I viaggi di…Mister Banchini: “Il calcio in Oceania, ora una nuova avventura in Albania e la cultura del quadrat. Vi racconto…”
“Da Vigevano all’Albania, passando per Malta e Vanuatu (Oceania)”. Non è né un remix della celebre canzone di Giusy Ferreri né una carriera alquanto originale su Football Manager. E’ la storia di Marco Banchini, anzi: mister Banchini. Avventure, aneddoti, tanta voglia di affermarsi e di conoscere. Un mix di fortuna e sfortuna. “Lasciamo perdere. Quest’anno abbiamo perso la Coppa di Albania con il mio Laçi ai rigori. E qualche anno fa, sempre qui, quando allenavo il Teuta non siamo andati al Preliminare di Europa League per la differenza reti. Ma comunque mi ritengo una persona fortunata…”. La possibilità di sperimentare, di affermarsi in ‘mondi nuovi’, di esportare un’idea di calcio (“e di essere giudicati solo in base a ciò che fai, in base ai meriti…”): sono questi gli ingredienti principali di quella ricerca della felicità che Banchini evidentemente ha trovato. Girando, viaggiando, conoscendo. Tre parole che ripete con gioia ed entusiasmo.
Ama gli schemi, la tattica, una diagonale fatta bene. Un’idea di calcio precisa: densità, movimenti senza palla, gioco sugli esterni e soprattutto tanta garra. Idee che gli cominciano a frullare per la testa presto, molto presto. La panchina chiama, l’idea di star fino alle 3 di notte a studiarsi l’avversario lo affascina troppo. Non resiste alla tentazione: vuoi per passione, vuoi per necessità. “Ho smesso di giocare molto giovane anche perché mi sono dovuto operare per tre volte di fila al crociato. Allora ho detto basta – racconta Banchini ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – e mi sono subito messo a coltivare la mia passione, la mia ambizione. I sogni preferisco chiamarli obiettivi. Ho fatto qualche anno a Vigevano, una stagione al Milan come collaboratore della Berretti e poi è cominciato il tour…”.
Pentito? Macché! Gli manca un po’ l’Italia, chiaro. Ma è felice, felicissimo. Perché “preferisco essere protagonista che viver da gregario”. Giusto, impeccabile, ci mancherebbe. Nemo propheta in patria, quante volte te lo sei ripetuto? “Poche a dir la verità. Ho scoperto un mondo. E quando scopri il mondo non ti fa più paura nulla, ogni sfida ti sembra alla tua portata anche se certo, è chiaro, mi piacerebbe fare la cosa che più amo, allenare, in Italia. In Oceania ho vissuto un’esperienza bellissima, con l’Amicale ho vinto un campionato (quello delle Isole Vanuatu) e una coppa nazionale. Giocare la Champions League dell’Oceania è stata una grande emozione! Qui è una competizione molto sentita. Certo allenamenti, appeal è tutto molto diverso rispetto al calcio europeo, ma l’entusiasmo, la gioia nel vedere un bambino esultare quella no, vi assicuro che è uguale dappertutto”.
Racconta Banchini il calcio, il suo calcio. La sua vita, la sua esperienza: vissuta su aerei, spesso in riva all’oceano (e che spettacolo di panorami!). “Ma non vi credete! Facevamo comunque una vita da professionisti: doppie sessioni di allenamento e partite nel week-end davanti a 10/15 mila tifosi. Ecco, gli allenamenti solo alle 7 di sera o alle 6 del mattino perché negli altri orari era impossibile per il troppo caldo. Il calcio lo sentono tantissimo. Non in tutti i paesi chiaro, ma in Australia, nelle Fiji, nella stessa Vanuatu è così. La cosa bella è che le partite del sabato (generalmente 3, in tutto sono 5 a giornata) vengono fatte tutte sullo stesso campo, quindi potete immaginare quanta gente! Con due dollari australiani riempiono uno stadio. La partita è considerata l’evento della settimana, con musica, bancherelle e tanto entusiasmo. Poi per noi è stata pure un’avventura strana. Eravamo tanti stranieri in squadra quindi all’inizio ovunque giocassimo tutti ci fischiavano: non gli andava bene che il nostro presidente ci pagasse mentre purtroppo tante persone giocano per ‘un pugno di riso’. E, alla fine invece, dopo varie partite e successi tutti ci applaudivano. La cosa che mi ha colpito di più? L’entusiasmo della gente per il calcio ma soprattutto la loro capacità incredibile di smaltire in fretta le delusioni, le sconfitte. Potevamo anche perdere 6-0 (mai successo, eh!) ma in città comunque ci riempivano di affetto e…selfie. Beh anche quelli, soprattutto quelli sono internazionali!”.
Poi però non sei più tornato là, all’Amicale. Il destino, a volte, è controverso… “Sì, per scelte familiari. La mia compagna è rimasta incinta, le ho proposto di venire con me a Vanuatu, di far nascere lì nostra figlia. Ma poi alla fine lei non era entusiasta e ho deciso di rimanere con lei. Dopo poco mi arriva una chiamata dal Belgio: mi vuole il White Star Bruxelles. Sembrava tutto fatto e invece gli attentati terroristici hanno fatto slittare il mio viaggio (doveva andare lì solo per firmare) e alla fine è saltato tutto. A gennaio, dunque, ci riprovo. Riparto da Malta, dal Qormi. Dura tre settimane perché non rispettano gli accordi…”.
Sembra un film. Banchini gira, viaggia. Ma poi c’è sempre qualche scherzo, qualche piccolo imprevisto. Beh, anche la sfiga ha caratura mondiale. Non basta, però, a scalfire la sua passione. Tanta, per la quale è e sarebbe disposto anche ad andare in capo al mondo. “Davvero eh, mica per scherzo! Non è solo retorica…”. E come fai a non credergli? Mica è finita! I viaggi di mister Banchini continuano e finalmente arriva la chiamata, sembra quella giusta: “Da febbraio alleno il Laçi, club che milita nella Super League albanese. Anche qui il calcio negli ultimi anni, soprattutto grazie al lavoro di De Biasi ha conosciuto una grande crescita e una crescente attenzione mediatica. Si vede proprio che c’è voglia di migliorare: strutture, giocatori, tutto. Il pubblico è calorosissimo. Ma la parte più bella sono le trasferte in pullman, nelle quali attraversi tutto il Paese e vedi dei panorami mozzafiato. Devono migliorare su alcuni aspetti, in primis gli errori difensivi e il livello di concentrazione. Durante gli allenamenti, ad esempio, farebbero solo il ‘quadrat’ che sarebbe il nostro torello. Per loro è una sorta di rito: si mettono lì e per almeno 45 minuti non fanno altro! Mi ci è voluto di tempo per fargli ‘impostare’ un allenamento all’italiana. Ma guai a toccare il ‘quadrat’ perché è una tradizione importante”.
Si ispira a Conte e Simeone. Ripercorre le sue esperienze. Usanze, tradizioni, idee da un ‘mondo’ all’altro. Senza paura, valigia sempre pronta e il biglietto aereo come ‘migliore amico’. Già, la passione non ha limiti. E soprattutto non ha confini, vero mister Banchini?