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Grizou, un francese dall’animo charrúa

Griezmann, francese di nascita ma uruguagio d’adozione. Aneddoti e curiosità sull’amore che lega Grizou all’Uruguay, suo prossimo avversario in questi Mondiali.

Antoine Griezmann, questo pomeriggio, non sfiderà solo l’Uruguay. Sfiderà una parte di se stesso. La parte più intima: quella charrúa. Quella che ha preso vita e si è amplificata proporzionalmente all’aumentare del suo amore viscerale per il Sudamerica. Tutto nacque in una notte di Champions del 2009 quando insieme a papà Alain si trovava sugli spalti de la Gerland e Juninho Pernambucano con un suo gol regalò all’Olympique Lyonnais, squadra del cuore di Antoine, la qualificazione ai quarti di finale di finale di Champions battendo la Real Sociedad, club che da lì a poco avrebbe abbracciato il biondino sugli spalti.

Una passione esplosa poi definitivamente all’Atleti del Cholo Simeone, con Griezmann che addirittura iniziò a giocare al Gran DT, la versione argentina del nostro fantacalcio. Ad ogni asta cercava sempre di accaparrarsi Pepe Sand del Lanus: più che una certezza se si parla di Fútbol. Si è appassionato anche ai cánticos – i cori delle tifoserie argentine – tanto da utilizzarli come ninna nanna per la figlia Mia.

È proprio la Real Sociedad però la tappa fondamentale che ha dato il via al sentimento – corrisposto – d’amore di Griezmann verso il Sudamerica. Con l’Uruguay in primis. Ancora oggi ringrazia quell’allenatore uruguagio incontrato nei Paesi Baschi, Martin Lasarte, uno che qualche tempo prima lanciò un certo Luis Suarez e che ebbe il coraggio di dar fiducia ad un giovanissimo Antoine che ai tempi a stento giocava coi pari età. Lo portava a casa con sé e gli metteva davanti agli occhi vecchie partite del calcio made in Uruguay per trasmettergli quella malizia e quella garra di cui ancora non era in possesso.

Nello spogliatoio si fece contagiare anche nell’apprendimento della lingua tanto da far sua quella cadenza uruguagia della quale ogni giornalista si domandava il perché durante le interviste. Lasarte lo apprezzò a tal punto da portagli un regalo speciale di rientro da un viaggio in patria: fece comprare dalla moglie un pacchetto completo con tutti gli accessori per preparare il mate. Divenne la pozione magica di Grizou, che da quel momento venne definito il ‘miglior cebador di mate d’Europa’. Un compagno di vita, il mate: prima e dopo ogni allenamento, per non parlare delle partite e delle trasferte.

Alla Real Sociedad venne adottato dal gruppo sudamericano composto dal Loco Abreu, Ifran e Chory Castro ma soprattutto venne messo sotto l’ala protettiva di Carlos Bueno, un altro uruguagio, che oltre ad essere suo compagno d’attacco divenne quasi un fratello. Bueno gli trasmise la fede per i Carboneros, il Peñarol, e gli insegnò tutti i cori dei manya – nomignolo con cui viene apostrofato il tifoso del Peñarol, che deriva da un aneddoto riguardante la leggenda locale Carlos Scarone -, mostrandogli anche i video delle partite e delle coreografie del suo club del cuore.

Un club a cui Griezmann si affezionò a tal punto da diventarne socio onorario numero 100mila. Ignacio Ruglio, consigliere del club, quando il francese vestiva già la maglia dei Colchoneros, si recò al centro sportivo dell’Atletico Madrid per conoscere Griezmann e per consegnargli sia la tessera da socio sia due maglie da gioco: la numero 9 dell’attaccante vero, e la sua numero 7. In cambio ottenne una foto e la rivelazione di un sogno: quello del Petit Diable di giocare un giorno col Peñarol in Copa Libertadores. Addirittura nell’aprile 2017 il francese arrivò ad indossare gli scarpini aurinegros, i colori della maglia del Penarol, per incitare la squadra prima del Clasico uruguayo contro il Nacional condividendo prontamente la foto su Instagram.

Proprio del Nacional invece è tifoso storico Diego Godin, altro comapagno uruguayo incontrato all’Atleti e diventato quasi un fratello ma soprattutto padrino della figlia di Antoine, Mia. Fu proprio Godin con una chiamata a convincerlo a firmare nell’estate del 2014. Non solo. A Madrid oltre a Godin conobbe Profe Ortega, preparatore della squadra, Cebolla Rodriguez e Gimenez: altri sudamericani a cui si è aggiunto per rinfoltire il clan uruguagio e condividere la passione per il mate.

Qui, oltre al Peñarol, si è affezionato anche alle sorti della Celeste. Quando l’Uruguay strappò la qualificazione per Russia 2018, Griezmann si fece trovare in aeroporto con tanto di maglia celeste per aspettare Godin e Gimenez di ritorno dall’Uruguay e per festeggiare la qualificazione con del buon mate.Prima di ogni partita della nazionale sudamericana Grizou grida “Uruguay nomá”. Uruguay e basta. Urlo di battaglia che rappresenta l’essenza della garra charrúa.

Oggi con tutta probabilità per la prima volta da quando si è affezionato a questi colori non lo griderà. Penserà solo alla sua Francia. Ma nonostante Suarez abbia affermato che Griezmann “per quanto dica di essere per metà uruguaiano è francese e non sa quale sia il sentimento uruguaiano”, per l’attaccante dell’Atleti non sarà una sfida qualsiasi. E come potrebbe mai esserlo quando si ha una parte di sé come avversario.

(Si ringrazia TRE3UNO3: tante altre curiosità su Griezmann nell’articolo ‘Un francese charrúa’ presente nel primo numero della rivista)