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B come Battocchio, e Brest: “Questa città mi ha cambiato la vita, ora sfido Neymar e Mbappè”

Un po’ francese, un po’ italiano e molto argentino. Cristian Battocchio è una sorta di cocktail che ha come base forte e inconfondibile il calcio. Il sangue è quello di Rosario, l’esplosione l’ha avuta in Italia (tra Udinese e Virtus  Entella), ma la consacrazione la sta vivendo a Brest. Sì, proprio la città dove è nato Gonzalo Higuan e dove Battocchio è tornato a gennaio per completare quello che aveva solo iniziato due anni fa. «Qui ho passato i due anni migliori della mia carriera. Quando nel 2015 mi è arrivata la proposta per venire in Francia non ci ho pensato un attimo: mi piaceva il progetto e mi sono ritrovato nel mondo migliore per me».

Alla sua seconda stagione hanno sfiorato cla promozione in Ligue 1 bruciando un vantaggio di 10 punti a 6 giornate dalla fine. «Abbiamo avuto dei problemi soprattutto con gli infortuni e non siamo saliti. Poi l’anno scorso la squadra ha perso ai playoff». Ma lui l’anno scorso già non c’era più. «Ero a fine contratto a Brest e mi è arrivata la proposta dal Maccabi Tel Aviv». Dove a convincerlo è stato l’allenatore. «C’era Jordi Cruijff che parlava spagnolo, mi ha chiamato e mi ha convito subito».

Valigia pronta alla scoperta di una città tutta nuova. «Tel Aviv è pazzesca. Non me l’aspettavo proprio. Si vive bene. e io mi sono trovato alla grande. Per altro fa caldo tutto l’anno, quindi perfetto per me». Anche il campionato non è male. «Ci sono 6 o 7 squadre che giocano per vincere il titolo e le altre lottano per rimanere in serie A. Al Maccabi sono veramente malati per il calcio. Prima del derby con l’Hapoel avevamo i tifosi che venivano agli allenamenti a caricarci». E anche grazie alla loro spinta nel periodo in cui Cristian è stato lì sono arrivate due coppe di lega.


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Ma la città di Brest ha una sorta di calamita per questo 27enne argentino con un passato nell’Under 21 italiana di Di Biagio. «L’Europeo del 2015 è stato bellissimo. Ancora oggi sono in contatto con molti di quei compagni. Verdi, ad esempio, era con me in stanza e qualche giorno fa mio padre era di passaggio e Napoli e lui lo ha ricevuto per regalargli una maglia». Ma dicevamo di Brest. «A gennaio veniva da un infortunio e avevo bisogno di giocare per rimettere minuti nelle gambe. Al Maccabi mi restavano solo 6 mesi di contratto e quando è arrivata la chiamata dalla Francia ho sentito il fuoco dentro».

Detto, fatto. Ritorno a Brest con un unico obiettivo: chiudere quel cerchio rimasto aperto due anni fa. «Ho sempre detto che questa è la mia seconda casa e infatti volevo centrare un obiettivo importante». Quella promozione che finalmente è arrivata. «Che soddisfazione. Ce l’abbiamo fatta con una giornata di anticipo», anche grazie a un suo gol e a 3 assist preziosi per i compagni. Ma non è tutto. «Brest per me vuol dire anche altro perché qui in Francia ho trovato l’amore. Quando giochi ti trovi bene ovunque, ma in questa città la gente è eccezionale e ti accolgono alla grande».

La prima volta che è arrivato a Brest ha ricevuto la chiamata dal fratello di Higuain. «Sapeva che ero argentino e mi ha chiesto se avevo bisogno di una mano per integrarmi. E’ stato molto gentile». La seconda volta, però, sapeva già tutto da solo. «Ho ritrovato qualche vecchio compagno, ma sopratutto tutto lo staff tecnico e quello stile di gioco che è rimasto invariato».

Tornare, però, non vuol dire sottrarsi al rito di iniziazione dello spogliatoi. «Qui sapevano che sono un appassionato di musica e così mi hanno costretto a portare un piano nello spogliatoio e ho cantato per loro». Perché dopo il calcio la sua prima passione è la  musica. «Quando ero in Italia avevo tanto tempo libero dopo gli allenamenti e così ho iniziato a studiare da solo con dei video online. Prima ho iniziato con la chitarra e poi mi sono messo sulla tastiera. Il mio genere preferito è al cumbia, tipica musica di quelli nati a Rosario».

A ritmo di musica ha festeggiato anche la promozione e adesso sogna di sfidare Neymar e Mbappè il prossimo anno. «Giocare contro il Psg era quello che desideravo dal primo giorno in cui sono arrivato a Brest. Ora dipenderà da me e dalle scelte del prossimo allenatore. Ho ancora due anni di contratto e voglio dare il massimo per restare in squadra». E a Brest, la città dei suoi sogni con vista su un Oceano di emozioni.