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Il Pro Piacenza sciopera. Scardina: “Truffati. Pagavamo per giocare”

Un cancello chiuso. La nebbia che avvolge Piacenza e uno stadio tristemente vuoto. Domenica 23 dicembre, il calcio resta fuori dal Garilli. Sciopero. Parola inusuale per chi gioca a pallone, scelta obbligata per chi lavora senza essere pagato.

Pro-Piacenza-Pro Vercelli sarà uno 0-3 a tavolino. Fredda cronaca. Ma dietro c’è un mondo. “Ho visto quelle immagini, me le hanno girate su whatsapp. Mi hanno fatto tristezza, ma sapevamo che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, purtroppo”. A parlare – in esclusiva su gianlucadimarzio.com – è Filippo Scardina, attaccante della Pro Piacenza in questa prima parte di stagione. Si trova a Osimo, circondato dall’affetto della sua famiglia a due giorni da Natale. “Questa mattina sono andato a correre lungo il fiume. Non smetto di essere un professionista. Io, come tutti i miei compagni”.




Ci racconta la sua storia e quella dei suoi compagni mentre il resto della serie C è in campo per la giornata numero 18. “Giovedì abbiamo fatto le valigie. Basta, non aveva più senso continuare a sperare in promesse puntualmente disattese”. L’ennesima scadenza non rispettata, il nuovo “schiaffo” del presidente Maurizio Pannella a un gruppo di lavoratori del calcio. “Siamo stati tutti truffati. Noi calciatori e tutte le persone che lavoravano per noi. Dai direttori sportivi ai magazzinieri. In questi mesi abbiamo pagato per giocare. E non tutti se lo potevano permettere”.

Filippo ha 26 anni e la rabbia di chi ha passato un inferno surreale. Ha segnato 4 reti in 15 partite e chissà quante sarebbero state in un contesto accettabile. “Ho visto i ragazzi più giovani tornare a casa dalle loro famiglie perché non avevano i soldi per vivere fuori. Gente che lasciava le case in affitto e girava di casa in casa aspettando una soluzione. Ragazzi che si facevano prestare i soldi per fare colazione. Ci hanno pagato solo luglio e agosto senza i contributi. I ristoranti dove andavamo all’inizio, dopo poche settimane ci hanno chiuso la porta. Nessuno saldava i conti. Abbiamo provveduto finché è stato possibile, poi abbiamo detto basta”.

Mesi col magone ad aspettare invano i bonifici. Le cifre del grande calcio sono un miraggio in serie C. Stipendi medi, tra i 2 e i 4 mila euro. Anche quelli, purtroppo per i ragazzi del Pro Piacenza, sono rimasti un miraggio. “Io e altri miei compagni abbiamo messo in mora la società fin da ottobre, quando ci siamo resi conto come stavano le cose. Perfino la fidejussione era fasulla. Il presidente si è sempre mostrato garbato con noi. Diceva che avrebbe sistemato tutto, che era colpa degli sponsor inadempienti, ma la situazione gli è totalmente sfuggita di mano”.





E pensare che le premesse estive erano completamente diverse. Una campagna acquisti importante, il fuoco d’artificio finale con l’arrivo di Ledesma, le voci ricorrenti del possibile ingaggio di Gilardino. Una grande bolla di sapone destinata a scoppiare. “Pensavo di essere arrivato in un contesto importante. Si parlava di assalto alla serie B. L’arrivo di Christian sembrava una garanzia. Lui è stato esemplare sempre. Ha tenuto duro come tutti noi. E alla fine se n’è andato, inc…ato nero. Raggirato da chi non sapeva fare calcio”.

Il futuro per Filippo e gli altri è un’incognita. “Abbiamo seguito i consigli dell’associazione calciatori. Ci sono stati sempre vicino in queste settimane. In molti abbiamo subito messo in mora la società e firmato lo svincolo. Dall’11 gennaio potremo vestire una nuova maglia. E forse un giorno prendere quei soldi che abbiamo dovuto versare dall’inizio. C’è chi non ha nemmeno la speranza di vederli però: penso a tutte le persone che hanno lavorato per noi dalle 8 di mattina alle 8 di sera. Hanno una famiglia e dei figli. Non è giusto, non è accettabile fare un buco di queste proporzioni”.

L’affitto non pagato del Garilli, gli stipendi non corrisposti a giocatori, dirigenti, staff e lavoratori dell’indotto. Tutti ad aspettare una svolta mai arrivata. Fino allo sciopero di oggi. Se, come pare ormai scontato, non arriveranno i soldi entro la mattina del 24, ne seguirà un altro: niente sfida alla Juventus B, né al Siena. Poi ci sarà la sosta e alla ripresa ne arriverà un altro. Il quarto, quello che significherebbe radiazione. Fine dei giochi, se di gioco si può ancora parlare in un contesto simile. “La cosa più assurda è che il presidente continuava a mandare via persone: 4 direttori sportivi, mister Giannichedda esonerato. È arrivato Maspero come nuovo allenatore. Entrambi hanno fatto un grande lavoro con noi. Ci hanno trattato da professionisti, cercando di farci dimenticare le difficoltà quotidiane. Eravamo partiti con tre vittorie e un pareggio. Poi è calato il buio. In spogliatoio si parlava di come tirare avanti, più che della partita che sarebbe arrivata. Vedevamo andare via una persona dopo l’altra: dirigenti, medici, massaggiatori. Una follia”.




La classifica dice che se il campionato finisse oggi, il Pro Piacenza sarebbe salvo: 15 punti in 15 partite. Quindicesimo posto, un gradino sopra i playout. Ma è solo un dettaglio, perché questa squadra, nata nel 1919, non riuscirà molto probabilmente ad arrivare al centenario. “È un peccato perché siamo un gruppo importante, avremmo potuto fare ottime cose. Faccio un appello a tutti i direttori sportivi della serie C: il Pro Piacenza ha ottimi giocatori in ogni reparto. Spero che nessuno resti a casa. Già passarci il Natale è dura per chi è abituato in questi giorni a pensare alla prossima partita, anziché al cenone”.

Inutile guardare sotto l’albero. Meglio aspettare la chiamata di qualche società per gennaio. “Abbiamo stretto i denti in questi mesi, per farci vedere. Per avere un’altra occasione altrove. Ce la meritiamo, tutti. Questo non è il calcio che sognavo da bambino, ma voglio crederci ancora”.

Correre lungo un fiume, continuando a sognare un pallone. Ripensando magari al Natale del 2009. Pochi giorni prima, a Sofia, era andato a segno in Europa League con la maglia della Roma. Su assist di Perrotta, lanciato da Claudio Ranieri. Se Babbo Natale esistesse, magari gli chiederebbe di rivivere la magia di quei giorni. O forse soltanto la sicurezza di un lavoro pagato.


Credits photo: Amarcord Fotovideo Srs