Fiorentina, Chiesa: “Un trofeo a Firenze vale come dieci da altre parti. Questa maglia ce l’ho nel cuore, voglio vincere qui”
L’esordio allo Juventus Stadium, poi il posto da titolare, fino al sogno degli Europei Under 21. Anno da favola per Federico Chiesa, che culla ancora un grande desiderio: “ Spero di vincere con la Fiorentina più trofei possibili. Ho fatto 10 anni di settore giovanile con la maglia viola, adesso sono arrivato in prima squadra e questa squadra ce l’ho nel cuore. Spero di vincere qui”. Batistuta, molti anni fa, disse che un successo a Firenze vale cinque volte rispetto a qualsiasi altro club: “Vincere a Firenze è molto più difficile rispetto ad altre squadre di caratura internazionale: anche a me piacerebbe riuscirci e se ci riuscirò il trofeo varrà dieci volte di più perché ho questa città nel cuore – queste le sue parole alla Gazzetta dello Sport”.
A Firenze, però non si vince tanto: “Proveremo a cambiare questa tendenza. Dalla prossima stagione ci sarà l’accesso alla Champions League con il quarto posto e dovremo farci un pensiero importante. L’obiettivo è quello di puntare sempre più su”. La speranza è di diventare un punto di riferimento per i giovani del domani: “Sì, è bello che un club decida di costruirsi i campioni in casa invece che andarli a comprare all’estero. Io, per quello che posso fare, sono pronto a dare il mio contributo”.
Sulle similitudini con il papà: “La mia ”sterzata”, in campo, ricorda molto quella di suo padre. Credo sia una questione di genetica, mi è venuta fin da subito naturale. Così come quando mi ingobbisco in campo (ride, ndr). Cosa gli ruberei? Il tiro e la velocità di esecuzione, in movimento, ma soprattutto da fermo”. Su papà Enrico: “E’ un grande padre e un grande calciatore. Ho sempre desiderato provare a diventare come lui, è un esempio da seguire, anche nella vita. Io invece sono un aspirante calciatore, determinato. Uno che non mollerà mai e che continuerà a rincorrere i suoi sogni”.
Bandiere come Antognoni e Totti sono esempi da seguire: “Le bandiere nel mondo del pallone ci sono state, ci sono e ci saranno. Penso ad Antognoni, ma anche a Del Piero o Totti. Nel calcio moderno è sempre più difficile, ma sono questi giocatori che dimostrano che il calcio non è un lavoro ma una gran bella passione”. Tante partite brutte quest’anno: “Se potessi cancellarne qualcuna direi, il ritorno dei sedicesimi di finale di Europa League contro il Borussia Monchengladbach e quella contro la Lazio del girone d’andata (3-1 per i biancocelesti, ndr). Quella più bella? “Sarò banale, ma dico la vittoria contro la Juventus qui al Franchi”. Tocco si o tocco no sul cross di Badelj? “Mi sarebbe piaciuto, diciamo però che ho contribuito un pochino al bene della squadra. Poi vorrei ricordare anche un’altra gara, quella col Napoli, prima della sosta invernale, perché abbiamo avuto la forza di cancellare il vantaggio degli azzurri ribaltando la prospettiva. Peccato solo per quel rigore quasi allo scadere. Quella è stata una sfida simbolo carattere e voglia dimostrata. Il giocatore del Napoli che più mi ha stupito? Dovendone indicare uno dico Mertens, ma il tandem Callejon-Insigne ha dimostrato di saper essere diabolico”.
La rivelazione della Serie A è l’Atalanta: “Se mi si nomina l’Atalanta penso al Manchester United: conta il gioco del gruppo non quello dei singoli. Hanno fatto talmente bene che si sono qualificati in Europa”.
L’idolo di sempre: “Senza dubbio Kakà”. L’avversario più difficile da superare: “Il terzino sinistro del Monchengladbach, Wendt. E’ stato difficile attaccarlo e mi ha creato un sacco di problemi quando invece ero io a dover difendere. In Italia tra i più pericolosi c’è Alex Sandro”. Le qualità ci sono ma Chiesa non si sente arrivato: “Devo ancora lavorare tanto. Per essere al top c’è da migliorare nella tenuta in campo e anche nella resistenza. Carattere? A volte mi arrabbio tanto in campo. E’ vero, ma è tutto figlio della voglia matta di vincere sempre”.
Sul prossimo allenatore della Fiorentina: “Pioli a Mazzarri? Sì, sono tutti allenatori di caratura internazionale. Sousa? Di lui mi resta l’idea che ho sempre avuto, di una bravissima persona con idee calcistiche importanti. Per me è un po’ un padre putativo perché ha sempre creduto in me fin dal ritiro di Moena. E mi ha sostenuto pure durante la stagione, con la continuità di gioco”. Ruolo: “Posso giocare in un centrocampo a 5 sulla fascia, come esterno in un attacco a 3, a destra e a sinistra”. Infine l’ultimo sogno sarebbe l’Europeo Under 21: “Sì, e già che ci siamo pure vincerlo, perché sono convinto che ce la possiamo fare”.