Questo sito contribuisce all'audience di

I viaggi, il karate, il #5. Bassano, parla capitan Bizzotto: “Io e quel legame particolare con questa maglia. Vivo il presente ma so che a fine stagione potremo dire la nostra”

Difensore, numero 5 per scelta, capitano
orgoglioso di una squadra che a fine stagione intende dire la sua. L’obiettivo
sono i playoff (anzi, “guadagnarsi la posizione migliore di classifica per
affrontarli al meglio”) ma la testa è sempre solo alla prossima gara. Lo pensa
tutto il Bassano, lo dice il capitano: Nicola Bizzotto. Karateka mancato –
anche qui per scelta – uno a cui piace ‘fare la guerra’ con l’attaccante, a
sportellate in area, ma sempre con lealtà. Aperto, sincero. Come quando da
bambino faceva capire all’insegnante che il karate non era proprio la sua
disciplina. Ecco perché, alla fine, al karategi ha preferito maglia, calzoncini
e scarpini.

Una storia, la sua, che nasce in un paesino
vicino Bassano, Rosà, e in cui la sua famiglia ha avuto un ruolo fondamentale:
“Mio papà aveva provato a portare me e i miei fratelli a karate – ha ricordato
Bizzotto ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com –. Ma io proprio non riuscivo a
farlo, non mi piaceva. Passavo le ore di lezione seduto e l’insegnante si
arrabbiava con me. Quindi mio papà si stancò e ci portò a fare calcio: mia
sorella fu la prima ragazza a giocare con noi maschi. Quindi il primo ricordo
che ho è di noi tre fratelli in quella squadra del paese, l’unica. Era bello
questo fatto, di andarci ad allenare tutti insieme. Tutti e tre difensori”.
Nicola è il più giovane di tre fratelli, in una famiglia tutta bianconera. “Il
primo ricordo è quello della finale contro il Dortmund…”. Emozionante
comunque per un bambino che poi sarebbe diventato un difensore ma che da sempre
ha ammirato Del Piero: “Sì, c’entra poco col ruolo ma da juventino io sono nato
con Del Piero, ho vissuto tutta la sua carriera in bianconero, era lui l’idolo”.
Certo, poi lo sguardo si è posato su altri capisaldi azzurri, qualche reparto
più indietro. “Cannavaro, Maldini”.

Però è a Pisa che ha trovato un’altra fonte di
ispirazione: “Lì conobbi Raimondi. Mi ha sempre colpito per la bellissima
persona che era fuori dal campo e mi sono un po’ ispirato a lui per il mio
ruolo. Come lui in campo mi piace ‘fare la guerra’ con gli avversari, sempre
con lealtà; ma la grinta che lui aveva penso di avergliela un po’ imitata”. E
al Bassano? “Capitan Basso”. Un nome importante, un club che per Bizzotto
significa tanto: “Ero andato a Pisa per farmi le ossa ma poi il Bassano ha
voluto riprendermi, ha fatto un investimento economico per riacquistare la metà
del cartellino. Sono tornato volentieri qui, la società ha dimostrato di voler
puntare su di me. Ho un legame particolare con Bassano perché sei anni qui sono
tanti.
E poi sono stati tutti anni diversi tra loro. C’è un legame particolare
con questa maglia. E’ un piacere e un onore per me esserne capitano”.

Da due anni a questa parte dunque fascia al
braccio, via il suffisso ‘vice’ e nuove responsabilità: “ Dopo la cessione di
Iocolano all’Alessandria ho ereditato la fascia da un giorno all’altro. Non ero
molto preparato. Prima di Iocolano il capitano era Berrettoni che per noi
giovani era un esempio; quindi ereditare quella fascia mi ha condizionato a
livello emotivo, mi sono preso delle responsabilità, mi ha fatto crescere
molto. E ora sono orgoglioso di come sono capitano di questa squadra”.
Orgoglio, serenità, affiatamento, consapevolezza. Parole e stati d’animo
ricorrenti, specchio della realtà Bassano e del suo spogliatoio: “Finora è
stata una stagione un po’ particolare fatta di qualche alto e basso. Abbiamo
iniziato col piede giusto poi abbiamo vissuto una striscia negativa di 8
partite. Siamo passati dalle stelle, primi in classifica, a una zona in cui
eravamo anche fuori dai playoff. Adesso abbiamo collezionato 5 risultati utili
consecutivi. Io sono ottimista per il prosieguo della stagione perché lavoriamo
bene, siamo un gruppo affiatato”.

E come si è usciti dal momento negativo? Con una
grande unione d’intenti tra squadra, società, tifosi ed allenatore. Già, Colella:
“E’ arrivato qui facendoci capire che per i valori che ha la squadra non
serviva chissà che lavoro ma dovevamo ritrovare intensità nel lavoro
quotidiano. Ci ha ridato fiducia nei nostri mezzi – ha spiegato Bizzotto – e ha
iniziato a pretendere sempre di più da noi anche in allenamento. Poi è una
persona molto aperta al dialogo e ci fa sentire tutti importanti. Mi piace come
approccia alla partita, ci dà tanti elementi per affrontarla senza ansia ma con
la giusta consapevolezza”. Tanto che ormai Bizzotto non è più il classico
giocatore che ha bisogno di concentrarsi con playlist e maxi-cuffie prima di
una gara: “Nel tragitto dall’hotel al campo non sento la musica, sto tranquillo,
seduto negli ultimi posti. Mi piace osservare gli altri compagni, come
affrontano quei momenti.
Rispetto ad anni fa comunque vivo le partite con più
serenità, di quella che ti viene dal lavoro giornaliero. Non ho bisogno della
musica per caricarmi insomma”.

Pochi gol (solo due) ma sono state sempre
occasioni in cui Bizzotto ci ha messo la testa. In tutti i sensi. “Me li
ricordo benissimo. Il primo è stato in Coppa Italia contro il Livorno appena
retrocesso. E io che in carriera non sono mai stato pericoloso di testa in
area, mi ricordo di quel cross di Iocolano e che ho anticipato anche un compagno
di squadra e infine l’ho insaccata. E’ stato bello anche perché poi quella
vittoria ci ha permesso di andare a giocare all’Olimpico contro la Lazio.
L’altro gol l’ho segnato a Busto Arsizio due anni fa contro la Pro Patria e
abbiamo vinto 1-0”. Decisivo. Mentre se deve scegliere una figura che nella sua
carriera si è rivelata fondamentale per la sua crescita professionale ed umana,
Bizzotto non ha dubbi: “Da ogni allenatore ho sempre cercato di prendere
qualcosa. Quello che però mi ha dato un po’ più degli altri penso sia Pagliari,
attualmente al Gubbio. L’ho avuto a Pisa. Nel mio secondo anno lì lui subentrò
a metà stagione, dovevamo salvarci e giocai poche partite ma prima di una gara
in cui non mi convocò mi disse: ‘Il calcio non finisce a Pisa’. Lo disse per il
mio bene ma mi sentii ferito nell’orgoglio. Poi mi conquistai il posto e nacque
un bellissimo rapporto con lui:
ero anche davanti ad un bivio. O mi conquistavo
un posto da titolare o non avrei più giocato. Penso quindi che lui sia stato
decisivo per la mia carriera perché mi diede quella scossa giusta che mi ha
portato ad essere ora il giocatore e la persona che sono”.

Capitano orgoglioso e giocatore affidabile. Sempre
con il #5 sulle spalle,
perché il legame con quel numero è speciale e
particolare e l’ha accompagnato in ogni partita, fin dall’esperienza a Pisa
quando era ‘solo’ il numero del suo kit d’allenamento. Idee chiare, testa sul
campo e magari un pensiero al prossimo viaggio. “Mi piace moltissimo viaggiare
ed anche programmare il viaggio da solo. Ad esempio l’estate scorsa sono andato
in Indonesia con la mia ragazza e il viaggio l’ho organizzato io. Fare una
vacanza significa conoscere il posto ed anche quelli meno turistici. Questa è
la mia passione.
Mi prendo un libro con 3 o 4 mesi d’anticipo e me lo leggo per
conoscere anche la cultura del luogo”. Nulla lasciato al caso insomma, come in
campo. Perché l’altro viaggio che continua è quello stagionale con la maglia
del suo Bassano: “Ma noi dobbiamo ragionare partita per partita. L’obiettivo è
guadagnarsi la posizione migliore di classifica per affrontare gli eventuali
playoff al meglio. L’obiettivo è questo: giocarci i playoff. Però è un
campionato molto equilibrato. E io voglio dare il mio contributo”. Senza pensare
troppo in là, né alla scadenza del contratto il prossimo giugno: “Mi piace
vivere il presente,
continuiamo così consapevoli del fatto che possiamo dire la
nostra al meglio. Al futuro ci penseremo”.