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Bentancur, il ragazzino diventato grande. Allegri lo aveva previsto

Con quello alla Fiorentina sono due gol in campionato e dodici partite dal 1′. L’anno scorso si era fermato a otto. La dedica? Sempre a mamma Mary, che lo ha lasciato a soli quattro anni, costringendolo a crescere in fretta. Poi l’accoglienza di Buffon e il saluto inaspettato di Ronaldo in Russia. Bentancur, la previsione di Allegri si è avverata

“Non bisogna mai darsi per vinti“. E’ sempre stata un po’ la sua frase, quella che si ripeteva per farsi forza nelle difficoltà. Anche quando, in una partita contro il San Lorenzo, stava per far perdere il campionato al Boca con un retro-passaggio sbagliato: “Sarà la sorpresa della stagione” aveva detto Allegri solo un anno fa. Ci ha preso, anche se con un po’ di ritardo. Sì, perché Rodrigo Bentancur con quella di Firenze è arrivata alla presenza numero 15, la dodicesima da titolare. L’anno scorso si era fermato a otto. Insomma, a dicembre si è già superato”

Accade che Emre Can e Khedira hanno qualche problema fisico di troppo. Pjanic: “E’ un po’ bollito” scherza Allegri. Ed ecco allora che le chiavi del centrocampo vengono consegnate a questo ragazzo classe 1997, che rispetto ai suoi compagni di reparto – Matuidi e Cuadrado – ha dieci anni in meno. Certe partite, poi, non le soffre. Neanche in un Franchi affollato da oltre 40mila persone, traguardo che da quelle parti non si vedeva da quattro anni. L’ultima volta risale al maggio del 2014, infatti. Dall’altra parte il Torino e un quarto posto da festeggiare. In attacco Giuseppe Rossi, che sa come si batte la Juventus. Non come Pioli, arrivato alla quattordicesima sconfitta su 17 incontri giocati con la Juventus e con Allegri. La Fiorentina, prima di stasera, non aveva mai perso in casa e, davanti ai suoi tifosi, aveva la migliore difesa del campionato. Ma questa Juventus è fatta così, porta via record e avversari.

La stessa cosa l’ha fatta Ronaldo tagliando il campo alla mezz’ora del primo tempo. Pezzella ci casca e lo segue, Bentancur approfitta del buco lasciato dalla difesa viola, chiude l’uno-due con Dybala e batte di sinistro Lafont. E’ il secondo gol stagionale per lui, dopo quello all’Udinese. La dedica, forse, è sempre la stessa. A mamma Mary, per la quale ha già scelto il numero 30 – è nata quel giorno – e si è fatto un tatuaggio sul braccio. Un angelo, che lo ha lasciato a soli quattro anni. Troppo presto per un bambino che è dovuto crescere velocemente. Di qui la personalità che lo contraddistingue da sempre. Fin da quando, non ancora maggiorenne, mise per la prima volta piede alla Bombonera nella notte del ritorno di Tevez. Un tunnel a Scifo del Quilmes che fa sobbalzare tutto lo stadio: “Ma chi è, Riquelme?” si chiede la gente.

A nove anni gli capita un volantino sotto gli occhi. E’ il Penarol, che è in crisi e che sta cercando giocatori per il settore giovanile. Lui non ci pensa due volte e parte con papà e fratello. Viene preso, ci rimarrà tre anni. Poi il Boca, infine la Juve. Qui gli allenamenti che lo portano a mettere su cinque chili di muscoli, ad esordire per la prima volta da titolare proprio contro la Fiorentina nel novembre scorso. Di tempo, da allora, ne è passato. Sembra che alle spalle abbia più di cento partite in bianconero, altroché 43.

Avrà applaudito anche Buffon da Parigi, lui che lo accolse nel primo giorno al centro sportivo con un normalissimo: “Ciao Rodrigo”. Stesse parole, anche se forse in lingua diversa, che si è sentito dire qualche mese dopo da Ronaldo. Uruguay-Portogallo, a Sochi CR7 viene eliminato dai ragazzi di Tabarez. Tanta delusione, ma negli spogliatoi ecco il saluto. Chi lo avrebbe mai detto che si sarebbero ritrovati compagni di squadra. Ma in fin dei conti Rodrigo è fatto così, sembra andare più veloce del tempo. Intanto regge il passo di una Juventus inarrestabile. L’unico a farlo, impresa non facile di questi tempi. Chissà che, un giorno, non sia lui a sorprendere un ragazzino con un semplice ciao.