Gerson, il “miracolo divino”: la storia del nuovo gioiellino della Roma
Una storia tipicamente sudamericana quella del nuovo acquisto della Roma Gerson, calciatore “per miracolo”, cresciuto con il samba nel sangue e una grande voglia di diventare un campione…
“Credo sia un miracolo divino”. Lo ripete spesso Marcão, il padre di Gerson, non spiegandosi l’origine del talento di suo figlio. È che nessuno nella famiglia immaginava che quel ragazzino potesse diventare un calciatore professionista.
Marcão, come ogni brasiliano, è sempre stato un appassionato di calcio, ma a differenza di tanti non ha mai giocato a pallone. Era incredulo quando vedeva Gerson avanzare nelle categorie giovanili del Fluminense nel centro tecnico di Xerém trovandosi sempre un passo avanti rispetto alla sua età.
Gerson è nato a Belford Roxo e cresciuto a Nova Iguaçu, nella Baixada Fluminense, la regione pianeggiante e cieca dello Stato di Rio de Janeiro: una regione che non vede l’Oceano.
Curiosi gli incroci di questi due luoghi, i luoghi dell’infanzia di Gerson: Belford Roxo, la patria di una delle migliori scuole di samba del Carnevale di Rio, gli Inocentes; Nova Iguaçu una città-dormitorio per gli operai che a Rio lavorano, ma senza potersi sobbarcare i costi di un affitto, ma anche centro di produzione delle laranjas, le arance. Chissà quanti giovani le avranno usate al posto del pallone…
Marcão, quando capì che suo figlio sarebbe potuto davvero diventare un calciatore, riunì tutta la famiglia e decise che gli sforzi per sopravvivere si sarebbero trasformati: le energie per raccogliere qualcosa per tirare avanti furono invece rivolte alla crescita umana e sportiva del ragazzo. Fondò il suo personalissimo progetto: il “progetto Gerson”.
Lasciò il lavoro, incominciò a vendere ferraglia per potersi permettere di pagare il viaggio di 50 chilometri di Gerson da bairro Posse, il quartiere di Nova Iguaçu, città delle laranjas, in cui viveva con la famiglia, a Laranjeiras, la sede del Fluminense. Seguì il piccolo Gerson proteggendolo dal pericolo più grande: quello che facesse la fine di tanti talenti da strada che, privi di un’opportunità vera, aveva visto diventare spacciatori o consumatori di droga. Educò il figlio alla responsabilità: e Gerson, seguendolo, è diventato quel leader timido che per la sua professionalità è da sempre considerato un esempio dai compagni, anche più grandi di lui, un bambino che ragiona da trentenne ma che rifugge da qualsiasi contatto con la stampa e il glamour. Pensate cosa deve aver provato a sollevare quella polemica sul numero 10 della Roma uno che tutto desidera, meno che trovarsi al centro dell’attenzione per questioni esterne al campo!
Eppure quella polemica era necessaria. Sabatini per fargli scegliere la Roma ha allettato il ragazzino con un regalo innocente, come la scuola di samba di Belford Roxo. E solo così ha fatto decidere a lui e alla famiglia che il cammino migliore per proseguire il “progetto Gerson” non fosse al Fluminense, dove sognava di trionfare prima del salto in Europa, ma proprio alla Roma. Convincendolo che avrebbe imparato tutti i segreti del futebol bailado a Trigoria e non a Belford Roxo. Con il pallone tra i piedi, e non con le laranjas…
Rosario Triolo
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