Il calcio spagnolo gira attorno a Piqué: traditore o eroe, di certo personaggio eccezionale
Gerard Piqué al centro del calcio spagnolo, tutto gira attorno a lui. Piqué sì Piqué no, dentro o fuori, traditore della patria o portavoce di una minoranza che vuole far sentire la sua voce. E lui? Impassibile, almeno all’apparenza. Non c’è fischio, insulto e striscione che possa turbarlo, che gli faccia abbassare la testa – e in occasione del primo allenamento a Las Rozas della Roja tutto questo c’è stato eccome. Il dibattito coinvolge gran parte della Spagna, una personalità così fa sempre parlare di sé; non serve nemmeno tirare in ballo la politica.
Uno come Piqué non può non scatenare dibattito, la sua personalità eccezionale – intesa come unica, insolita – finisce spesso per diventare tema di gran parte delle trasmissioni sportive e delle prime pagine dei quotidiani. Succede quando lancia l’#AskPiqué su twitter, quando provoca pubblicamente i compagni di Nazionale che vestono la maglia del Real Madrid o quando commenta sui social gli episodi arbitrali dubbi delle altre squadre. Tre puntini di sospensione, una emoji, una foto ed è bufera. A Barcellona lui è il Presi, un riconoscimento della piazza guadagnato con intelligenza e con una capacità di analisi che va anche oltre il calcio.
E’ stato – ed è, oggi anche di più – il separatista più esplicito insieme a Guardiola, l’indipendentista simbolo in cui tanti catalani si rivedono. Sì è sempre esposto, è il protagonista calcistico della Catalogna che è andato pubblicamente a votare e che non voleva giocare contro il Las Palmas domenica. Nel post partita ha poi espresso tutta la sua fierezza fino a commuoversi: una piccola crepa nella sua corazza da duro e impermeabile a tutto. Per alcuni è solo uno sbruffone totalmente incapace di mordersi la lingua, per altri rappresenta l’amore per i suoi colori, per la sua terra, per le sue tradizioni da difendere ovunque. Per questo Piqué è un personaggio eccezionale come pochi altri. Perché divide, agita e fa riflettere.
Le ideologie extra-campo si possono tranquillamente tralasciare. “Voglio che Real Madrid perda sempre, io sono così” è la frase simbolo di un pensiero condiviso da tanti ed espresso da pochi. Gerard, che fa della passione il motore delle sue (sempre forti) dichiarazioni, genera empatia e disprezzo senza una via di mezzo. Caratteristica di chi ha una grande personalità e non ha paura di essere sincero. Non riesce a guardare solo in casa sua, parla di tutto senza filtri e ben consapevole di ciò che questo atteggiamento gli può costare. I tanti boomerang che ha lanciato in passato sono tornati indietro e non lo hanno risparmiato.
E’ stato il più fischiato durante l’ultimo Spagna-Italia al Bernabéu di Madrid, dai suoi stessi connazionali che non dimenticano il suo pensiero avverso al potere della capitale e il suo odio sportivo per il Real. E i recenti (infuocati) scontri al vertice tra le due squadre non hanno certo disteso il clima. Piqué è inseguito dai fischi anche su altri campi della Liga perché ha sempre difeso l’istituzione che rappresenta – il Barcellona – facendo anche fatica a parlare con il suo compagni di difesa in Nazionale. Non si contano nemmeno più le volte che lui e Sergio Ramos si sono pizzicati a distanza negli ultimi anni. Due che sono l’alfa e l’omega. Per la sua gente è un orgoglio e un punto di riferimento, per altri un nemico che non fa proprio niente per cambiare le cose.
A Piqué non manca nulla per essere un’icona. E siccome è tutt’altro che sprovveduto ha capito come sfruttare la sua posizione e anche bene. Nipote di un importantissimo ex dirigente del Barça, figlio della donna che dirige l’Institut Guttman – il primo centro di neuroriabilitazione in Spagna – e compagno di una rockstar di livello mondiale. Protagonista di una rissa da saloon nel tunnel dopo un Clasico nel 2011 e primo a congratularsi con gli stessi avversari vincitori poche settimane dopo. Alcuni ancora si chiedono se si sia trattato di pura essenza sportiva o di retorica… Lui è così e ora sarebbe anche pronto a fare un passo indietro per non creare problemi alla Roja. Nel frattempo si allena senza parlare in attesa di scendere in campo e lasciarsi le polemiche alle spalle con un’altra ottima partita. Ma questa volta è difficile dimenticare il trambusto degli ultimi giorni.
Non è ancora chiaro se il suo futuro sarà ancora con la Roja, con la maglia che tra tante controversia indossa (a modo suo) da 10 anni. Piqué continua a difendere le proprie idee che alcuni proprio non vogliono rispettare. La rottura è profonda e la Spagna riflette. Se queda o no se queda? Intanto vive una situazione che lui più di molti altri ha creato. Pro Piqué e contro Piqué. Ancora, come sempre.