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De Biasi: “Vi racconto l’addio alla nazionale dell’Albania”

Periodo di pausa generale per il calcio, periodo di pausa anche per Gianni De Biasi, attualmente senza una panchina. Si diverte più in cucina che in campo attualmente, in occasione di una nuova sfida. "Non dover seguire 20-30 persone da una parte è un vantaggio, mi sembra come quando ho allenato le nazionali che vedevo i giocatori solo una volta ogni tanto" racconta a Casa Di Marzio, la nostra diretta social con i personaggi del mondo del calcio, per commentare la vita di un allenatore senza squadra in questo periodo di stop.


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Veterano delle panchine italiane tra Serie A e Serie B, ma da qualche anno anche una figura internazionale, esaltata dall'esperienza con l'Albania. "È un’esperienza intensa prendere una nazionale, bisogna lavorare tanto sulla testa dei calciatori, non è facile preparare due partite ravvicinate a mesi di distanza dall’ultima. Nel mezzo si fa scouting seguendo tutti i calciatori. Con l’Albania ho fatto il massimo, ho ricevuto tanti riconoscimenti anche dal governo, è una sensazione bellissima".

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Avventura però recentemente terminata prima dell'approdo di un altro italiano come Edy Reja. "Sono venuto via dall’Albania perché ero lì da cinque anni e mezzo, eravamo terzi in classifica e ci mancavano quattro partite ma avevamo davanti Spagna e Italia, con cui avevamo perso. Dissi al presidente che mi sarei fermato per dare al mio successore di poter lavorare con ancora delle partite prima della Nations League, a me mancavano le motivazioni, dovevo ricominciare perché mi sentivo troppo sul piedistallo".

Nazionali che potrebbero essere ancora presenti nel suo futuro. "Esperienza asiatica? Bisogna prima vedere come si evolvono le questioni di salute piccola, io cerco un progetto che mi intrighi. Sono stato vicino alla panchina dell’Iran, è cambiato tutto all’ultimo e in più si è aggiunto il coronavirus che ha chiuso definitivamente le cose".

Scelte future che però non potranno essere accompagnate dagli errori de passato, come quello della sua ultima esperienza in Spagna"Non posso permettermi errori come quando ho accettato l’Alavés. Hanno un ottimo dirigente ma una società che di calcio capisce poco, hanno la squadra di basket che va forte. Non conoscevo la realtà e non avrei dovuto accettare."


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I ricordi dall'estero si spostano in Italia, dove ha avuto la fortuna di allenare anche Roberto Baggio nel suo ultimo anno di carriera. "Dare consigli ai campioni è più complicato, a Baggio dicevo che se andava in campo la gente si aspettava che lui giocasse da Roby Baggio, ma aveva talmente voglia di giocare che faceva la differenza. Ai giovani voglio far capire quali strade devono intraprendere, voglio che a fine allenamento abbiamo sempre imparato qualcosa".

A Brescia arrivò dopo l'incredibile cavalcata con il Modena, in un periodo di carriera in cui si aspettava di poter fare il salto di qualità. "Dopo ottimi risultati tra Modena e Spal non ho trovato una squadra più grande del Brescia che mi desse un’opportunità importante. Mi sono sempre arrampicato per arrivare in cima alla montagna".

Infine i ricordi di Torino, esperienza andata bene soprattutto nella prima occasione. "Lo spareggio di Serie B col Mantova è stato incredibile, c’erano 70.000 persone a seguire quella partita, al Delle Alpi la Juventus in Champions League faceva meno spettatori. Abbiamo fatto qualcosa di straordinario, c’erano grandi squadre con cui competere. Cairo? Si fidava di me e Salvatori, la promozione ha cambiato un po’ i rapporti, la squadra non è riuscita a crescere."