Hotel, basket e… pantaloncini. Plasmati-gol col Matera: “Non sono finito”
Il gol all’esordio con la squadra della sua città, la passione per il basket, il golf e per l’imprenditoria. Gianvito Plasmati, il “gigante buono” di Matera si racconta. La nostra intervista.
Panchina dopo panchina, aspettando che arrivasse il momento giusto. Quello dell’esordio, nella sua città. Gianvito Plasmati, dopo aver indossato 17 maglie in carriera da professionista (più altre due nei settori giovanili), ha trovato stabilità nella sua Matera, città in cui è nato e che lo ha finalmente riportato a casa. Sabato scorso, contro la Viterbese (Serie C, Girone C), è arrivato il gol all’esordio: “È un ritorno a vecchie sensazioni legato, ovviamente, alla gioia del gol che mancava dall’aprile del 2016 quando vestivo la maglia del Catania. Bella soddisfazione personale, valsa ancora di più perché ha regalato la vittoria al Matera. La storia insegna che il gol fine a se stesso conta ben poco” racconta l’attaccante classe 1983 in esclusiva a GianlucaDiMarzio.com.
“CATANIA? LA MIA SECONDA CASA, MI HA ADOTTATO”
A proposito dell’esperienza a Catania vissuta a più riprese, tra prestiti e ritorni, per quattro stagioni: “A Catania ho ricordi solo belli, esclusa la parentesi del 2010/2011 relativa ad una diatriba su una firma sul contratto culminata poi in tribunale. È stata una storia fantastica quella tre me ed il Catania, ho un rapporto straordinario con la gente. Matera è la mia città per cui le emozioni che provo qui non sono paragonabili, ma mi sento un catanese d’adozione e Catania è diventata la mia seconda casa, quella calcistica a cui sono grato perché mi ha cresciuto”.
Proprio durante un Catania-Torino, Plasmati fece parlare molto di sé: “Per ostacolare la visuale del portiere, concentrato su una punizione che Mascara stava per battere, decisi proprio in quei momenti frenetici, vista la mia pazzia, di abbassarmi i pantaloncini e la palla finii in rete”. Definita una scena quasi hard, lasciò tutti senza parole: “Ai tempi un comportamento di questo non era ancora ritenuto irregolare, successivamente venne fatta una regola ad hoc, prima non ci si poteva solamente alzare la maglia e non esisteva nessuna regola che regolamentasse gli altri indumenti, dopo quell’episodio, invece, è stato proprio inserito un divieto”.
“GOL DEDICATO A CHI MI DAVA PER FINITO”
Da chi in Serie A ha segnato a Inter, Juventus ma anche a Fiorentina e Palermo con la maglia dell’Atalanta, ci si aspetta che uno dei gol più belli messi a segno sia tra questi, invece, per Gianvito che per imprevedibilità è un vero fuoriclasse non è proprio così: “Il gol più bello è sempre l’ultimo o addirittura, il prossimo, quello che deve ancora arrivare. Intanto quello di sabato lo dedico a tutti coloro che mi sono rimasti vicino nel periodo in cui cullavo il sogno di tornare a giocare, nonostante si credesse fossi un giocatore finito. Il gol di sabato lo dedico però soprattutto ai miei due nipotini di 8 e 5 anni, figli del fratello maggiore, che per la prima volta sono venuti a vedermi giocare, non mi avevano mai visto farlo dal vivo”, ha proseguito Plasmati.
17 MAGLIE INDOSSATE IN CARRIERA
Una vita con la valigia, un carriera fatta di continui spostamenti e poche certezze. Tante squadre ma nonostante questo diverse soddisfazioni: “Ho cambiato tante squadre perché o mi cacciavano o mi vendano, un po’ per sfortuna e un po’ anche per colpa mia” ammette schiettamente Gianvito, che però continua: “Il mio percorso calcistico è stato determinato da tanti cambi perché spesso mi ritrovavo tra scambi, prestiti e varie situazioni di mercato, altre volte perché avendo fatto bene e le società in cui mi trovavo volevano monetizzare.
Ad esempio, a Foggia nonostante non avessi fatto male decisi di andar via a gennaio del 2008, a Taranto in soli sei mesi diventai l’idolo della piazza. Affronto le stagioni cercando di stare sempre sul pezzo e per questo motivo ho ricordi positivi anche di Vicenza, Lanciano e Varese. Sono sempre stato una testa calda, ma cerco sempre di dire la mia e lo faccio anche adesso per aiutare lo spogliatoio grazie alla mia esperienza. Il bene comune di riflesso riuscirà ad esaltare anche il singolo, viceversa non si va molto lontano”.
TRA NUMERI, BASKET, HOTEL E SCARAMANZIE
Come ogni attaccante che si rispetti il 9 è il numero simbolo, quello a cui si è più attaccati. Ma, nel caso di Plasmati, non l’unico: “Ho preso il numero 23 perché rappresenta la sorte e dovrebbe portare bene, perché è stato un numero indossato da molti personaggi importanti e perché spesso viene accostato al basket, sport di cui sono molto appassionato e che forse avrei potuto anche praticare vista la mia altezza, se solo me fossi appassionato prima” ci dice ridendo. A proposito di statura, Gianvito era soprannominato il “Gigante buono” già ai tempi del Catania, per via dei suoi 198 cm di bontà e simpatia.
Intanto, tra una carriera da portare avanti ed investimenti fatti, Gianvito ha una vita abbastanza impegnata: “Ho anche altri hobby come ad esempio il golf, oltre al basket, ma non molto tempo libero, essendo proprietario in un albergo a Matera la maggior parte del tempo lo impiego lì”. Con un occhio al futuro, ancora incerto ma con le idee ben chiare: “Ho imparato a vivere alla giornata, i sogni – prosegue Gianvito – li ho perché diversamente non sarei ambizioso e grazie a questi ho realizzato quello di giocare in Serie A ma per adesso penso al mio Matera e al fatto che in questa Serie C posso ancora starci bene. Non so ancora se vorrò rimanere in questo mondo, il calcio di oggi è strano e quando smetterò di giocare, spero tra tanti anni, farò calcio solo se potrò farlo in maniera seria”.
Esperienza e determinazione sono questi i segreti del successo di Gianvito Plasmati, il “Gigante buono” che, silenziosamente e con tanto lavoro, sogna di far diventare grande anche il suo Matera.