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Frosinone, un incredibile Stirpazo. Un contropiede toglie la serie A a un minuto dalla fine

Il silenzio di una festa rovinata fa più rumore di un boato. È l’effetto di un gol in contropiede a due minuti dal Paradiso. È l’impensabile conseguenza di un pareggio che sa di catastrofe. Frosinone-Foggia finisce 2-2. Il cucchiaio di Floriano scava un solco nell’anima di un popolo intero. Il Parma va in serie A, i ciociari no. Dovevano aprire l’ultima porta per il Paradiso, cadono nella botola dei playoff.

Resta solo un silenzio assordante. L’immagine stridente di uno stadio addobbato a festa e ridotto a funerale. Lo Stirpe del 18 maggio, alle 22:35, sembra Hiroshima del 7 agosto. Nessun morto, per carità. È solo un dramma sportivo, ma il senso di vuoto è quello tipico dell’apocalisse. Somiglia tanto al mutismo di San Siro dopo Italia-Svezia, ma alla gente del posto fa venire in mente soprattutto il 29 maggio di un anno fa. Frosinone-Carpi 0-1, semifinale playoff persa in 11 contro 9, al Matusa. Due chilometri da qui. Allora bastava un pareggio, oggi serve solo a entrare nuovamente nella storia dalla parte sbagliata.

Sembrava impossibile un revival e invece il calcio ha saputo essere più crudele. Il silenzio dello Stirpe non si può ascoltare, né misurare in decibel. Eppure puoi toccarlo. E vederlo. È la curva Nord che riguarda lo stesso film al triplice fischio. Nessuna contestazione, neanche la forza di piangere. Avevano aperto la serata con una A gigantesca all’ingresso in campo delle squadre e immensamente beffarda due ore dopo.

In 16mila hanno vissuto questa notte sulle montagne russe. Sono entrati con un sorriso che si è spento alla mezz’ora per il gol di Mazzeo. Dura legge dell’ex, quella che a Spezia Alberto Gilardino non ha fatto valere calciando un rigore sopra la traversa. Due anni fa, con la maglia del Palermo, condannò il Frosinone alla retrocessione, quest’anno non tende la mano per una risalita.

Poco male, perché quando quella porta sembrava non spalancarsi, i volti della gente dello Stirpe hanno ripreso colore. Conseguenze di due corner: una zuccata di Paganini e un clamoroso autogol di Rubin. In cinque minuti, fra il 68’ e il 73’ la delusione diventa felicità.

Preludio di una festa. A bordo campo c’è movimento per apparecchiare la cerimonia. In tanti prendono in mano il cellulare per immortalare la gioia. Lo schermo restituirà un’immagine che conoscono già. Dionisi crolla a terra, piano piano lo seguono tutti. Rappresentazione plastica dello Stirpazo, col Foggia vestito da Uruguay e Floriano al posto di Ghiggia. Il Maracanazo della Ciociaria, il secondo in un anno.

La porta invocata da Longo resta chiusa. Anche perché al 92’ Noppert vola a togliere dall’incrocio la preghiera di Ciano.

Come l’anno scorso, il Frosinone perde la serie A all’ultima giornata. A pari punti con la seconda, con lo scontro diretto a svantaggio. Dodici mesi fa fu il Verona, oggi è il Parma. Anche allora era il 18 maggio. Sull’almanacco, è San Felice da Cantalice, il paese di capitan Dionisi. Ha perso il Paradiso contro i “satanelli” del Foggia. Resta il silenzio di una città e il Purgatorio dei playoff. Basterebbero 4 pareggi come questo per andare in A. Pensieri difficili per un popolo preso in contropiede.