“Mario non devi mollare!”, parola di Lorenzo Insigne. Prezioso: “La Vibonese la mia isola felice”
Il calciatore della Vibonese si racconta per gianlucadimarzio.com. Dall’Empoli alla Vibonese. Nel mezzo il Napoli, Saurini e Calabro. Dalle gare in piscina con Milik alle parole di Insigne. Il racconto di un predestinato che non smette di credere nel suo sogno
Nel calcio spesso ci si sente invincibili, forti. Spesso invece molto vulnerabili. Quella di Mario Prezioso è la classica storia di un predestinato. Un talento puro, cristallino. Una strada già segnata, ma come spesso accade nel calcio, frenata da imprevisti e infortuni. Cresciuto a – pane e pallone – si racconta per gianlucadimarzio.com: “Sono nato in un campo di calcio”. Già, perché Mario sin da piccolissimo, seguiva sempre suo padre presidente di una scuola calcio: “Stavo sempre sul campo insieme a lui e agli altri ragazzi”. Un gioco, inizia sempre così l’avventura di un ragazzo con quella palla che rotola: “All’inizio per me il calcio era un divertimento. Giocavo sempre anche a casa e con gli amici”. Qualcosa è cambiato con il passaggio alla scuola calcio di Castel Cisterna. Si quella dei Montella, Lodi e Di Natale per intenderci: “Sono passato alla scuola calcio di Lorenzo D’Amato, e ad 11 anni sono andato via di casa”, direzione Empoli: “L’Empoli mi ha voluto fortemente. E’ stata dura andare via da casa, ero molto piccolo, ma anche felice perché passavo in un ambiente professionista. Mi mancavano molto gli affetti. Ricordo che i miei quasi tutte le settimane venivano a trovarmi”. Il primo allenatore fondamentale per Mario, è stato Simone Bombardieri: “Mi ha aiutato a crescere tantissimo, mi trattava veramente come un figlio”. Il ricordo più brutto? Facile: “Nei Giovanissimi Nazionali rimasi fermo 4 mesi per un problema al quinto metatarso, era dura restare fuori”. Ma sarà solo il primo di tanti ostacoli da superare. Il più bello: “Il goal nel derby con la Fiorentina. La partita più sentita dell’anno”.
Un filo sottile, dall’azzurro dell’Empoli, a quello della sua squadra del cuore. Finalmente il Napoli: “Prima di andare ad Empoli il Napoli mi aveva cercato. Quando si è ripresentata questa possibilità, mi sentivo il ragazzo più felice del mondo, perché il Napoli è sempre stato speciale per me”. Mario non ci ha pensato due volte: “Non volevo altro che il Napoli. Ho avuto anche la possibilità di riavvicinarmi a casa, e questo mi ha aiutato anche nelle prestazioni in campo nel dimostrare il mio valore”. Gli anni più importante sono stati quelli in Primavera, sotto la guida di Giampaolo Saurini: “E’ stata una figura fondamentale. Spesso mi bastonava, ma mi ha fatto crescere tanto anche umanamente”. Cosa ricordo? Mi diceva sempre che dopo la Primavera non avevo ancora fatto nulla, ma che da lì iniziava tutto e bisognava andare sempre a mille perché nel calcio nessuno ti regala niente”. Il ricordo più bello, invece coincide anche con quello più brutto: “Il ricordo più emozionante è quello degli Ottavi di ritorno di Youth League contro il Real Madrid al Di Stefano, fu una beffa perché siamo usciti per un goal al ’94°. Fu una delusione incredibile, eravamo ad un passo dal fare la storia”.
Dopo le esperienze di Melfi e Teramo, arrivò la Virtus Francavilla, un’esperienza che lo segnò e cambiò profondamente: “Andai alla Virtus perché il direttore Trinchera mi volle fortemente, volevo mettermi in gioco. Sentii subito la fiducia sin dal primo giorno”. Un gruppo fantastico, che a sorpresa raggiunse i playoff e fu eliminato per colpa di due pareggi dal più quotato Livorno: “Fu un anno incredibile! In casa eravamo un rullo compressore. Eravamo un gruppo unitissimo, e comunque c’è rammarico per essere usciti dai playoff, credevamo nell’impresa”. Virtus Francavilla che inevitabilmente vuol dire Antonio Calabro: “Calabro è stato fondamentale per la svolta della mia carriera. Il primo giorno di ritiro mi disse: “Se non cambi mentalità non ti faccio giocare mai” mi fece capire che dovevo crescere non ero più un ragazzino”. Poi ci racconta: “La prima partita, in spogliatoio mi disse “Questo per te è un treno che sta passando ora sta a te salirci”. Mi ha responsabilizzato tanto”. Poi la promessa: “A fine anno mi promise che mi avrebbe portato con sé. Andò al Carpi e per me si aprirono le porte della Serie B – e nel frattempo – mi chiamò Giuntoli, dicendomi che il Napoli voleva puntare ancora su di me, il rinnova era cosa fatta”.
L’esperienza a Carpi, non è mai realmente iniziata, colpa, neanche a dirlo, di un brutto infortunio: “Sapevo di dover dimostrare tanto, ma dopo dieci giorni mi feci male. Avevo bisogno di continuità, ed a Gennaio decisi di andare via. Calabro mi disse “Devi recuperare perché qui ci puoi stare tranquillamente, devi giocare per riprenderti. Dimostra quelloche sei e riconquisterai quella categoria”. La riabilitazione, avvenne a stretto contatto con Milik e non solo: “Feci la riabilitazione a Castel Volturno con Milik. Si vedeva che oltre ad essere un grande calciatore era una grandissima persona”. Un ricordo? “Una volta abbiamo fatto una sfida a nuoto in piscina, fu molto divertente”. Un giorno poi, andando via da Castel Volturno, arrivarono le parole di Lorenzo Insigne, mai banali: “Non devi mollare, questi sono piccoli imprevisti che capitano, ma devi crederci!”.
Questa estate lo sbarco in Calabria, destinazione Vibo Valentia: “La società mi ha voluto fortemente. Non ci ho pensato due volte e sono contento di questa scelta” . La Vibonese per Mario è una vera e propria isola felice: “Ci sono persone fantastiche, siamo un bellissimo gruppo. Qui si sta alla grande! Ora sto finalmente bene sia fisicamente che psicologicamente. Siamo una squadra che non ha paura di niente, siamo umili e tenaci. Vogliamo provare a raggiungere i playoff”. E mister Orlandi? “Mi da tanti consigli, spesso si arrabbia,”Mario passa la palla!” sono innamorato del pallone”.
Il sogno? E’ Presto detto: “Giocare al San Paolo con la maglia del Napoli sarebbe un’emozione incredibile. Adesso però penso a fare bene con la Vibonese, e riprendermi quello che gli infortuni mi hanno tolto”. Spesso insomma le cose non vanno come si vorrebbe, o semplicemente come dovrebbero. Ma il talento si! Può e deve battere gli imprevisti.
A cura di Francesco Falzarano