Il Bayern, il sopracciglio, la voglia di rivincita: ti rialzerai Carletto
Non lo meritava, Carletto. Per quello che è, per quello che ha fatto, per quello che avrebbe potuto fare. Ma il calcio è così, d’altronde lo si dice sempre: gli allenatori pagano per primi, anche se hanno meno colpe degli altri. Meno colpe di una società che sul mercato non si è mossa come le concorrenti europee, meno colpe di alcuni giocatori troppo ”prigionieri” del loro nome e non più lucidi nel capire che, a volte, si può stare in panchina.
Amico dei calciatori” per quanto sa gestire lo spogliatoio, “Vincente” per quello che ha conquistato in carriera. Champions, Mondiali per Club, campionati e coppe. Un fenomeno della panchina, un genio con quel sopracciglio che lo ha reso famoso, vero, idolo. Obsoleto? Mai. Perchè Carlo Ancelotti non può passare di moda, non deve passare di moda.
Reggiana, Parma, Juventus. Prime vittorie, primi screzi. Poi Milan, rossoneri in cima al mondo, coppe su coppe e la voglia di estero. Chelsea, Psg, Real Madrid: “È un’esperienza unica che vale la pena vivere. Anche quando ti mandano via“. Perchè la Décima può non bastare. Due anni fa la scelta di emigrare in Germania, al Bayern Monaco: l’ufficialità a dicembre 2015, l’inizio a luglio 2016. Il Meisterschale, il quarto paese conquistato, la Spagna unica terra non totalmente conquistata. Perchè la decima Champions League è storia, così come il record condiviso con Bob Paisley, ma la Liga è una mancanza in quella bacheca di Reggiolo che di posti liberi ne ha veramente pochi.
Il Psg lo (ri)punta, il Milan lo (ri)sogna. Sì, proprio il Psg, esecutore di un destino clamorosamente beffardo per Carletto. Ritorno al passato? Perchè a Parigi pensano ad Ancelotti per giugno, a Milano il nome di Carletto non passa mai di moda (anche se è solo una suggestione). Pensiero dello scorso febbraio, profilo amato per questioni ambientali e di DNA vincente. Quello che potrebbe (ri)servire al Milan, quello che potrebbe (ri)servire al Psg. In base anche ai traguardi fissati per questa stagione sull’asse della moda, dalla Tour Eiffel al Duomo. Perchè Emery e Montella hanno degli obiettivi da raggiungere, Carletto ha del tempo per riflettere. Su tante cose, a partire da questo ultimo anno. Perchè ad allenare capisci che devi sempre migliorare, non puoi rimanere fermo. Aggiornamento continuo, con una costante: quel sopracciglio alzato non può e non deve sparire dalle panchine d’Europa.
Le vittorie non bastano. Le sconfitte pesano. Ma i trofei restano. E Carletto lo sa. Pronto fin da subito a ricominciare, magari prendendosi una pausa, ma le offerte, ad uno come lui, non mancano. Perchè Milan e Psg sono sì il passato, ma potrebbero anche ritornare ad essere il centro della sua vita in futuro. Ridando una lucidata ai trofei già presenti in bacheca, provando a fare ulteriore spazio per aggiungerne altri. Col sogno di superare Paisley, con la voglia di dimostrare che non se lo meritava. Non così, non dal Bayern Monaco.
Lascia un Bayern terzo in campionato dopo sei giornate, a tre punti in Champions League dopo due, con la Supercoppa tedesca vinta. Ed esposta sulla bacheca di Reggiolo, ulteriore dimostrazione di forza del “Vincente“. Perchè se conquisti tutto, difficilmente non vieni ricordato. E qualcuno, nel caso di Ancelotti, sta già pensando a lui. Perchè il futuro sarà ancora in panchina, deve essere in panchina. Con il solito sopracciglio alzato, con il solito accento emiliano, con la solita voglia di vincere.