di San Siro. Troppo fascino per rimanerne indifferenti.
24 ottobre 2012, il Milan cade in Champions alla Rosaleda di Malaga. Al centro della difesa c’è Acerbi, con il rossonero addosso, ma a questo giro indifferente sul serio. Suonano le note della Champions, lui le ascolta con lo sguardo perso nel vuoto. Non lo avrebbe mai detto qualche mese prima, quando si trova ad abbracciare la mamma fuori da Via Turati dopo la firma del contratto. Il “Ce l’ho fatta” che diventa un “Non avevo la testa giusta per stare lì”.
Sei anni dopo Acerbi è un’altra persona. Quello che si sentiva arrivato e che viveva in un mondo di alibi è, ormai, un lontano parente. Non è più sovrappeso di cinque chili, nessuno lo ha costretto a vivere in periferia come avevano fatto Allegri e Galliani. Amava le notti brave Francesco, per questo era stato spedito a Gallarate. Troppe tentazioni Milano, proprio come Roma. Ma qui gioca sempre – 14 su 14 con la Lazio dal 1’ in questa stagione – tanto che il record di Zanetti di 164 partite giocate consecutivamente è ad un passo.
Acerbi è a quota 138. L’ultima gara che ha dovuto saltare risale ad oltre tre anni fa. Ottobre 2015, contro l’Empoli non scende in campo. Di lì più di 12mila minuti senza mai fermarsi. Fino alla Lazio, appunto. Dove non rimpiangono De Vrij proprio grazie a lui: “Ho avuto due vite, ora sto vivendo la seconda” Dice nel giorno della sua presentazione. E al Mapei, dove i biancocelesti sfideranno il Sassuolo, si guarderà intorno. Amici, vecchi compagni, gli ex tifosi: cinque anni vissuti intensamente, dove ha sconfitto tanti avversari.
Il più temibile, senza dubbio, il tumore al testicolo sinistro. Gli viene diagnosticato il 14 luglio del 2013, in neroverde c’era arrivato da una settimana scarsa. Aveva da poco firmato un contratto di cinque anni. Fatto di sogni, speranze. Cercando di dimenticare una stagione infernale, passata fra Milan e Chievo. Il ritiro del Sassuolo sta per iniziare, lui si sottopone ai controlli di rito e poi si ritrova a parlare con il dottore Paolo Minafra: “C’è qualcosa da rivedere” Gli dice. Colpa di un nodulo che non avrebbe dovuto esserci.
In quelle ore concitate gli parlano tutti di linfonodi. Nessuno ha il coraggio di essere chiaro, lui però vuole essere messo davanti al fatto compiuto. Quindi la diagnosi, l’operazione al San Raffaele, l’asportazione del testicolo. Il suo primo pensiero? Stappare una bottiglia di vino. Alla famiglia lo dice dopo, perché la madre non avrebbe sopportato un altro grande dolore dopo la morte del marito.
Già, Acerbi e suo papà. Gli sarebbe stato accanto nella malattia, anche se i due hanno sempre avuto un rapporto particolare. Una sfida perenne. Uno amante del calcio, l’altro del motocross: “Ti vedrò mai in Serie A?” La domanda frequente di quest’ultimo. “Tieni, questo è il mio contratto” La risposta di Francesco, qualche anno più in là, dopo aver firmato con il Genoa. Adesso gli manca: “Chissà se potrò diventare padre anche io un giorno” Si è chiesto più volte. Lo avrebbe voluto accanto a sé durante i quattro cicli di chemioterapia ai quali si è dovuto sottoporre. Mesi lunghi, durante i quali è nata la passione per Masterchef. Guardare i piatti per farsi venire fame e mangiare, che trovata.
Si guarderà indietro Francesco. Non vedrà soltanto il Sassuolo, subito alle spalle della Lazio in classifica. Ma anche la guerra vinta contro la malattia, appunto. Due battaglie, la prima che si chiude nel settembre 2013, quando torna in campo contro il Verona dopo l’operazione estiva. La seconda che inizia a dicembre quando, dopo un 2-2 con il Cagliari, risulta positivo alla gonadotropina corionica.
Una sostanza utilizzata per la cura del cancro ai testicoli, a quel giro presente in una quantità più alta della norma. Non essendo in quel momento in cura, scatta la squalifica. Dietro, però c’è soltanto il riacutizzarsi della malattia. Questa volta la madre lo scopre subito dalla televisione, lui però non si scompone e continua a lottare. Accanto a lui c’è sempre il dottore Paolo Minafra. Francesco, dopo la prima seduta di chemio, lo prende per mano e lo costringe a fare qualche giro di campo insieme a lui. Paolo ne fa due, al terzo non gli sta più dietro. Sorride, perché sa che forse il peggio è passato. E passa, definitivamente, con il gol al Cagliari nel gennaio del 2015: 1000 giorni dopo l’ultima gioia in campionato.
Non si rivedranno, probabilmente, nella sfida del Mapei. Paolo, infatti, nel frattempo è andato alla Spal. Se la vedrà, ironia della sorte, proprio contro il Cagliari. Magari, però, un salto al Mapei dal suo “leone” preferito lo farà. “Il mondo ci spezza tutti quanti, ma solo alcuni diventano più forti là dove sono stati spezzati”. Lo ha scritto Hemingway, ama ripeterlo Francesco. E’ il mantra della sua seconda vita. Che dice Lazio e che domani sfiderà la sua prima, ovvero il Sassuolo. Una partita non come le altre. La partita di… Francesco Acerbi.