35 anni compiuti da qualche giorno, una squadra di campagna condotta fino all'Eccellenza. Sarri nel 1994 allenava l'U.S. Cavriglia, club di un piccolo Comune in provincia di Arezzo. Oggi ha cambiato nome e gioca in terza categoria, il tempo passa per tutti.
Giocava con la difesa a zona. Il suo Pjanic si chiamava Stefano Mugnai, centrocampista dai piedi educati. In attacco il solito tridente: non Ronaldo, Higuain e Dybala ma Iaiunese, Stilo e Corse. 22 gol in totale. La rivale non era l'Inter ma la Sansovino, che nella stagione 1994-95 subisce solo 15 gol (lui 25) e gli finisce sopra in classifica. Lo scontro diretto è un 2-2 spettacolare. Ad arbitrarlo è un certo Rocchi di Firenze. 24 anni dopo se lo ritroverà nella finale di Europa League. E domenica anche a San Siro.
24. Come gli schemi su corner che Sarri inculca nella testa dei suoi ragazzi. Il venerdì sera li convoca tutti a casa sua. Le fidanzate si intrattengono in salotto con la moglie, lui si chiude nello studio con i giocatori. Lì ha un libro da centinaia di pagine, in cui sono riportati vita, morte e miracoli degli avversari. Sulla scrivania anche qualche videocassetta presa dallo studio televisivo più vicino. Masticava calcio.
Poi le scaramanzie. Dal tè che doveva essere versato sempre dalla solita persona alle 500 lire da bruciare prima di ogni partita. Dovesse mai decidere di gustarsi la prima puntata di 1994, chissà a cosa penserebbe. Magari a quel maledetto gol di Bui all'85', che costò i due punti al Cavriglia. Era il 2 ottobre 1994 e giocava contro la Sinalunghese.
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