Si dice che i grandi successi si raggiungono passo dopo passo. Ma nel caso di Aaron Long sarebbe meglio dire: mettendo un mattone alla volta. Sei anni fa lavorava come muratore nell’off-season per arrotondare, adesso rappresenterà gli Stati Uniti ai Mondiali in Qatar. Costanza, sacrificio e perseveranza ripagano sempre.
L’arrivo in MLS, le parentesi in USL e la vita extra calcio
Tuffiamoci nel passato e torniamo nel 2014. Long, difensore classe 1992, gioca nel Tucson FC in USL League One, la nostra Serie C. Avete presente il Draft in NBA? In breve, ogni squadra può scegliere un giovane talento che si è dichiarato eleggibile. In MLS funziona più o meno allo stesso modo. Così, Aaron, a fine stagione viene scelto dai Portland Timbers. Primo mattone messo.
Long è ancora acerbo. Non è giovanissimo, ma comunque ancora non pronto per l’MLS. I Timbers lo “bocciano”. “Deve crescere…”. Così lo spediscono in USL (la nostra Serie B) in prestito alla squadra satellite di Portland: il Sacramento Republic. Appena due presenze prima di cambiare di nuovo aria. Aaron vola in California, all’OC Blues. Anche qui qualcosa va storto. Solo tre partite prima di arrivare a luglio. Long fa ritorno a Portland, ma solo per poco tempo. Qualche giorno dopo resta svincolato.
Ma Aaron non molla. Di lasciare il calcio non se ne parla proprio. Il treno prima o poi passerà. Nella stessa estate passa ai Seattle Sounders che non gli garantiscono però un buon minutaggio. Altra bocciatura. Long viene retrocesso nella seconda squadra. Si torna in USL, ma questa volta con uno spirito diverso. Inizia a mettersi sotto e a lavorare più di prima. Sacrifici, quelli che Aaron ha sempre fatto.
In quegli anni i soldi non sono abbastanza. Bisogna trovare qualche soluzione. Da febbraio a settembre si pensa al calcio, da ottobre a gennaio si cerca di arrotondare. Come? Facendo il muratore. In USA vengono pagate solo nove mensilità, così, in off-season, Aaron torna a casa (a Oak Hills) e lavora in un’impresa edilizia. Tutto ciò dal 2014 al 2016. Quest’ultimo è l’anno da cerchiare in rosso.
La chance in MLS e la Nazionale
Il mese chiave è marzo. “Aaron, ti vogliono i New York Red Bulls”. Long dice sì senza pensarci e lascia Seattle. Viene inizialmente aggregato alla seconda squadra, ma il salto arriva poco dopo. Ad agosto, per essere precisi. Dopo aver vinto il campionato di USL da protagonista.
La prima volta non si scorda mai. Long debutta in MLS con addosso la maglia dei New York Red Bulls. Adesso si inizia a fare sul serio. Perché Aaron, una volta arrivato lì sopra, non scende più. In poco tempo si prende il posto da titolare e infine la Nazionale.
Quella maglia a stelle e strisce non gliel’ha più tolta nessuno di dosso. Se l’è guadagnata e adesso è il capitano della nazionale di coach Berhalter. Il Qatar sarà la chiusura di un cerchio, aperto nel 2014. Nel mezzo fallimenti, rivincite, infortuni - come la lacerazione del tendine d’Achille nel 2020 che lo ha tenuto fuori per circa 9 mesi - ma soprattutto sacrifici. Chissà quante volte avrà sognato di giocare una Coppa del Mondo e chissà quante volte ripenserà a quelle off-season passate a lavorare. Da muratore ai Mondiali, una delle favole più belle di Qatar 2022.