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Viaggio nel settore giovanile dell’Atalanta: “Puntiamo a essere riconoscibili”

La nostra intervista a Roberto Samaden, responsabile del settore giovanile dell’Atalanta

La storia non va mai messa da parte: nelle giovanili dell’Atalanta lo sanno meglio di tutti. Un mantra usato come base per costruire un’academy che fa invidia a tutta Italia. La tradizione, i risultati, ciò che dice il passato non va mai dimenticato. Ma poi bisogna affiancarci l’intraprendenza, la voglia di stare al passo coi tempi e la capacità di evolversi. Così sono venuti fuori i vari Scalvini, Bastoni, Kulusevski. Storia e innovazione. Dalle parti di Zingonia hanno trovato l’equilibrio che tutti cercano. 

 

Nel settore giovanile dell’Atalanta

 

La storia, i prodotti e i risultati parlano da soli”. Inizia così la chiacchierata con Roberto Samaden, responsabile delle giovanili dell’Atalanta. Trentatré anni nell’Inter, dei quali tredici da responsabile del settore giovanile. Poi lo scorso luglio l’addio e l’inizio di una nuova avventura. Sempre a tinte nerazzurre, ma circa cinquanta chilometri più lontano da Milano.

 

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Roberto Samaden – Photo Credits: Atalanta.it

 

“Sono molto felice di far parte di questo ambiente. Mi ha colpito una cosa in particolare: il senso di appartenenza da parte di tutti nei confronti dell’Atalanta. A partire dalla famiglia Percassi fino ai giovani” racconta ai microfoni di gianlucadimarzio.com.

 

Ma torniamo alla frase con cui ha esordito Samaden. La storia parla da sé. Perché l’Atalanta ormai è una certezza per quanto riguarda la crescita dei giovani: “Siamo da sempre conosciuti come una delle due-tre società in Italia che danno così tanta importanza alle giovanili. Dietro tutto ciò c’è la grande attenzione della famiglia Percassi, che da sempre garantisce al settore giovanile tutte le risorse necessarie”.

 

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Tutto parte da Zingonia, uno dei centri sportivi più importanti d’Italia. Un ambiente in cui si respira quella tradizione di cui abbiamo parlato. Un posto in cui si crea unione, senso di appartenenza e, appunto, innovazione. “Avere una struttura di primo livello e che permetta di stare tutti insieme fa la differenza”. Oltre a campi da calcio e palestre c’è anche una struttura dedicata alla formazione extra calcistica del ragazzo: “Non bisogna pensare solo al calciatore ma anche alla persona”. Perché ciò che sei fuori dal campo si rivede anche col pallone tra i piedi. 

 

Ma c’è una parola che Samaden ripete di continuo: unione. “Bisogna avere un’idea e diffonderla a tutti, i ragazzi devono trovare sempre un’identità comune”. Creare gruppo, non solo nella stessa squadra ma anche tra categorie differenti. L’Atalanta vuole lasciare un’impronta, anche nella filosofia di gioco. Stesse idee, principi, punti di forza. A prescindere dall’età: “È un punto cruciale su cui stiamo lavorando. Il mio modello di riferimento è l’Atalanta di Favini: la sua caratteristica era la riconoscibilità. Poi bisogna lasciare spazio agli allenatori ma sempre all’interno di determinati binari”. Un esempio? “Il club ha sempre privilegiato l’aspetto tecnico. È chiaro però che bisogna aggiungere anche altri aspetti  come quello mentale e tattico. Ma il nostro giocatore deve essere riconoscibile per la capacità di giocare a calcio”. 

 

Nessun settore giovanile può trascurare lo scouting. Anche in questo caso, l’Atalanta ha principi precisi: “Lo scouting è alla base del processo di formazione dei ragazzi. In quale paese abbiamo più connessioni? Bergamo. Non possiamo prescindere da questo. E’ la quarta provincia in Italia in termini di produzione di giocatori professionisti: penso per esempio a Ruggeri. La tradizione dice questo, poi l’Atalanta è al passo coi tempi e l’occhio va allargato a tutta Italia e all’estero”. L’attenzione fissa su Bergamo e dintorni ma con un occhio vigile sul resto del mondo: “Recentemente abbiamo cresciuto tanti talenti stranieri come Kulusevski. All’estero non c’è un paese “preferito”, ma alcuni posti hanno un livello di compatibilità migliore anche per il loro ambientamento al nostro calcio”. 

 

 

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Nonostante la Dea abbia trovato il giusto equilibrio, continua a evolversi. L’ultimo esempio è la nascita della squadra Under 23: “Può moltiplicare il valore del settore giovanile. Darà la possibilità a tanti talenti di poter continuare il percorso nel nostro club senza dover andare in prestito. E poi è un acceleratore del percorso di formazione: i ragazzi così possono confrontarsi con giocatori più adulti”. Nuove idee, nuovi progetti e modernità. Ma il futuro si costruisce anche con la tradizione e la storia.