I Blink-182, il “no” al reality e la voglia di Juve. Bernardeschi: il simbolo di Firenze diventato incubo
“A chi non piacerebbe giocare nella Juventus?”. Domanda retorica. Mistero risolto, ora. Piacere, Federico Bernardeschi: prossimo giocatore della Juventus. Trattativa difficile, durata settimane. Dall’esito non scontato ma prevedibile. Di quelle a cui i tifosi viola non avrebbero mai voluto assistere. Perché un conto è cambiar maglia; un altro invece è sostituire quella viola con la bianconera: troppa il timore di un Baggio-bis, con le dovute proporzioni. Un affare che fa rumore, tanto. Soprattutto in un momento così delicato per la Fiorentina visti i tanti giocatori che hanno deciso di far le valigie e salutare Firenze.
Berna 10: talento pop-punk con la testa sulle spalle
Poi, per Bernardeschi servirebbe un discorso a parte. Lui per Firenze era più di un giocatore di talento: stava per diventare un simbolo. Un figlioletto ammirato e accompagnato nella crescita. Insomma, ‘Berna’ era uno di casa. Cresciuto a pane e Fiorentina fin da quando era Montellino – il soprannome che gli diede la signora Paola, la custode della prima squadra di Bernardeschi, l’Atletico Carrara, dove Federico si allenava e giocava con bambini due o tre anni più grandi di lui -. In quegli anni dopo ogni gol festeggiava con l’aeroplanino proprio come quel Montella che, ironia della sorte, avrebbe avuto come allenatore a Firenze qualche anno dopo. Anche se più che l’attuale allenatore del Milan, i suoi idoli erano “Shevchenko e Totti”. Li imitava dappertutto: occorrevano solamente un pallone ed una porta. “Shevchenko, Shevchenko, Shevchenko…. Goooool! Sheva!” e via di auto telecronaca. “Ricordo che da bambino tiravo il pallone ovunque, anche in casa, talvolta spaccando muri e bicchieri… con i miei genitori arrabbiatissimi”. Voce del verbo: vivere di calcio, come ogni talento che si rispetti. Con la fortuna di avere dalla sua una testa pensante, il che non è poi così scontato. Soprattutto quando si cresce e si rischia, erroneamente, di credere di avere il mondo in mano. Errore che Federisco non ha mai commesso. “Venire da una famiglia operaia ti obbliga a rispettare le regole del sacrificio. Non avere talento può sembrare triste, ma averlo e sprecarlo lo è molto di più”. Diktat messo in pratica anche qualche anno dopo, quando avrebbe potuto lasciarsi distrarre dalla possibilità di partecipare al docu-reality di MTV ‘Calciatori-Giovani Speranze’ tra il 2011 e il 2012. Risposta: no, grazie. “Ho lasciato che mi riprendessero mentre giocavo, ma non ho voluto telecamere nella mia vita privata. Ho deciso io di non prendere parte a questa iniziativa, che all’inizio sembrava interessante ma alla fine credo possa deviare dall’obiettivo di diventare calciatore”. Notorietà e spavalderia: queste sconosciute. Tutto l’opposto dei soliti – e noiosi – luoghi comuni del ragazzo scapigliato e tatuato, il Berna. Lui ha dimostrato di avere la testa sulle spalle anche fuori dal campo, nonostante un’indole pop-punk plasmata a immagine e somiglianza della sua band preferita: “I Blink-182!”. Da ascoltare rigorosamente “a palla”, dal Vangelo secondo Bernardeschi. Focalizzato sui propri obiettivi ma spirito libero e avventuriero: uno strano mix. Perchè se non avesse fatto il calciatore sarebbe stato “un solista. Penso alla chitarra di Santana”. Con la passione per gli esperimenti in cucina ma che, tra un viaggio, un’uscita in barca e il surf, non sa resistere alla pasta cacio e pepe: le sue grandi passioni oltre al pallone.
Esterno, falso nueve e… trequartista
Rebus trito e ritrito: ma qual è il ruolo in cui Bernardeschi si esprime meglio? Qualche secondo per rifletterci su, risposta che tarda ad arrivare. “Esterno”, afferma qualcuno. “Mezza punta”, qualcun altro. E così via. fino a qualche mese fa quando i risultati migliori li ha ottenuti da trequartista dopo esser stato schierato veramente dappertutto là davanti. Sono tornati utili gli insegnamenti di “Diamanti! io impazzisco per lui. Ha dei colpi da campione, da fuoriclasse vero. Lo seguivo, lo studiavo, cercavo di rubare movimenti e segreti”. Sulla trequarti Bernardeschi ha saputo rendere maggiormente imprevedibile il gioco della Fiorentina, impreziosendo la stagione scorsa con 14 gol e 5 assist in 42 presenze tra tutte le competizioni. Beh, non che nelle altre posizioni non abbia reso. Anzi. Basterebbe guardare l’Europeo Under 21 appena terminato, quando da falso nueve è risultato decisivo segnando contro la Germania e regalando così la qualificazione per le semifinali agli azzurrini. Però da trequartista è più libero di esprimersi, è più vicino alla porta e può concludere maggiormente o servire assist ai compagni. E sappiamo benissimo quanto Allegri ami la figura del trequartista puro: un motivo in più per spiegare l’affondo bianconero. Grazie alla duttilità offensiva di Bernardeschi, Allegri potrà optare più frequentemente per un cambio di modulo anche a partita in corso. Prima però ci sarebbe da ringraziare Paulo Sousa per l’esperimento riuscito. Il portoghese è stato capace di consacrare definitivamente il ragazzo di Carrara fino alla Nazionale, nonostante qualche attrito nella prima parte della scorsa stagione. “Federico è un po’ confuso, dentro e fuori dal campo”, disse Sousa relegandolo in panchina. Un modo forse per spronarlo, chissà. Di certo non c’è mai stato alcun dubbio riguardo la loro stima reciproca. “Bernardeschi è un giocatore che ha un futuro, per qualità e talento, in squadre con ambizioni diverse da quelle della Fiorentina”, dichiarò proprio Sousa scatenando non poche polemiche a Firenze. Ah, quasi dimenticavamo: qualcuno afferma che Bernardeschi usi poco il destro. Ma vista la qualità del mancino, forse si potrebbe chiudere un occhio.
Dall’amore alla rabbia viola per il ‘Baggio-bis’
Torniamo all’inizio: i trasferimenti da Firenze alla Torino bianconera fanno rumore. Sempre. E quel Baggio-bis – ripetiamo, con le dovute proporzioni – temuto più di ogni altra cosa, purtroppo per i tifosi viola, si è materializzato. Senza scordare i vari Chiellini (2005), Melo (2009) e Neto (2015). Figuriamoci poi nel momento in cui per molti Bernardeschi avrebbe dovuto caricarsi la Fiorentina sulle spalle, dove è stampato quel 10. Numero che, peraltro, per la maglia viola qualcosina storicamente ha significato. Antognoni, Baggio e… Bernardeschi: l’erede designato. O meglio, sarebbe dovuto esserlo. Un’idea che stuzziacava e non poco anche il giocatore stesso per la stima nei confronti di Baggio – “Lui, il calciatore italiano più forte di sempre che parla di me. Roba da matti”, disse emozionato dopo i complimenti rivolti nei suoi confronti proprio da Baggio – e non solo. Per le sue ripetute dimostrazioni d’affetto verso la maglia viola, poi. Emblematico quel “no grazie, mi ammanettano” pronunciato in seguito al tentativo di fotografarlo con la sciarpa bianconera al collo in occasione dell’inaugurazione della 69esima edizione della Viareggio Cup. Ma anche e soprattutto per la riconoscenza verso quella Fiorentina capace di crescerlo, di proteggerlo e soprattutto di supportarlo nei momenti difficili che avrebbero potuto mettergli a repentaglio la carriera: dopo la frattura del malleolo nel 2014 e quando gli vennero riscontrati problemi cardiaci. “I medici mi dissero: ‘Federico devi fermarti sei mesi, il tuo cuore è più grande del normale’. Appena arrivato a casa spaccai a cazzotti due mobili e una porta, ma era rabbia più che depressione”. Senza dimenticare l’infinita stima di Pantaleo Corvino nei suoi confronti. “Federico, quanti gol hai fatto?”, la domanda del dirigente della viola dopo ogni partita nelle giovanili. Non importava cosa rispondesse Berna… “Devi farne di più perché un giorno giocherai al Franchi!”. Questo dimostra quanto abbiano creduto in lui. Società e tifosi. Gli stessi che ora si sono sentiti traditi nel profondo: una pugnalata al petto vedere Bernardeschi alla Juve. Malumore palesato, eccome, con tanto di striscione non certo tenero nei suoi confronti. Comprensibilmente delusi da quella trattativa dall’esito non scontato ma prevedibile. Ma soprattutto dalla mutata volontà di Bernardeschi: quello che sarebbe dovuto diventare una bandiera viola e che invece ha deciso di diventare grande alla Juventus.