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I paragoni con Messi, un sinistro magico e una gavetta infinita. Aniello Cutolo, da Napoli alle difficoltà di Arezzo: “Come 5 stagioni in una”

Diceva Seneca che “la fortuna non esiste: esiste il momento in cui il talento incontra l’opportunità”. Un paio di millenni dopo, quella frase potrebbe essere il manifesto della carriera di Aniello Cutolo. Il suo mancino ha incantato le tifoserie delle 13 maglie che ha indossato. Dieci anni di serie B, più di cento reti in carriera, neanche una presenza in serie A. Mai un’opportunità, nonostante gli accostamenti a giocatori che col sinistro hanno scritto la storia moderna del pallone. Da Messi a Robben, partendo da Fuorigrotta. Cutolo è cresciuto lì, guardando il San Paolo. Ha sognato di entrarci palla al piede, magari insieme a Floro Flores, vicino di casa e compagno di strada. Floro per un po’ ci è riuscito, Aniello non ha mai avuto quella possibilità. “È la speranza di ogni ragazzo di Napoli. Ho fatto la trafila delle giovanili, poi basta purtroppo”.

Al microfono di gianlucadimarzio.com, Aniello ricorda il passato e racconta il presente. In estate è arrivato all’Arezzo in serie C. Un ritorno, dodici anni dopo. L’aveva scelto per rilanciarsi dopo qualche stagioni in chiaroscuro. Ce l’ha fatta, guardando le cifre: otto reti in 26 partite, l’ultima martedì scorso a Olbia al 91’ per siglare un 3-2 in rimonta. Ci sarebbe da gioire, ma i numeri nascondono l’odissea di una stagione assurda. Le incertezze societarie, il rischio di essere cancellati dal campionato, le promesse non mantenute. “Hanno testato la mia voglia di correre ancora dietro a un pallone…”, scherza – nonostante tutto – il numero 10 amaranto. “Mi sembra di aver vissuto cinque stagioni in una. Non mi era mai capitato niente del genere, Siamo andati a Pontedera in trasferta con la mia macchina”. Guidava lui, ma del resto è abituato a farlo anche in campo. Lui e Moscardelli sono le colonne di un gruppo di giovani che in mezzo alle difficoltà cerca di arrivare alla salvezza. “Sarebbe come vincere un campionato. Ero venuto qui per giocarmi i playoff, ci ritroviamo nella lotta playout per colpe di altri”. Lo dicono i numeri: senza la penalizzazione di 9 punti, l’Arezzo avrebbe 42 punti, pienamente in corsa per i primi 10 posti. Invece si ritrova a 33, alla vigilia di un derby col Siena che si preannuncia infuocato. “Sono la capolista, dobbiamo fare una grande gara per ottenere il massimo. Non avremo Moscardelli, espulso a Olbia, ma potremo contare sul nostro pubblico. Quest’anno ci hanno dato una forza incredibile. Erano anche in Sardegna. Encomiabili”.

Vincere contro il Siena per salvarsi e per fare un regalo al “suo” Livorno. Dieci giorni fa è stato proprio lui a castigarli. Senza esultare, “per rispetto verso una piazza in cui ho passato solo pochi bellissimi mesi quattro anni fa. Vivevo in città e sentivo tutto l’amore della gente per quei colori”. Amaranto come quelli dell’Arezzo. Contro il Siena, sarà come avere due maglie addosso. In carriera ne ha avute tante. Alcune gli sono rimaste più addosso. “A Crotone feci 14 gol in serie B. Una stagione meravigliosa che mi permise di andare a Padova a lottare per la promozione”.

Nella città del Santo ha vissuto forse i suoi momenti migliori, tra il 2011 e il 2013: 75 partite, 23 reti, un biennio segnato dai derby col Verona, altra sua ex squadra. L’unica con cui si è lasciato male. “I tifosi dell’Hellas non mi hanno mai perdonato un errore a Spezia nello spareggio per restare in B. Era la gara di andata, retrocedemmo, ma se la presero solo con me”. Era il 2007 e quattro anni dopo il Bentegodi lo accolse insultandolo sonoramente. Alla prima occasione, Aniello inventò un pallonetto che per un attimo ammutolì lo stadio. Poi la sua corsa con le mani dietro le orecchie sotto la curva veronese scatenò il putiferio. Le scene di quella sera sono diventate virali, comprese lo scontro con Mandorlini. “Quel gol fu un’emozione indescrivibile. Mi accusavano di avere sbagliato apposta a Spezia. Avevo quattro anni di contratto, come si fa a pensare una cosa del genere? Siamo retrocessi tutti quell’anno”.

Cutolo ripartì da Taranto, dove prese la rincorsa per tornare ad alti livelli. Non è bastato per arrivare in A, ma “sono soddisfatto della mia carriera. Ho quasi 35 anni e ho sempre potuto fare il lavoro che sognavo da bambino”. Anche quest’anno, nonostante qualcuno abbia provato a impedirglielo. “Mi hanno messo fuori rosa dopo Natale. Mi dicevano che erano questioni di budget, volevano che andassi via. Io ero disposto a trattare ma quel ricatto era assurdo”.

Storie di una vecchia gestione fallimentare. Oggi la concessione di un esercizio provvisorio consente di arrivare a fine stagione. Lunedì 16 ci sarà la prima asta per capire chi rileverà la società. Non arriveranno offerte dall’imprenditore locale Giorgio La Cava, che aspetterà una seconda chiamata per fare la sua mossa. Nei prossimi giorni si saprà se ci sarà ancora il calcio ad Arezzo. In quel caso, Cutolo resterebbe. “Ho un altro anno di contratto, vivo qui circondato dalle mie donne: mia moglie e tre bambine. Pure il cagnolino è una femmina… Scherzi a parte, spero davvero di rimanere. Vorrebbe dire che siamo riusciti a salvare il calcio ad Arezzo”. Una battaglia da vincere, in campo e fuori.