Istanbul Başakşehir, un primato che parla anche italiano. Napoleoni: “Vi racconto la mia esperienza in Turchia”
İstanbul Başakşehir solo in vetta alla classifica della SüperLig: che succede in Turchia? Il piccolo club nato nel 2014 guarda dall’alto le grandi Galatasaray, Besiktas e Fenerbahce, grazie anche alle giocate e ai gol dell’italianissimo Stefano Napoleoni. “Napo” è alla sua terza esperienza in un campionato estero e stavolta sembra arrivato il momento giusto per vincere qualcosa di importante. Stefano, allora diccelo tu, che succede in Turchia?
“Non era certamente l’obiettivo di inizio stagione” – dichiara un sorridente Napoleoni ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com –“Ma adesso siamo in vetta e vorremmo restarci: ci abbiamo provato gusto. Non pensiate che sia facile!Ci sono squadre tecnicamente superiori ma noi abbiamo un piccolo vantaggio, non abbiamo le loro pressioni, non dobbiamo vincere a tutti i costi. Vedremo come andrà a finire. Il livello è molto alto, il calcio turco è tecnico ma anche fisico. E’ un campionato molto simile a quello italiano, solo meno tattico”.
A Istanbul hai trovato il “Maradona del Bosforo” ad accoglierti. Emre ha facilitato il tuo inserimento? “Belözoğlu era l’unico che conosceva l’italiano ed è stato molto gentile fin dall’inizio. Mi ha detto che per qualsiasi cosa potevo chiedere a lui e così è stato. Non è solo un ottimo giocatore, ma anche un bravissimo ragazzo, capitano vero. Solitudine? (ride) Ci ho fatto un po’ l’abitudine, da un po’ di anni mi sono sempre ritrovato solo in campionati stranieri. Per fortuna qui in Turchia vivo con la mia ragazza e vengono spesso i miei genitori a trovarmi e appena posso torno a Roma. Provo a non avere tanta nostalgia”.
In SüperLig ci sono diversi campioni, chi ti ha colpito di più? “Poche settimane fa abbiamo giocato contro l’Antalyaspor e in squadra hanno Eto’o e mi ha impressionato per la facilità con la quale gioca. Basta vedergli stoppare il pallone per capire che è di un’altra categoria, è un piacere vederlo giocare: fa apparire tutto semplice, ma non è così. Poi ci sono Sneijder e tanti altri campioni, ma Samuel è in assoluto quello che mi ha impressionato di più”. Ambiente e clima partita? “Bellissimo. Gli stadi sono quasi tutti nuovi, l’affluenza elevata. I turchi hanno una passione enorme per il calcio e quando vai a giocare in impianti come quello del Besiktas, del Galatasaray, del Fenerbahce il calore del pubblico è fantastico, ti fa salire l’adrenalina a mille: cantano per novanta minuti. Questo vale anche per le squadre meno blasonate”.
Tu sei un giramondo, sei stato in Polonia, al Widzew Łódź, e in Grecia, nel Levadeiakos e Atromitos, mai arrivate offerte dall’Italia? “Ci sono state (Siena, tra le altre) anche dalla A, ma non ho potuto prenderle in considerazione perché alla fine non erano così serie da potersi concretizzare. Comunque io all’estero sono sempre stato trattato in modo squisito e mi sono trovato benissimo ovunque sono andato, non mi posso lamentare”. Hai tantissimi tatuaggi, ma ce n’è uno speciale, vero? “Tantissimi, ma quello al quale tengo di più è quello che ho tatuato su un fianco: lo mostro anche dopo i gol. Raffigura il Colosseo, il simbolo della mia città, Roma. Rappresenta tutto quello che ho lasciato in Italia: famiglia, amici, la squadra del cuore. E’ il più importante e significativo”.
Come si vive in Turchia? “Bene e Istanbul è bellissima. Mi piace tantissimo esplorare le città in cui mi porta la mia professione. Dalle passeggiate per i vicoli del centro alle visite ai monumenti storici. Dedico tutta la mia vita al calcio e queste pause mi permettono di rigenerare nel migliore dei modi le energie mentali. Soprannome? Mi chiamano ‘Napo‘ o ‘Italiano‘. Con il fatto che sono sempre all’estero i compagni, per scherzo, mi chiamano così. Non c’è invece un soprannome legato al campo. Turco? E’ una lingua difficile. In squadra però siamo avvantaggiati perché abbiamo il traduttore e per qualsiasi cosa possiamo chiedere a lui. Per fortuna poi parlo anche altre lingue, tra cui l’inglese e riesco sempre a farmi capire. Con il turco mi sto impegnando ma devo ammettere che non è facile, molto lentamente sto imparando, ma ci vorrà ancora tempo (ride di nuovo)”.
Se tu non fossi riuscito nel calcio cosa avresti fatto? “Bella domanda, è una cosa alla quale non ho mai pensato fino in fondo. Da quando ero piccolo avevo il sogno di diventare calciatore e ho avuto la fortuna di avere una famiglia alle spalle che mi ha assecondato. Ci sono riuscito e quindi non ho mai pensato a cosa avrei potuto fare. Ho un tatuaggio “Memento audere semper” che in latino significa ‘Ricordati di osare sempre’: è una frase che mi ha accompagnato per tutta la vita. Ho osato e ci sono riuscito…”. Fede calcistica? “Sono tifosissimo della Roma e vivo intensamente le partite anche a distanza. Il mio idolo,da ragazzino era Roberto Baggio e per questo ho sempre portato il codino, anche se magari i capelli davanti erano corti. Poi con il tempo al ‘Divin Codino’ ho affiancato Francesco Totti, il mio idolo in assoluto. Grazie alla grande passione di papà per i giallorossi ho avuto la fortuna di conoscerlo durante gli allenamenti, di seguirlo da vicino e di fare anche qualche foto: prima era più facile”.
Cosa pensano degli italiani in Turchia? “Mi hanno accolto molto bene e ci vedono come un modello di riferimento per il calcio. E poi amano l’Italia per la cultura, il cibo, la moda. Grazie alla bellezza del nostro paese siamo molto stimati. Per altre cose magari, come la politica, ci sfottono un po’. Però ci adorano e appena possono vengono a visitare le nostre bellissime città”. Sogno più grande? Altra risata e poi un grande sospiro. “Va bene, si parla di cose quasi irrealizzabili quindi esageriamo... Visto che in Italia non ho mai giocato a livello professionistico, magari poterlo fare nella Roma sarebbe il massimo. Ecco, se parliamo di sogni, quello per me è il più grande…”. In fondo un bomber di scorta fa sempre comodo…