Gabbiadini e il suo anno da incubo: “Italia-Svezia mi ha rovinato”
L’attaccante racconta il suo anno da incubo alla Gazzetta dello Sport: “Dopo Italia-Svezia non ho più giocato”. E oggi incontra Sarri: “Rancore? Nessuno. Gli stringerò la mano”
Idolo dei tifosi, uomo dei gol importanti, ma pochissimi minuti giocati. Solo 217′ fin qui, appena 748′ in undici mesi. Questo il triste destino di Manolo Gabbiadini, attaccante del Southampton, che dal novembre scorso ha visto cambiare la propria carriera. Italia-Svezia lo spartiacque, una partita che nasconde altro oltre alla storica mancata qualificazione dell’Italia al Mondiale russo: “È stato un anno tosto, il più sofferto per il risultato di San Siro e l’impiego ridotto al Southampton – ha raccontato in esclusiva alla Gazzetta dello Sport – ho vissuto momenti davvero difficili”.
Partiamo dall’inizio, dunque. Da quel maledetto spareggio Mondiale di cui tutti purtroppo sanno il risultato: “Fui sorpreso quando Ventura mi disse che sarei stato titolare. Nello spogliatoio vedevo la tensione sui volti dei compagni. Io ero motivato, San Siro pieno fu un’emozione incredibile. Ho letto e sentito tante cose. Dico solo che avremmo potuto vincere con la difesa a tre o a quattro, con Insigne o senza. C’era un’atmosfera negativa già dopo l’andata, quando perdemmo e prendemmo anche tante botte. Mi dà fastidio che si voglia addossare la colpa a qualcuno: abbiamo perso tutti. A fine gara nello spogliatoio c’era chi piangeva, chi non si muoveva, chi ha fatto la doccia ed è scappato via. Ognuno reagisce a modo proprio, ci dà fastidio la consapevolezza che quella partita resterà nella storia e l’unica cosa che possiamo fare è cercare di riportare la Nazionale in alto. Ricordo la festa con gli amici nel 2006. La prossima volta mi piacerebbe festeggiare in campo. E se non sarò nel gruppo, farò il tifo davanti alla tv perché la maglia azzurra è il massimo. Non conosco Mancini, il progetto è bello, però tutto dipende da come giocherò nel Southampton. Se giocherò”
Già, perchè dopo quel giorno lì in Inghilterra le cose sono precipitate: “Non so perché non gioco. La mia situazione è cambiata quando Puel fu esonerato e al suo posto arrivò Pellegrino. Tornai dalla partita con la Svezia e mi mise in panchina perché – parole sue – mi vedeva triste. Una scusa, ovviamente. Ma poi con Hughes la situazione non è cambiata. Non sono mai andato a chiedere spiegazioni, tanto avrei avuto risposte scontate. Continuo ad allenarmi e quando serve io ci sono. Come a Swansea: entrai nel finale e segnai il gol della salvezza. I tifosi mi vogliono bene, allo stadio cantano sempre un bellissimo coro dedicato a me. E se avessi saputo la situazione, forse avrei valutato meglio le tante offerte che avevo in estate”.
E oggi il suo Southampton sfiderà Sarri. L’allenatore ai tempi di Napoli, quello che in realtà non è che lo facesse giocare poi tanto, anzi. Ma Gabbiadini di rancore proprio non ne ha: “Gli stringerò la mano, certo. Non ho nulla contro di lui. Non mi piaceva solo la scarsa considerazione che aveva delle riserve, ma sul campo è davvero eccezionale. Non ho rancori verso nessuno, scelsi io di lasciare Napoli vista la situazione. Con il presidente ho sempre avuto un ottimo rapporto. Non fui nemmeno fortunato perché dopo l’infortunio di Milik giocai contro la Roma, perdemmo e quasi inevitabilmente le colpe ricaddero su di me. Mertens segnò nelle partite seguenti e così per me non ci fu spazio. Ma prima di partire feci alcuni gol. Fu brutto lasciare Napoli così, sarei rimasto volentieri”.
L’intervista integrale sulla Gazzetta dello Sport questa mattina in edicola