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Giù la valigia. Da Coda a Galabinov, i gol che cambiano il mercato

Gennaio andiamo. È tempo di migrare. O forse no. Perché questo è un mese anomalo, in cui le chiacchiere di mercato s’incrociano con quello che succede in campo. E quello, come sempre, ha l’ultima parola, sconvolgendo spesso piani e progetti di restauro. “Anno nuovo, vita
nuova”
, diceva un vecchio adagio e il calcio rispetta le tradizioni. Giocatori delusi e con la valigia in mano sono stati i protagonisti della prima giornata del 2018.

Più di tutti, Massimo Coda. La sua doppietta contro la Sampdoria regala la seconda vittoria consecutiva al Benevento. Anche la prima, contro il Chievo, l’aveva firmata lui. Tre gol in 180 minuti per cambiare un destino che sembrava segnato. “Adesso è dura andare via, resto e ci salviamo”, ha detto al microfono di Sky Sport col sorriso di chi si è improvvisamente ritrovato. E dire che De Zerbi sembrava averlo definitivamente bocciato, sconfessando la scelta estiva della società che lo aveva scelto a inizio estate dopo essere stata spesso trafitta dall’ex Salernitana. “Magari ho sbagliato io a tenerlo fuori così tanto, ma la verità è che lui è cambiato sotto porta e nell’approccio in allenamento”, ha detto nel post partita il suo allenatore, che solo nelle ultime due partite lo ha schierato dal primo minuto.

Per Coda c’era tanto interesse in serie B. Sirene che suoneranno a vuoto, perché l’attaccante di Cava de’Tirreni quella categoria adesso vuole evitarla, guidando una rimonta che farebbe storia. Parola d’ordine: riemergere, come ha fatto dopo l’infortunio al crociato del novembre 2014. Giocava nel Parma, era la sua prima occasione in A. Il primo gol, poi il crack contro l’Inter. Ha ricominciato da Salerno e alla soglia dei trent’anni si è riguadagnato un’opportunità che non vuole mollare.

Storie di gavetta e di riscatto, come quella di Andrej Galabinov. Arrivato in Italia dieci anni fa per seguire il padre, allenatore di pallavolo a Modena, il bulgaro ha passato un decennio a battersi nelle serie minori. Da Lumezzane a Gubbio, da Avellino a Livorno, fino a Novara. Coi piemontesi 25 gol in due anni, quanto basta per convincere il Genoa a puntare su di lui a luglio. Un buon inizio, il rigore dell’illusione contro Buffon, una rete a Cagliari, poi il buio. Dall’arrivo di Ballardini – inizio novembre – solo 29 minuti in campo a Crotone. Problemi muscolari e scelte tecniche, la squadra cresce, lui guarda. E medita un addio, magari a Palermo o a Parma.
Ma anche per lui, la B può attendere. Il suo colpo di testa decisivo a dieci minuti dalla fine, dopo essere subentrato a Pandev, contro il Sassuolo, è stato il regalo più gradito da Ballardini per i suoi 54 anni. “Era da tempo che non giocava. Ha qualità che nella nostra rosa non ci sono. L’ho messo in campo, ha fatto un gran gol e dimostrato di voler fare bene qui”. Parole che allontanano il trasferimento, anche se lo stesso bulgaro a fine gara ha chiarito che “tutto è possibile con il mercato aperto”.

Gennaio, tempo di ricominciare. Anche per gli acquisti preziosi dell’estate. Quelli che in autunno hanno deluso e confidano in un inverno mite. Bonucci è passato in pochi mesi da colpo eccezionale a capro espiatorio. La Befana gli ha messo nella calza il primo gol con il Milan. “Ho tanti anni di contratto. Non ho mai dato peso agli spifferi, voglio restare qui”, il suo pensiero dopo la vittoria contro il Crotone.
Ripartenze, come quella di M’Baye Niang, che contro il Bologna ha trovato la seconda rete in campionato. Troppo poco e troppo tardi per salvare la panchina di Sinisa Mihajlovic. Un suo cruccio. “Il suo esonero è anche colpa delle mie prestazioni negative”. Per il senegalese c’è però un girone intero per ribaltare tutto. L’ha cominciato alla grande, lo continuerà con la stessa maglia.

Gennaio andiamo. O restiamo. Dilemmi di un mercato invernale, un po’ riparazione, un po’ rigenerazione. “Ah, perché non son io coi miei pastori”, si chiedeva D’Annunzio. Spalletti sarebbe contento anche con uno. Argentino, scritto in maiuscolo. Ma la transumanza, da Parigi a Milano, costa tanto. Forse troppo. Meglio sperare che arrivi un centrale. O che magari un Joao Mario segni contro la Roma alla ripresa. Perché il campo, come l’Epifania, tutte le chiacchiere porta via.