Milan, ricordi Merkel? “Ora viaggio e mi diverto. Che momenti con Ibra!”
Uno scudetto a 19 anni con il Milan di Ibra e Allegri, poi il giro del mondo con il pallone tra i piedi. Ripartito dalla Turchia, Merkel si racconta
“Roller Coaster”. Montagne russe. Nessun luna park, è la vita di tutti i giorni: immagina di svegliarti nello spogliatoio del Milan e di giocare con Ibra, Cassano, Pirlo e Gattuso. Poi, un crollo inaspettato. Appena 46 presenze in 5 stagioni, vagando fra Inghilterra, Svizzera, Italia e Germania. Quando stai per toccare il fondo, però, irrompe un nuovo exploit.
“Un giorno sei su, poi ti ritrovi giù. E a un certo punto, all’improvviso, scopri di essere tornato in alto e ti senti al top. Bisogna prenderla con filosofia: come si dice roller coaster nella vostra lingua?”. Dieci anni dopo lo scudetto vinto con la maglia del Milan, Alexander Merkel rispolvera il vocabolario di italiano, per raccontare (anche) la sua seconda giovinezza ai microfoni di gianlucadimarzio.com.
Alexander, infatti, di mestiere fa ancora il centrocampista e da ormai quattro stagioni ha ripreso a giocare con continuità. Dopo essersi ritagliato uno spazio importante in Austria, in Eredivise e negli Emirati, in estate è tornato in Europa accettando l’offerta dei turchi di Gaziantep. “Non la conosce quasi nessuno, ma la città è grande e molto bella. Siamo vicini alla Siria, infatti fa ancora caldo. Qui ho trovato una squadra con un progetto importante e uno stadio bellissimo”.
30 anni da compiere a febbraio, Merkel ha già collezionato 10 presenze, un gol e un assist. Il suo Gaziantep è 12º in classifica, Alexander gioca ancora con il 52, lo stesso numero dell’esordio ai tempi del Milan. “Non ho mai smesso di seguire la Serie A, figuriamoci i rossoneri. Possono vincere lo scudetto, anche se non ci sono tanti campioni come dieci anni fa. In compenso, la nuova società sembra brava nel lavoro con i giovani. Spesso la gente dimentica che i calciatori sono esseri umani: un gol all’esordio non ti rende un fenomeno, un passaggio sbagliato non fa di te un bidone. E’ giusto coltivare il talento, ognuno ha bisogno dei suoi tempi per affermarsi”.
Il Milan di Ibra
I risultati del lavoro di Maldini & Co sono sotto gli occhi di tutti: 32 punti e ancora nessuna sconfitta in questa Serie A. “Vederli in vetta mi fa piacere, è ora che gli avversari tornino a temere il Milan come succedeva in passato. Con uno come Ibra in campo, in effetti, non potrebbe essere diversamente…”.
Al di là delle ottime scelte fatte dai dirigenti, una svolta importante in casa Milan è arrivata proprio grazie a Zlatan. “Già nel 2011, Ibra riusciva a distinguersi in ogni allenamento, anche se a quei tempi c’erano tanti top players in squadra. Pretendeva il massimo da tutti e quando si incazzava faceva davvero paura. Grande e grosso com’è, gli basta guardarti per farti capire come funziona. Se giochi con lui, devi dare il massimo. Nessuna paura di sbagliare, bisogna essere convinti dei propri mezzi. Se ti manca questo, Ibra non ti dà pace”.
Oggi, la musica non è cambiata: “E’ sempre stato un fenomeno, ma non mi aspettavo di vederlo così a 40 anni. Per il Milan è un’arma in più, la sua leadership sarà fondamentale nei momenti clou. Nell’anno dello scudetto, ricordo la sua reazione dopo l’1-1 in casa del Genoa”. I rossoneri pareggiarono la seconda partita consecutiva, l’Inter invece vinse contro Bari e Roma: con il fischio finale del Marassi, la squadra di Allegri aveva perso 4 punti di distacco in una settimana. “Eravamo tutti arrabbiati, ma Ibra era un caso a parte. All’ingresso dello spogliatoio c’era un thermos gigante, pesava non so quanti chili. Zlatan lo fece volare in un attimo dall’altra parte della stanza, calciandolo come se fosse un pallone sgonfio. Mi sono sempre chiesto come sia riuscito a non spaccarsi il piede”, ricorda Merkel.
Il rapporto con Allegri
Non solo Ibra: al Milan, Alexander ha lavorato pure con Allegri: “Lo ringrazierò per tutta la vita. E’ stato il primo ad avere fiducia in me. E’ tra i migliori al mondo: lo dimostrano i successi con Milan e Juve, sono convinto che farà bene anche ora che è tornato a Torino. La squadra non è forte come un tempo, il mister però è bravo a tirare fuori il meglio da tutti, sfruttando la frenesia dei giovani e l’esperienza dei più anziani”.
“Certamente, bisogna dargli tempo: quando finisce un ciclo, serve pazienza per tornare al top. Cambiare allenatore non sarebbe una soluzione, lo dimostrano i tanti Milan del post-scudetto”.
Il giro del mondo
Dall’Italia alla Turchia, Merkel ha giocato in otto Paesi. L’esordio in Serie A, poi Inghilterra, Svizzera, Germania, Austria, Olanda, Emirati e, adesso, Gaziantep: il giro del mondo… con il pallone tra i piedi. “E non è ancora finita! Quando sei un calciatore e ti trasferisci per lavoro sembra tutto più semplice: il club ti aiuta a trovare casa, ad ambientarti, tutti fanno in modo che ti senta a tuo agio. E’ una fortuna incredibile, che voglio continuare a sfruttare per scoprire nuovi luoghi e nuove culture”.
Dal Duomo di Milano ai grattacieli degli Emirati, la Merkel Roller Coaster è ancora in viaggio. E non ha intenzione di fermarsi. “Prossima tappa? Non lo so, ma se gioco a calcio sono sempre felice. Vediamo che succede: un giorno, mi piacerebbe tornare in Serie A…”.