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Gomis: “Ero entrato in una spirale di alcool e tossicodipendenza”

La toccante intervista di Lys Gomis al Corriere della Sera

Lys Gomis si è aperto in una lunga intervista sul suo passato tra alcool e droghe. Il portiere, ex Lecce e Torino tra le altre, ha vissuto anni difficili durante la sua carriera: “Tutto era cominciato nel 2020, dopo un infortunio al ginocchio quando giocavo al Teramo – racconta al Corriere della Sera – Non sapevo più chi fossi: vedevo tutto sbagliato, avevo smesso di dialogare con la mia famiglia perché mi confrontavo solo con me stesso. Mi ritenevo un fallito e l’unico modo era quello di bere in continuazione: solo in quel momento mi piaceva la mia vita“.

 

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Gomis: “Bevevo per dimenticare che giocassi a calcio”

Lys Gomis era entrato in un tunnel sempre più buio: “Vivevo un senso di inferiorità e di impotenza nei confronti di tutti. Ero entrato in una spirale: sempre più giù, sempre più giù. A un certo punto l’alcool non mi bastava più, avevo bisogno di altre sostanze. L’ultima metà del 2023 l’ho vissuta così: sempre annebbiato, sempre arrabbiato. Bevevo per dimenticare che non giocassi più a calcio, mi sentivo in colpa per questo ma non riuscivo a uscirne”.

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La svolta, a gennaio, quando decide di prendere la sua vita in mano: “Una mattina, da lucido, mi sono visto allo specchio e mi sono reso conto di quanto non mi piacessi. In quelle settimane per più di un’occasione ho anche pensato di togliermi la vita. Mi hanno indirizzato a un SERT, ma non volevo intraprendere un percorso medico per guarire. E così mi hanno suggerito il Narconon Piemonte, dove ho cominciato una terapia tutta naturale. Ero andato convinto che fosse una pagliacciata. E soprattutto, lo avevo fatto quasi solo per compiacere chi mi stava vicino. Non ero convinto, pensavo di fare il mio compitino, ma da lì è cambiato tutto. Me ne sono accorto quando sono tornato a fare le scale senza avere il fiatone. Mi sentivo meglio, mi piacevo di più“. 

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Oggi, per Gomis, il peggio è passato. “C’è davvero chi mi è stato tanto vicino. Papà non c’è più da anni, ma penso che sarebbe orgoglioso di come io sia riuscito a venirne fuori. Gli avevo regalato la gioia del pallone, ora ha anche questa. E poi mia madre: mi continuava a dire che quello non ero io. Ha avuto la forza di lottare anche per me. Perché io ora sono questo, il mio percorso ha restituito la parte migliore di me. E sono felice“.