“Ho rifiutato per tre volte la serie A: l’avrei giocata solo con Mantova e Reggina”. Rezzato, la storia del “mago” Caridi
“Serie A? Rifiutai tre chiamate: l’avrei giocata solo con Mantova e Reggina“. Tra i segreti del Rezzato, primo nel girone B della serie D, c’è sicuramente lui, Gaetano Caridi, il “mago” di Mosorrofa. Diciotto anni di professionismo, dodici a Mantova, dove per amore del club ha rinunciato alla serie A per ben tre volte. D’estate la separazione dolorosa dalla squadra di una vita, salvata faticosamente sul campo dall’inferno del dilettantismo e la scelta di trasferirsi a Brescia, nella piccola società situata tra il capoluogo e il Lago di Garda: quale scenario migliore per ripartire? C’erano circa 563 motivi per scegliere il “mago”, avvalorati da 100 sorrisi personali tra i professionisti. Ai nuovi compagni Gaetano ha messo a disposizione le sue ottime doti tecniche, la sua grande esperienza e il suo carisma. Un leader silenzioso…
“In questa squadra ci sono tanti i leader e non penso che sia giusto sentirmi io il trascinatore” – risponde un sorridente Caridi ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – “Ognuno di noi ha un compito e si cerca di remare nella stessa direzione, noi più anziani dobbiamo dare l’esempio. Poi è naturale che i più giovani riconoscano la mia esperienza e accettino i miei consigli, però a me piace sentirmi un loro coetaneo: all’interno dello spogliatoio rido e scherzo con tutti. E’ un girone equilibrato, dove servirà molto la testa, la concentrazione: non credo che il discorso sia ristretto a noi e alla Pro Patria. Sotto c’è il Darfo, gli ultimi risultati dicono che nessuno può essere sottovalutato. Servirà un gruppo forte, quello che abbiamo noi in questo momento cruciale della stagione. La società ci dà tutto il supporto, conoscevo il presidente dai tempi di Mantova, non potevo chiedere di meglio”.
A giugno si è conclusa la tua seconda esperienza a Mantova, rimane più la felicità per gli anni d’oro o l’amarezza per ciò che è successo a maggio 2017? “Entrambi, tutto ciò che di bello abbiamo fatto per quella maglia non può essere cancellato. Io in particolare non potrò mai dimenticare, a Mantova ho scelto di viverci e la gente mi riconosce tutt’ora per strada e mi ricorda quanto sia stato apprezzato come uomo e calciatore. La delusione più grande rimarrà la passata stagione, conclusa con una salvezza che aveva quasi del miracoloso e finita come sappiamo tutti, con tante chiacchiere della vecchia dirigenza e il Mantova in serie D…”.
Abbiamo una DeLorean a disposizione, facciamo un salto indietro nel tempo. Tu sei di Reggio Calabria, cresciuto calcisticamente nella Reggina: mai pentito della scelta di lasciarla? “Un po’ sì, perché penso che il sogno di tutti i ragazzi sia indossare la maglia della squadra della propria città. Io ho fatto tutta la trafila, dai Giovanissimi alla Primavera, mi mancava l’ultimo passo. Un po’ di rammarico c’è ma sono orgoglioso di essere cresciuto nel settore giovanile amaranto. Ci ho giocato tante volte contro e qualche volta mi sono immaginato con quei colori, magari in serie A. Ma pazienza, a volte le cose devono andare in un certo modo e basta. Per un ragazzo del sud come me, nato negli anni ’80, l’idolo non poteva che essere Diego Maradona, ma la squadra del cuore è sempre stata la Reggina. Andavo al Granillo a vedere le partite, ho seguito con grande passione e trasporto il passaggio dalla serie C alla serie A, emozioni indimenticabili per un reggino”.
Album dei ricordi, due foto con la maglia del Mantova, scegli l’istantanea più bella: vittoria sulla Juventus o doppietta al Torino nella finale play-off per la serie A? “Come scegliere? Mi metti in serio imbarazzo. La vittoria sulla Juventus è stata anche la prima sconfitta dei bianconeri in serie B e credo che rimarrà per sempre nella storia del club. La doppietta al Torino, in quella magica serata del Martelli, mi ha regalato delle sensazioni uniche, penso difficilmente superabili. La città sognava la serie A, quel 4 a 2 aveva reso euforico tutto l’ambiente, sono quei momenti che ti fanno capire perché il calcio è tanto amato. Poi purtroppo andò male, ma l’istantanea rimane nelle parti più belle del mio album dei ricordi. La stagione 2006-2007, la famosa serie B con Juventus, Napoli e Genoa, è stata la migliore della mia carriera: feci 12 gol. Gli anni più belli che ho fatto e forse i più belli della cadetteria. Al fischio finale delle partite con questi squadroni le maglie andavano a ruba, anche se spesso i campioni non avevano l’umore giusto. Io riuscii a procurarmi quelle di Alessandro Birindelli e David Trezeguet, un mezzo miracolo”.
Hai rifiutato per tre volte la serie A, ma chi ti corteggiava? “Chievo, Sampdoria e Parma volevano portarmi con loro in serie A. Poi, nella stagione appena citata, il Napoli di Reja voleva puntare su di me: ho scelto di dire no per il Mantova”. Don Tano o il Mago, quale soprannome preferisci? “Tengo a tutti e due in egual modo. Don Tano è nato a Mantova, il “mago” a Grosseto dove feci 18 gol in due campionati di serie B, altra tappa importante”. Giocata preferita? “La mia posizione migliore è decentrato sulla sinistra, quindi cerco spesso di rientrare e calciare sul secondo palo: se entra ti dà più soddisfazione. Le esultanze, invece, variano e non si possono programmare: dipendono da cosa uno si sente dentro al momento. Riti… sì, sono abbastanza scaramantico e proprio per questo non posso dire quali (ride)”.
Cosa altro c’è, oltre il calcio, nella vita di Caridi? “Ho una grande passione per il tennis e quando ho un po’ di tempo vado a giocare con amici. Ma il mio passatempo preferito è fare il papà, ho due bambini, Cristian e Matteo e tengo tantissimo a stare con loro il più possibile. Giocano tutti e due, il più grande ha otto anni. Per ora si divertono, è un gioco, poi si vedrà”. La DeLorean ci riporta nel 2018… Ripensando ai tuoi sogni da bambino, quanto ti sei avvicinato a quello che speravi? “Mi sono avvicinato tanto, anzi, sono andato oltre. Quando ero bambino non pensavo che potesse diventare il mio mestiere, ma quando ho capito che potevo fare carriera mi sono posto il massimo obiettivo, la serie A: l’ho sfiorata, ma non avrei potuto giocarla con squadre diverse dal Mantova e la Reggina”.
Cosa farà Caridi da grande? “Vado avanti a step, fino a quando mi divertirò e non mi peserà andare a fare gli allenamenti sarò sempre il primo a presentarmi in campo. Farò sicuramente un’altra stagione, sarebbe la ciliegina sulla torta farla tra i professionisti. Dopo mi piacerebbe lavorare con i bambini”. Cilindro in testa, bacchetta in mano e piedi magici, Gaetano Caridi può trasformare il sogno del Rezzato in realtà.