Goretti, il ‘pittore realista’ del Perugia: “Squadra spregiudicata e razionale. Io sempre in viaggio, ho fuso due macchine”
Quattro vittorie in quattro partite, otto gol fatti e uno subito, quarto posto in classifica. I numeri dicono tanto, non tutto. Ma parlano, in maniera categorica e inderogabile: sono inappellabili. Giudici supremi di un Perugia che gioca e vince. E se non vince, gioca. Proprio come nelle primissime partite di campionato, quando la Tyche per l’ennesima volta aveva deciso di voltare le spalle ai biancorossi.
Dalle parti del Curi c’è un’atmosfera serena, di gioia e cauto ottimismo. La squadra si allena: corre, fatica senza disdegnare qualche risata qua e là. Poi c’è lui mister Bucchi. Osserva tutto, non gli sfugge niente con quel suo sguardo abbastanza misterioso e quel timido sorriso. Ha le sue idee di calcio, i suoi concetti: il bel gioco, il fraseggio, la propositività. Questa no, non deve mai mancare.
Più in là Roberto Goretti, in organigramma responsabile dell’Area Tecnica: factotum nei fatti. Perché lui è così, è uno che non si accontenta davvero mai. Che soffre se la squadra va male, che non sorride troppo se la squadra va bene. Viaggia molto, tra idee e intuizioni. Ha anche un’ars metaforica niente male: “Questo è un Perugia razionale e spregiudicato. Sa quando è il momento di attaccare, sa stare in campo. Si vede che i ragazzi hanno voglia di lottare tutti insieme, di arrivare al risultato. Ma sempre in maniera intelligente e razionale…”.
Realismo. Chi vuole entrare nel mondo Perugia deve memorizzare questa parola. Che, a dir la verità, è molto di più di un mero vocabolo. E’ un modus operandi preciso. Un obiettivo, “una linea societaria e un’idea di trasparenza nei confronti dei tifosi – sottolinea Goretti ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – che per noi sono delle certezze, come Volta e Brighi. Il Perugia è un puzzle che copia un pittore realista perché noi ogni squadra l’abbiamo costruita con realismo. Lo stesso che ora ci porta a tenere i piedi ben piantati a terra. Vogliamo migliorare e consolidare un’identità che stiamo acquisendo grazie al lavoro di mister Bucchi”.
Non si sbilancia Goretti, di un pragmatismo invidiabile. Lo stesso con cui ha ‘plasmato’ questo Perugia. Una squadra che gioca: non parla, segna. Un gruppo nuovo rispetto a quello dello scorso anno, con qualche addio doloroso: “Umanamente ci è dispiaciuto cedere Fabinho perché c’era un grande legame. Così come ci è dispiaciuto non essere riusciti a riconfermare Aguirre, Prcic e Parigini”. Un’estate di cambiamenti e di viaggi, sempre in movimento Goretti: “Anche troppo direi. Considerate che ho fuso due macchine: la mia e quella di mio padre. Abbiamo cambiato diversi giocatori. Di Chiara è quello che mi ha sorpreso di più perché rispetto a due anni fa è molto maturato, ora ha un senso della posizione importante. Sta facendo bene Acampora, è stata una trattativa bella lunga con lo Spezia: ci siamo incontrati a fine giugno la prima volta e abbiamo chiuso…il 31 agosto! Nicastro anche, il cui contratto credo sia stato l’ultimo depositato, alle 22.59. E’ stato il giocatore che ha cambiato l’inerzia dei risultati”. E’ un’intuizione tutta sua, anche se non pecca di superbia e lo ammette a mezza bocca…
Simpatico, estroverso. Sa tutto di Perugia e del Perugia. Un legame unico, che trasuda un amore dolce e incondizionato. “Quando non giochiamo bene, io sto male. Non vi dico dopo il pareggio del Brescia all’ultimo secondo…”. Goretti è uno di quelli che vuole sempre di più, che non si adagia mai: “Se vedo anche una cosa fatta male, rompo le scatole…”.
Non ama parlare molto con la squadra, preferisce osservare. Prende appunti, riflette. Un moto perpetuo di pensieri Goretti, ‘questo qua è sempre sul pezzo’, puntualizza chi ci lavora. Quasi mai guarda al futuro, ci proviamo noi… “Se mi chiedete la cosa più bella vi dico che…spero debba ancora arrivare. Ora abbiamo tre partite difficili con Benevento, Carpi e Vicenza. Per noi Benevento diciamo che rappresenta una sfida ‘speciale’ perché si ripete spesso, sono stati per diversi anni i nostri rivali in Lega Pro ed erano sempre la squadra da battere. Dobbiamo affrontarli con un po’ di sano timore, sono forti”. Lo ripete due volte Goretti, da buon ‘pittore realista’.
E con realismo hai dipinto un reparto offensivo niente male… “Di Carmine ha tutte le qualità del mondo. Bianchi si allena bene, è un professionista esemplare. Arriverà il suo momento”. E la parte più bella del quadro? Quella dipinta con più cura? “L’acquisto di Brighi, quando ha firmato ero molto contento perché ho giocato insieme a lui e so che è una certezza. Magari non è uno che ti fa il colpo di tacco, ma fa la differenza lo stesso. E anche Dezi, tanta roba. Lui è uno di quelli che porta positività..”.
Realista nello stile, tratti di ‘modernismo’ nei contenuti: Goretti è un prosimetro di intuizioni e razionalità. Scrive, pensa, annota. Poi cancella, riscrive. Non si ferma davvero un attimo, sempre in movimento. La base del quadro è buona, si vede che è dipinta con un’attenzione e una premura maniacale. Ora manca l’altro pezzo. Bucchi e la sua squadra sono pronti: può venir fuori un Courbet di alto, altissimo livello…