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In viaggio per Lisbona. Un allenatore portoghese in Cina? La storia di André Calado: “Quella un’altra vita”

Sull’aereo per Lisbona c’è un ragazzo ricoperto di buste, bustine, scartoffie. S’intravedono parole in cinese, sparse qua e là. Tutte ovviamente indecifrabili. Eppure quando apre bocca si comprende il portoghese uscire dalle sue labbra; sussurrato, lieve, ma inconfondibile anche per chi la lingua non la mastica. ‘André Calado’. Piacere. Sta tornando a casa André, dopo 15 mesi di Cina. “Cosa non si fa per inseguire il proprio sogno” ce lo sussurra quasi in italiano. Professione: allenatore di calcio. Non lo perdiamo di vista.

Una passeggiata lungo la riva del Fiume Tago, poi ecco il Red Store, famoso negozio del Benfica con tanto di bar abbellito da sedie che riportano nome e numero dei giocatori che hanno fatto la storia di questo club. André ci offre un biccherino di Ginja, un liquore portoghese tipico, pieno zeppo di amarena imbevuta nell’alcool, zucchero e tanto altro. Poi inizia a raccontarci la sua storia, tra gli esordi all’Amora Football Club, come vice, e la scuola calcio del Benfica ad Almada Benfica Generation Soccer School che lo impegna per ben sette anni. Fino alla chiamata dell’amico Joao: “Pronto André, stanno cercando allenatori in Cina, possiamo cambiare vita, possiamo avere un nuovo progetto”. Proprio dove negli ultimi anni Luis Figo ha fondato diverse Academies. “Accettare è stato facile”. E qui viene il bello. Lisbona-Cina, un bel cambio di vita, soprattutto di vita. Ad aspettarlo ecco la “Winning League Figo Football Academy” a Xi’an, e André diventa l’allenatore del “Devexplorer Football Club”. Ma l’impatto non fu così rosa e fiori. Cielo grigio per il tanto smog di Pechino, una settimana in hotel con tanto di colazione a base di uova sode e riso. E via così, anche in campo. I bambini (7-15 anni) che André si ritrova davanti sono timidi, schematici ma anche “poco creativi”. “Lo specchio di quella società. Parlavo solo e sempre io. Io ed il mio traduttore. Loro sempre zitti, quasi guai a fiatare. Eseguivano e stop. Anche i più grandicelli facevano fatica a imparare bene bene le regole base: le differenze tra calci d’angolo e calci di punizione, tra quando è gol e quando è fuori. Pensate… dopo un gol nostro ho dovuto urlare a uno dei miei ‘Ehi, hai fatto gol! Esulta!’ giusto per farvi capire”. Vita fatta di esigenze: andare a scuola, frequentare un buon college, trovare una ragazza, celebrare un matrimonio, fare dei figli. Mentalità diversa. Dopo mesi di duro lavoro, finalmente le partite giocate, quelle ufficiali e lì… “Ah quanta competitività! Far capire loro che vincere non è l’unica cosa che conta è difficilissimo. Infatti alla prima sconfitta scoppiano a piangere”. L’altro problema delle partite sta nel mantenere i genitori a debita distanza dall’area tecnica. “Venivano in panchina quasi! E parlavano con i giocatori”. Così André ci confessa: “Dopo aver allenato per 15 mesi in Cina posso allenare ovunque”. Anche se al momento dell’addio, le lacrime sono state soprattutto le sue. Lacrime portoghesi di chi si affeziona e non dimentica. “La vita nel mondo del calcio è così, un giorno sei a Lisbona il giorno dopo puoi essere in Cina, è davvero imprevedibile”. Si torna al presente. Lisbona. Break alla “Cervejaria Trindade”, ristorante tipico, nel Bairro Alto di Lisbona. Una pacca sulla spalla e ‘boa sorte’. Noi a lui, André. Lui a noi. Immersi in questa nuova avventura portoghese che scoprirete nel corso delle settimane, sempre su GianlucaDiMarzio.com.

A cura di Marco Notaro e Matteo Moretto.