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Genoa, Izzo: “Qui grazie a sudore e sacrifici: per mesi la mia cena è stata latte e pane duro”

Armando Izzo, storia da brividi: inferno, paradiso, nuovamente inferno. Infanzia difficile, il riscatto grazie al calcio, il Genoa, la Nazionale e adesso accuse pesanti. Il difensore napoletano si difende e si racconta attraverso una lunga intervistata concessa a La Gazzetta dello Sport:

“Sapete come mi chiamano nelle intercettazioni questi signori? L’ignorante. Dicono: ‘Oh, l’ignorante non deve sapere nulla perché Avellino-­Reggina la fanno i senatori’. Questo perché nel 2014 ero un novellino in uno spogliatoio con gente come Castaldo, Biancolino, Millesi. Ma non è questo il punto: hanno ragione, sono ignorante. Non mi vergogno. Sono cresciuto a Scampia: papà lavorava anche 18 ore al giorno per garantirci una vita quasi normale. Poi una leucemia fulminante lo ha stroncato in due mesi. Aveva 29 anni, mia mamma 27 e io quasi 10. Sul letto di morte teneva stretto i miei 3 fratelli, tutti più piccoli. Stavo sulla porta, cercavo di non piangere. Da lontano mi ha fatto un cenno con la mano: diventavo il capofamiglia, altro che studiare. E infatti sbaglio i congiuntivi. Comunque, senza lo stipendio di papà siamo precipitati in miseria. Per mesi la mia cena è stata latte e pane duro. Saremmo finiti in braccio alla camorra, sempre in cerca di manovalanza, senza due miracoli”.

L’inizio del sogno: “Mia madre prese a fare le pulizie nelle case: le davano 6 euro l’ora. E non si fermava mai. Io col pallone ci sapevo fare: a 14 anni dalla squadra di Scampia passai al Napoli. Mamma diceva: ‘Ho sognato papà, aveva ali grandi. Dice di stare tranquilli: diventi calciatore’. Non è stato semplice. In estate facevo i tornei dei quartieri, girano parecchi euro. Partecipano calciatori veri, persino i campioni. Tutti fanno finta di non sapere che di mezzo c’è certa gente. La promessa fatta a papà mi dava forza: ho la sua faccia tatuata su un fianco. A 16 anni il Napoli mi passava 500 euro al mese. A questo si aggiungeva l’aiuto del mio procuratore, Paolo Palermo. Poi divento capitano della Primavera: Mazzarri mi porta in ritiro e quando vede che corro con le scarpe tre numeri più grandi, dà dei soldi al massaggiatore e gli dice di accompagnarmi in paese per prendermi quelle che preferivo. Il resto è frutto di sudore e ancora sudore. Triestina, Avellino, Genoa e Nazionale“.

Izzo seguirà personalmente il processo nel quale è coinvolto: “Sì, c’è in ballo la mia vita e quella della mia famiglia. Ho due bimbe piccole. Il c.t. Ventura mi ha preso da parte durante l’ultimo stage: “Armando se non stai sereno poi si vede in campo. Per noi sei importante: siamo convinti che ne uscirai pulito”. Sono state belle quelle parole, ma starò sereno quando i giudici diranno che non ho fatto nulla. Così tornerò a essere un ignorante onesto. Certo, mio padre lo sa già”.